Arkhangelsk: un viaggio alla scoperta del calore dei -30°C

La tendina del finestrino del treno si chiude, siamo in pochi in coda ad aspettare di salire sul vagone. La responsabile del controllo passaporti apre la porta, posiziona la pedana e dopo una prima velocissima incomprensione dovuta alla traduzione del mio passaporto, salgo sulla carrozza 16 di terza classe (plazcart) e mi preparo il mio letto numero 29 che mi accoglierà per le prossime venti ore fino a Mosca.

Così si conclude il mio viaggio ad Arkhangelsk, città sulla foce del fiume Dvina sul Mar Bianco, nel nord della Russia. Una settimana di sole e freddo intenso. Le temperature sono oscillate tra i -25°C e -40°C, diciamo che non si moriva dalla voglia di passare ore all’aperto nonostante il bel sole e il cielo azzurro intenso. Nonostante questo nulla mi ha impedito di fare lunghe camminate tra le strade ghiacciate della città. Ho passato ore ad osservare e sentire il ghiaccio che si muoveva sotto i miei piedi durante le traversate a piedi del fiume. La superficie è completamente ghiacciata e nei periodi invernali veicoli di vario tipo vengono usati per l’attraversamento: auto, motoslitte, moto a tre ruote tipo quelle che si vedono in estate sulla riviera romagnola e naturalmente a piedi. Percorsi controllati e illuminati sono tracciati tra la città e le isole della foce. Ora sono sul treno e il primo pensiero che mi viene in mente è: come la racconto questa città?

Le città russe sono quasi tutte uguali; tralasciando le classiche mete turistiche, difficilmente l’architettura cambia. I palazzi in stile sovietico che si sono costruiti nell’ultimo secolo sono uguali un po’ ovunque. C’è la piazza con il municipio, la statua di Lenin con vagamente la stessa posa ed espressione che avete visto migliaia di volte, grandi viali costeggiati da monumentali palazzi pubblici e poi i quartieri residenziali con case in mattoni o cemento di cinque piani o più. Oggi si costruiscono moderni complessi residenziali con palazzi di trenta piani che, anche se colorati, non hanno una propria anima. Arkhangelsk ha mantenuto però moltissime costruzioni di epoca pre sovietica: sarà il gelo o le ristrutturazioni fatte, ma la città è cosparsa di case in legno di due o tre piani che danno un senso di storico al centro cittadino. La via pedonale principale è costeggiata da case tradizionali che la rendono un piacevole museo di architettura del nord. Detto questo non mi piace fare un elenco di cose viste e fatte, una lista fredda e impersonale. Da molto tempo analizzo il rapporto che c’è tra le persone e i luoghi, quando visito un posto nuovo il mio scopo principale è l’incontro con i suoi abitanti. Ecco perchè, proprio mentre il treno lascia la stazione ferroviaria per immergersi nella tundra russa, ho deciso di parlarvi degli incontri fatti e di come mi sono sentito riscaldato dal calore umano che ho trovato in città nonostante le temperature artiche.

Essere italiano in Russia quando si viaggia fuori dalle mete turistiche ha spesso il suo vantaggio; le persone amano l’Italia e gli italiani, almeno quello che conoscono. In tutte le conversazioni una delle prime domande è: da dove vieni? E’ normale, il mio russo è scarso, sentono un accento diverso e spesso non sono abituati a incontrare stranieri. Alla mia risposta che sono italiano le espressioni del viso cambiano drasticamente: un misto di curiosità e felicità appare sul volto e normalmente scatta il senso di accoglienza tipico dell’essere umano indipendentemente dalle latitudini, la persona davanti a me si rilassa e si apre. 

