Tutta questa storia – ovvero quello che sta succedendo da un paio di mesi a oggi – ha influenzato in vario modo i nostri pensieri; i miei hanno iniziato a comportarsi come tanti granelli di sabbia posti su un piano che si inclina a volte da una parte, a volte da un’altra, scivolando prima di qui e poi di là.
Ho così pensato alle opportunità che si nascondevano in questo periodo; tante, impreviste, meravigliose. Per riflettere sulla nostra vita, per crescere dentro senza accumulare fuori, per un rapporto più sano col mondo. Che momento straordinario per evolversi. Oppure per estinguersi. Ho pensato che tutto sarebbe comunque andato a rotoli, che la direzione era già tracciata e che la fine sarebbe stata solo un po’ più vicina. Poi si è presentata una terza via: mentre i pensieri si spostavano da una parte all’altra della mia testa, ho trovato il modo per deviarli sull’ideale retta che corre in equilibrio tra questi due estremi; è un sentiero invisibile ma reale che sembra andare lontano.
Dove porti lo ignoro, l’importante in certi casi non è sapere dove si va, ma da dove si viene; è grazie al filo alle nostre spalle che si esce dai labirinti e non correndo avanti a casaccio.
Le pagine della nostra storia passata vengono tutte dagli alberi, e così sarà per quelle della storia futura. Non è una profezia, si può rinunciare alla carta ma non all’ossigeno. Questa settimana il nostro viaggio partirà da una quercia famosa che si trova in Toscana; da qui sbucheremo direttamente in Piccardia, nel Nord della Francia.
Ci sono alcuni fili invisibili che collegano questi luoghi lontani tra loro, si capisce dalle fotografie e dai rami che passano da una all’altra.
La Quercia delle Streghe
In località San Martino in Colle, nel comune di Capannori (provincia di Lucca), si trova una quercia assai bella e molto famosa, è una vera propria celebrità nazionale. Di solito sono un po’ restio alla celebrazione degli alberi singoli, è una modalità da star system tipicamente umana, si finisce subito nelle sfide tra chi ha l’albero più vecchio, più alto, più ampio; primati che contano relativamente poco.
Anche a me non interessano molto – oltretutto non sono un cercatore di alberi ma di tappeti volanti – sono sensibile ad altri elementi, ed è per questo che la fotografia che vi porto è diversa dalle altre che si vedono in giro di questo albero.
D’altronde se il mio lavoro fosse farvi vedere il mondo così come lo vedete già con i vostri occhi, sarebbe davvero inutile e noioso.
Questo albero è noto con il nome di “Quercia delle Streghe”, oppure anche con quello di “Quercia di Pinocchio”. Il primo allude allo sviluppo molto esteso in orizzontale dei rami; sarebbe stato causato dalle streghe che vi si sedevano sopra. Inutile dire che si tratti di una leggenda senza fondamento, se non si piegavano i manici di scopa figuriamoci i rami di questa quercia. Anche la teoria che l’autore di Pinocchio avesse in mente questa pianta quando descrisse l’impiccagione del suo burattino sembra tutta da dimostrare, ma se vi piace pensare che sia andata così perché mai dovrei impedirvelo.
Ecco a voi uno degli alberi più fotografati in Italia, o meglio, il Tappeto Volante che ci ha gentilmente offerto.
Si trovano dati abbastanza difformi sulle caratteristiche fisiche di questo albero, ne citerò alcune, così come la fonte che ho utilizzato; si tratta del Mipaaf, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Nel file che ho ricevuto dal ministero, l’albero viene individuato come una roverella (Quercus pubescens), accreditata di un fusto che misura 4 metri di circonferenza, per un’altezza di 18. Non viene citata né l’ampiezza della chioma – in giro si legge attorno ai 40 metri, verosimile – né l’età: qui la questione è più complessa. Alcuni dicono 6 secoli, sarebbe possibile in linea teorica, ma rispetto ad altri esemplari con età simili che ho visto in giro, questo presenta ben pochi segnali di senescenza, è più probabile che abbia un’età compresa tra i 3 e i 4 secoli. Non prendete però questi dati anagrafici come ufficiali, mi intendo sempre più di tappeti volanti che di alberi.
