Seconda tappa del nostro viaggio nella Liguria di Ponente.
Dopo la bella giornata a Triora (qui l’articolo https://www.lordinario.it/luoghi/triora-il-paese-delle-streghe/ ), ci avviciniamo al confine con la Francia per scoprire un altro borgo nell’entroterra della Val Nervia: benvenuti a Dolceacqua.
Siamo arrivati fin qui incuriositi dalla frase con la quale Monet ha descritto il paese durante una sua permanenza nel 1884, dopo un viaggio in compagnia di Renoir: «il luogo è superbo, vi è un ponte che è un gioiello di leggerezza…», il suo dipinto “Le Château de Dolceacqua” nel 2019 è rimasto esposto per qualche mese nel Castello dei Doria, altro gioiello da visitare nel borgo.
Ma andiamo con calma e cominciamo dal viaggio.
Come sempre lasciamo la strada che costeggia il mare e iniziamo il nostro percorso verso l’interno, ancora una volta il paesaggio è ricco di vegetazione, olivi e piante aromatiche, non dimentichiamo i vigneti, stiamo entrando nella zona di produzione del Rossese Doc, il primo vino in Liguria ad aver ottenuto la Denominazione di Origine
Controllata, e in passato già apprezzato dall’ammiraglio Andrea Doria e da Napoleone Bonaparte.
Dolceacqua è attraversato dal Torrente Nervia che divide simbolicamente il paese in due parti: la parte più antica del borgo, è dominata dal Castello dei Doria e viene chiamata dagli abitanti Terra (Téra nel dialetto locale). Quella più moderna, chiamata il Borgo, si allunga sulla riva opposta, ai lati della strada che risale la valle.
Le due anime del paese sono unite dal un maestoso ponte Vecchio, con la campata unica a schiena d’asino di ben 33 metri, uno dei simboli del borgo, costruito nel XV secolo sulle rovine di un ponte precedente.
Il nostro consiglio è di inoltrarsi nel dedalo di caruggi che dal quartiere Tera inizia a salire verso la spianata del Castello: godetevi ogni angolo.
Piccoli negozi di artigiani, botteghe d’arte, erboristi, fotografi, aziende agricole dove è possibile degustare un buon bicchiere di vino o assaggiare un po’ di olio con il pane. Quando arriverete in alto, alzate lo sguardo e fermatemi un attimo ad ammirare la maestosità del Castello Doria. Della costruzione restano le mura esterne ma i lavori di restauro e messa in sicurezza con spazi attrezzati in modalità multimediale, ci consentono di immaginare come fosse la vita all’interno del Castello.
Troverete pannelli con la storia di Dolceacqua, molti legati alla costruzione del maniero e segnaliamo la strepitosa sala multimediale dedicata alle famiglie Grimaldi di Monaco e Doria. Due dinastie perennemente in lotta tra di loro che solo attraverso un matrimonio, quello avvenuto nel 1491 tra Francesca Grimaldi di Monaco e Luca Doria di
Dolceacqua poterono dare pace ad un territorio in continua guerra. Da questa unione nacque un legame tra i due territori mai venuto meno. La storia comune di Doria e Grimaldi parla di porti e di spazi commerciali, come Genova, di fortezze ben difese come Dolceacqua e Monaco. È anche la storia di navigazioni costiere, dalla Provenza in Liguria, ma anche di sentieri e strade dell’entroterra percorribili ancora oggi. I ripetuti matrimoni tra componenti delle due famiglie sono il sigillo di legami sempre vivi e suggellati dalle recenti visite ufficiali di S.A.S. il Principe Alberto II a
Dolceacqua nel 2013 e 2015.
Uscendo dal Castello continuiamo ad inoltrarci nei caruggi stretti e ombrosi. Qui tutto ci rimanda indietro nel tempo, qualcuno ci racconta di un signore tiranno come il famigerato Imperiale Doria che aveva istituto lo jus primae noctis, il diritto del signore di Dolceacqua di giacere con le neo spose il loro primo giorno di nozze. Una bellissima fanciulla di nome Lucrezia, sposata con il giovane Basso, rifiutò di sottostare alla legge e venne condannata a morire di fame e di sete nelle segrete del Castello. Il ragazzo per vendetta riuscì a raggiungere le stanze del signore e con un coltello alla gola lo costrinse a revocare la legge ingiusta. Le donne del paese, per ricordare questa grande vittoria, decisero di creare un dolce con farina, zucchero e olio con una forma allusiva al sesso femminile e lo chiamarono «michetta». A distanza di 700 anni ancora si ricordano questi due giovani, Lucrezia addirittura si mormora si aggiri per i ruderi del castello e il 16 di agosto entrambi vengono festeggiati con una manifestazione itinerante per le vie del paese.