Il primo incontro è avvenuto al museo etnografico della regione Pomorie, la regione di Arkhangelsk. Già alla consegna della mia giacca al guardaroba – è consuetudine spogliarsi quando si entra in qualsiasi luogo chiuso che siano centri commerciali, musei, scuole o case private. Spesso le temperature interne sono abbondantemente oltre i 20°C – è arrivata la fatidica domanda. Ci siamo, per tutta la visita del museo si sono alternate le volontarie e le dipendenti per illustrarmi con gentilezza ma fermezza la collezione e le vicende storiche della regione. Quando capiscono che riesco a comunicare in russo la cosa si fa molto più semplice e mi trattano come un figlio, non importa l’età della mia interlocutrice. Inizio dalla mostra antologica di Abramov, un’importante scrittore di romanzi originario della zona. La spiegazione è molto dettagliata e interessante, le volontarie una ad una si alternano per spiegarmi il contenuto delle varie stanze, sono molto orgogliose di mostrare le propria cultura, soprattutto ad uno straniero. Io sono interessatissimo e lusingato dell’attenzione ricevuta. Dopo due ore saluto e sono felice, contento, rilassato. Questo calore ricevuto dalle lavoratrici del museo ha già fatto cambiare la mia percezione della Russia. Purtroppo in megalopoli come Mosca, come in altre città simili nel mondo, l’umanità si è quasi persa, le città soffocano le persone. Tutti sono immersi nei propri problemi e nella propria sopravvivenza. Le grandi città sono inumane e questo si ripercuote sulla vita quotidiana.

Arkhangelsk ha circa 350.000 abitanti, una media città italiana, non dico che si conoscono tutti, ma spesso dopo il lavoro le persone si incontrano per una birra, un caffè, un tè prima di tornare a casa. I tempi di trasporto non sono ore come a Mosca e in venti minuti si può uscire per incontrare un amico. 

Sono circa le cinque e, nel parcheggio di fronte alla banca, aspetto Katya: mi ha promesso un ristorante fuori città con la cucina tipica del nord, una proposta impossibile da rifiutare. Arriviamo al ristorante dopo circa mezz’ora di auto e una breve sosta allo stadio dello sci: un circuito di svariati km nella foresta illuminato anche di notte e gratuito dove le persone possono praticare lo sci di fondo. Katya è una giovane donna con gli occhi intensi e determinati. Cerca di educare le sue due figlie quasi adolescenti a una visione del mondo aperta. Viaggia in modo simile a me, evita gli stereotipi e spera in un mondo più aperto e libero per tutti. Si scontra quotidianamente con la società patriarcale tradizionale, ma ha le idee chiare! Nonostante le difficoltà dovute alla pandemia trova il modo di costruire qualcosa per lei e le sue bimbe. La conversazione è piacevole ed intensa come può essere solo tra due persone che si sono appena incontrate, anche questa è la magia del viaggio. Parliamo di tutto, vite private, sogni e aspirazioni. Il cameriere prende le ordinazioni e per me arriva la zuppa dei tre pesci ukhà con un piccolo pane con formaggio all’interno. La seconda pietanza sono i pelmeny, tipici ravioli russi in questo caso ripieni con carne d’orso. Forse può scandalizzare qualcuno, ma questa è la cucina tradizionale del nord. La serata con Katya si conclude con la promessa di rivederci un giorno, chi lo sa, lo spero proprio. 

Il punto di incontro con Georgy è fuori dal mio ostello. Mi ha portato al Temple pub in centro dove producono loro la birra. É un ragazzo che a causa della pandemia non riesce più a fare il lavoro che vorrebbe. Si adatta con piccole attività in città, ma il suo sogno è di tornare sulle navi da crociera nei Caraibi. L’ha già fatto negli anni, è un lavoro intenso e stressante, ma quando ne parla ne è contento, l’incontro con tante persone differenti, la vita a bordo del personale gli manca. Mi racconta che solo i lavoratori erano circa tremila sulla nave per circa seimila passeggeri. Praticamente un medio paese italiano che naviga tra le isole dei Caraibi. Georgy è un super fan del calcio e la sua grande passione è la Roma, sa tutto: le canzoni da stadio, le parole, le rivalità, i grandi giocatori e la cultura di strada del tifoso. Ha visitato piccoli paesi italiani sul lago d’Iseo e la sua città preferita è Novara, dopo la Roma naturalmente. Il suo italiano è divertente, attraverso gli inni e le canzoni ha imparato un po’ la lingua e il suo accento russo/romano lo rende molto interessante. Purtroppo io non sono molto ferrato sull’argomento calcio e non riesco a seguirlo nei suoi discorsi. Mi piace comunque ascoltare il suo punto di vista e come vede lui la mia cultura. Anche questo è scambio e crescita. Mi godo la birra artigianale che è decisamente buona accompagnata da gli immancabile grenky, o come lo chiamo io: il pane dell’amicizia. Bocconcini di pane all’aglio salati e fritti che sono perfetti con la birra. Il pane dell’amicizia perchè se in un gruppo di persone qualcuno non lo mangia… povero lui!