Tiziano Fratus, noto poeta e cercatore di alberi (come detto professione totalmente diversa dalla mia), era passato da queste parti nel 2012; in un articolo su La Stampa citava la dimensione della circonferenza del tronco misurata direttamente da lui, presa a 1.30 metri di altezza dal suolo, come si conviene: 4 metri e mezzo. Possibile, siamo lì comunque. Dell’età non parlava.
Ho dedicato due giorni allo studio di questa imponente quercia, e, durante il secondo, la mia attenzione è stata attirata da un’altra pianta degna di nota; si trova proprio lì accanto, tanto che le loro foglie a tratti si sfiorano. Si tratta di un esemplare più giovane dell’altro, ma già molto imponente.
Mi sono stupito di aver trovato anche qui un tappeto volante. La regola generale è che si trovi un numero molto ridotto di tappeti rispetto agli alberi che si visitano, qui invece ero partito per uno e ne ho trovati due; non mi stupisce scoprire che una delle caratteristiche della quercia sia proprio la generosità.
Mentre lavoravo ho avvertito inoltre una strana sensazione, come un déjà vu, ma non ho dato molto peso alla cosa: nonostante provi spesso nostalgia per luoghi che neppure conosco – credo sia la condanna per chi ancora non trova pace in alcun posto – ogni volta che sono sotto una quercia ho la sensazione di sentirmi finalmente a casa; ho pensato quindi che fosse questa la causa della vaga impressione familiare che provavo.
Questo è il tappeto volante che ho trovato quasi senza cercarlo accanto alla famosa quercia.
Tornato a casa ho passato qualche giorno a sistemare il materiale raccolto, ma quella sensazione di già visto non mi abbandonava. Ho pensato da dove potesse venire, così sono andato a dare un’occhiata in archivio.
Ho cominciato a cercare tra le numerose immagini che avevo realizzato lo scorso anno nella foresta di Tronçais – nel centro esatto della Francia – diecimila ettari ricoperti per il 95% da rovere (Quercus petraea): mai visto niente di simile in vita mia, un luogo straordinario.
Adesso che stavo cercando qualcosa di attinente alle querce ero certo che l’avrei trovata lì: invece sono saltate fuori foto di alberi e di boschi, alcune anche interessanti, ma dalla tipologia normale, niente che richiamasse i tappeti volanti.
D’altronde un anno fa non sapevo nemmeno che esistessero questi tappeti volanti.
Poi mi sono messo a cercare tra le immagini che avevo scattato in una seconda foresta, quella di Hez-Froidmont, nel dipartimento dell’Oise, circa 70 chilometri a Nord di Parigi. È più piccola e da un punto di vista forestale ricopre un ruolo minore benché entrambe siano foreste nazionali; la specie predominante è il faggio a cui si alternano poche conifere e qualche quercia. Eccole, ancora loro. Ne ricordavo una in particolare, la Quercia di Saint-Louis. Ricordavo bene l’albero ma non la foto fatta, segno che questa non mi aveva colpito granché.
L’ho ritrovata e appena vista non ho potuto fare a meno di stupirmi nel riconoscere un’immagine così simile a quella scattata recentemente: avevo un tappeto volante nell’archivio da quasi un anno senza nemmeno saperlo. Credo che possa essere considerato una sorta di prequel, come nei film con vari episodi questo è venuto fuori dopo ma si colloca prima di tutti gli altri.
Evidentemente in qualche modo i tappeti volanti mi stavano già chiamando, aspettavano solo che fossi pronto a riconoscerli.
Potrebbe sembrar strana come situazione ma non è così particolare se c’è anche un proverbio a sintetizzare in poche parole il concetto: dar tempo al tempo.
Funziona per gli alberi, funziona per i tappeti volanti e soprattutto funziona anche per noi.
Ecco le due immagini di nuovo accanto: a sinistra quella scattata la scorsa settimana (una roverella che si trova in Toscana), a destra quella scattata lo scorso anno (una rovere che si trova in Piccardia). Inutile dire che guardando bene sotto al tappeto, si troverebbe sicuramente un filo lunghissimo che collega una all’altra.