Le Storie della porta accanto (16). Una questione d’uccelli, stanze a ore e altri animali

I dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono al servizio della Repubblica. (art. 107 della Costituzione Italiana)

Qualcuno prende veramente troppo sul serio questo assunto della nostra Costituzione: certo, è una delle migliori, ma non significa necessariamente che ogni frase debba essere interpretata alla lettera, pensando che il dipendente pubblico possa essere al servizio del cittadino per ogni tipo di problema.

Sono 35 anni che lavoro in una pubblica amministrazione, ogni volta penso di aver visto di tutto, di aver ascoltato ogni genere di richiesta assurda e invece no, ogni giorno è un giorno nuovo.

Come disse la famosa Rossella O’Hara: «Dopotutto domani è un altro giorno».

Cosa mi aspetterà oggi?

Sono in ufficio dalle sette e trenta, ho riempito un bicchiere di orzo caldo (da tempo ormai non prendo più il caffè alla macchinetta, mi si alza la pressione!) e mi sto preparando a fare la rassegna stampa della mattina.

Squilla il telefono.

«Ufficio relazioni con il pubblico, sono Daniela, come posso aiutarla?»

«Buongiorno, mi hanno detto che lei è l’esperta di «uccelli».

Strabuzzo gli occhi, il tipo non può vedermi ma già questo approccio mi lascia di stucco.

«Cioè? Cosa vorrebbe dire?» il tono della mia voce non lascia presagire nulla di buono.

«Mi scusi – balbetta l’uomo dall’altro capo del filo – forse mi sono espresso male. Mi hanno detto che se ci sono uccelli che hanno bisogno di aiuto, lei sa come muoversi».

«Signor…, intanto mi dica come si chiama e poi guardi più parla e più peggiora la situazione»

«Sono Pasquale, quello che abita in quella casetta rosa dietro la stazione. Ha presente in quella zona dove vivono quelle due sorelle zitelle?»

«Pasquale, mi ascolti, non ho presente il luogo di cui mi parla ma soprattutto non ho capito cosa vuole da me».

«Ma lei non aiuta gli uccelli in difficoltà?».

«Assolutamente no, sia più chiaro».

«Mi hanno detto che lei cura gli uccelli feriti. Ho un piccione nel mio cortile e non so come soccorrerlo, qualcuno mi ha riferito che potevo rivolgermi a lei».

«Finalmente signor Pasquale, ora ci siamo capiti. Mi spiace ma non mi occupo di soccorso agli uccelli feriti, ma posso dettarle il numero della Lipu, l’associazione che saprà certamente fare al caso suo.»

«Mi scusi signorina – (eccolo nuovamente il signorina) – non riesco mai a spiegare le cose come vorrei, grazie, grazie tante».

Mentre poso la cornetta penso tra me e me a chi possa avergli dato un’informazione in modo così subdolo e fuorviante, capace di ingenerare un equivoco di porzioni epiche.

Non passa neanche un minuto che il telefono squilla nuovamente. Non faccio neppure in tempo a presentarmi.

«Pronto? Buongiorno, sono Gianfelice, è lei che affitta le stanze a ore?». Oh santo cielo! E questo ora da dove è uscito? Le stanze a ore?

«Buongiorno, cerchi di essere un po’ più chiaro, cosa intende per stanze a ore?»

«E cosa vuole che intenda? Mi serve una stanza solo per qualche ora e mi hanno detto che lei è quella che le affitta.»

Stamattina la giornata è cominciata veramente male: «Allora – rispondo – un bel respiro e cerchiamo di essere chiari. Non curo uccelli feriti e non affitto stanze a ore. Se qualcuno si diverte a dare queste informazioni, non posso farci proprio niente.»

Il signor Gianfelice resta in silenzio per qualche secondo.

«No, forse non ha capito. Non ho un problema di uccelli ho un problema di spazi»

«Ma a cosa le serve una stanza a ore?»

«Per fare il compleanno a mia figlia»

Ora finalmente comprendo.

«Vuole affittare una delle nostre sale polivalenti? Ho capito bene?»

«E io che ne so che si chiamano sale polivalenti, a me servono solo per qualche ora, almeno finchè tagliamo la torta e spengiamo le candeline, poi tutti andranno via».

Respiro, sospiro e respiro di nuovo, poi gli detto il numero di telefono della collega della biblioteca che gestisce le sale del Comune.

Come è iniziata male questa giornata, riuscirò ad arrivare all’ora di pranzo ancora lucida?

No, comprendo che non potrò farcela quando al telefono chiama il signor Casimiro: ha la caldaia che non funziona e mi chiede se posso andare a dargli un’occhiata. Non accetta scuse e giustificazioni, provo a fargli capire che non sono la persona più adatta a questo tipo di intervento ma non ne vuol sapere.

«Siete o non siete l’Ufficio relazioni con il pubblico? Siete al servizio del cittadino? E quindi quando un cittadino ha bisogno voi dovete intervenire!»

E mentre ancora cerco in tutti i modi di convincerlo a chiamare un idraulico o un esperto di caldaie, bussano alla porta e compare Vincenza, un’anziana signora che vive nel centro storico. Non si preoccupa del fatto che io sia al telefono ed esordisce: « Buongiorno, ho smarrito la mia pecora, è qui che posso compilare l’avviso per chiedere a qualcuno se l’ha vista?»

Stop, mi arrendo, al servizio del cittadino e della Nazione sì, ma anche meno.

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