Le giornate passano a camminare e fotografare la città, voglio esplorare le strade, i cortili, i negozi e vedere come scorre la vita ordinaria. Diciamo che a -30°C la vita all’aperto non è proprio vivace. Vado, come di consuetudine nei miei viaggi, al mercato centrale. Esternamente non lavora quasi nessuno, troppo freddo, solo qualche intrepido venditore di abbigliamento propone la sua merce. Internamente si sta meglio e si trovano i prodotti tipici russi. Pomodori, cetrioli, mele, arance, mandarini, insalata, il tutto accompagnato da banconi di latticini dove regna la smetana (crema acida) e il tvorog (una formaggio dalla consistenza simile alla ricotta fresca). Il pesce è praticamente tutto surgelato, non potrebbe essere diversamente, le navi non possono salpare. Salmone, trota, platessa e carpe sono i pesci più comuni e poi il caviale rosso, quello nero è troppo caro, non è acquistabile dalle persone comuni. Qualche bancone di carne e il mercato è tutto qui, c’è tutto l’indispensabile.

Decido di visitare il museo Malye Karelye, a circa 30km dalla città. Un minibus (marshutka) ogni trenta minuti porta direttamente all’entrata del parco. Si tratta di un museo all’aria aperta. Qui sono state ricostruite, a volte spostate, le abitazioni tipiche della regione di Arkhangelsk (Pomorie). Si trovano le chiese, le cappelle e soprattutto le case collettive contadine. Abitazioni in legno di due o tre piani dove si svolgeva la vita di più famiglie nella sua totalità. Il seminterrato veniva utilizzato come dispensa, in estate manteneva la temperatura fresca e in inverno era isolato dal gelo esterno. Il piano terra normalmente era adibito a stalla/pollaio. Qui stavano gli animali necessari al lavoro e alla sopravvivenza. Il primo piano era occupato dall’abitazione e dalle stanze dedicate al lavoro. Piccole officine dove si costruivano le barche, si cucivano i vestiti o realizzavano gli attrezzi. Durante l’inverno si realizzava tutto il necessario alla stagione calda. Le stanze erano scaldate da stufe che non si spegnevano mai. In ogni abitazione del parco una guida aspetta pazientemente i visitatori e illustra gli oggetti dell’esposizione e la storia locale. Ogni casa ha un’esposizione differente, fuori siamo a circa -30°C e all’interno delle case la temperatura è di circa -20°C, oggi non esiste riscaldamento. Le signore sono gentilissime, accolgono i turisti vivendo quotidianamente queste temperature. Sono vestite molto, molto pesante. Ai piedi hanno i tipici stivali di feltro (valenky) nei quali posso solo immaginare gli strati di calze. Il cappotto è anche in feltro o comunque lana, materiale che mantiene la temperatura corporea e permette, in qualche modo, di sentirsi caldi, sotto ci sono molti, molti strati. La domanda fatidica arriva e mi viene regalato un cioccolatino chiamato Mishka na Severe (orso del nord). Nonostante le condizioni difficili molte persone fanno del loro meglio per farmi sentire a mio agio e accolto. Anche un piccolo gesto come un cioccolatino vuol dire tanto, scalda il cuore e l’anima. I sorrisi di queste signore che lavorano a -20°C sono la parte più gratificante del parco.

Il pub Chester è il punto di incontro con Anya. Da fuori è invisibile, ci arrivo perchè mi ha inviato l’indirizzo. Alle 18:30 arriviamo praticamente insieme e ci sediamo. Noto con stupore che all’interno del pub c’è una vasca con cozze e ostriche fresche, ma non ne assaggerò questa volta. Iniziamo con l’ordinare la birra e le patate al forno, ci terranno compagnia per le prossime due ore. Anya è una giovane giornalista del magazine locale e spera un giorno di smettere di scrivere di cronaca, le parlo de L’Ordinario e vorrebbe anche lei un giorno poter scrivere di avvenimenti positivi e storie di speranza. Come secondo lavoro si occupa di bellezza ed è perfettamente coerente con quello di cui si vorrebbe occupare: La bellezza nel mondo. Anya ama rendere le sue clienti belle e attraenti, perchè sa perfettamente che quando una donna si sente bella è anche più felice e, sopratutto, più forte e sicura di sé. Anya è dolce, sognatrice, delicata, è sposata e sogna un giorno di avere una propria famiglia. Le piace molto viaggiare e vorrebbe conoscere di più sulla Russia, le piacerebbe conoscere le varie regioni e repubbliche che fanno parte della federazione e sogna un giorno di andare sul lago Baykal. Come spesso accade le conversazioni tra sconosciuti sono intense, ci si sente forse più liberi e meno giudicati a parlare con qualcuno fuori dalla propria cerchia di conoscenze.

Camminando per la città sono spesso alla ricerca di un caffè, uno di quelli buoni che non si limiti soltanto al classico americano o beverone. Camminando per l’area pedonale in questi giorni ho sempre visto un piccolo chiosco, con l’insegna caffè, ma non ci ho mai fatto troppo caso, non ha tavoli interni e aveva l’aspetto di un container, ma poi sbircio dentro e vedo che è carino e curato. Entro, Alexandra mi accoglie in modo cordiale e caloroso. Forse semplicemente normale, ma quando il freddo è intenso un semplice benvenuto vuol dire tanto. Ordino un espresso e un cioccolatino, serve energia. Lei rimane incuriosita dal mio accento e mi pone la fatidica domanda. Prima di tutto si stupisce che io conosca il russo e poi è decisamente imbarazzata ed emozionata a dover preparare un caffè per un italiano. Non mi aspetto nulla di particolare, il mio obiettivo era solo scaldarmi un po’ e bere un caffè veloce. Mi spiega che la miscela è 100% arabica proveniente da Brasile: ok lo provo. Beh, fantastico, semplicemente eccezionale. Intenso, rotondo, soffice come solo un espresso fatto a dovere può essere. La preparazione è meticolosa, la macinatura, la pulizia della macchina, la dosatura. Il risultato si vede e riscalda l’anima pensare che il più buon caffè che abbia provato in Russia sia in un piccolo chiosco in una gelida giornata quasi al circolo polare artico. Alexandra prima è un po’ scettica, forse non crede che mi piaccia così tanto e pensa che sia solo per farle un complimento. Mi dice che gli ingredienti sono buoni, ma le mani sono quelle che sono, niente di professionale. Poi probabilmente si accorge che il mio piacere è reale e sincero e ne rimane decisamente contenta. Sono tornato una seconda volta a prendere il caffè, la conversazione è stata breve, ma c’era felicità in entrambi. 

Ci sono poi gli incontri casuali, quelli per strada quando chiedo un’informazione, alla cassa del supermercato oppure sull’autobus, tutte le persone che ho incontrato si sono rivelate aperte gentili e disponibili. La gente di Arkhangelsk ha decisamente riscaldato il mio cuore, grazie a tutti!

Nel frattempo, mentre vi scrivo, come vi ho detto all’inzio, sono in viaggio verso Mosca e devo raccontarvi ancora l’ultimo incontro. Stavo salendo sulla carrozza quando una coppia sui cinquant’anni mi si avvicina e mi chiede se può affidarmi una borsa da portare a Mosca: capita sui treni russi che le persone li usino tipo corriere. Io rimango un po’ dubbioso, ma alla fine accetto. Mi consegna un biglietto con il numero di telefono del destinatario e mi dice che verrà alla stazione di Mosca per prendere il pacco. Il treno parte e sono curioso, cosa mai ci sarà? Avrò fatto bene? E se fosse qualcosa di illegale? Apro leggermente la cerniera e… beh è una borsa di cibo casalingo per il figlio che vive a Mosca a quasi mille kilometri di distanza. Il mondo è tutto uguale, sarà un piacere consegnare questa valigia di felicità!

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