Ad Argirocastro, la città d’argento

Avete mai visto le galline al guinzaglio? Per noi è stata veramente la prima volta, seguiteci in questo itinerario, la nostra prossima destinazione sarà Argirocastro, vi racconteremo di questa e di molte altre curiosità.

Ecco la terza tappa del nostro minitour in Albania.

Lasciamo Berat e proseguiamo il nostro viaggio verso l’interno. Intorno a noi campi sterminati, coltivazioni e fumo, avanziamo in mezzo ad una sorta di nebbia. I contadini preparano i terreni al riposo bruciando quello che resta delle coltivazioni, la cenere che si depositerà sulla terra creerà un humus fertile e faciliterà le semine e le produzioni degli anni successivi. Dove non c’è fumo incontriamo contadini che falciano l’erba con attrezzi rudimentali: un lungo bastone in legno con una lama arcuata e nera. Se volessimo essere più chiari, è proprio come la falce di Signora Morte. Qui il tempo pare essersi fermato a settant’anni fa, in un mondo rurale e contadino, pochissimi negozi e nessun bar, rallentiamo prima di entrare in un piccolo agglomerato di case costruito lungo la strada, non c’è neppure un cartello che ne indichi il nome. Quello che ci colpisce è il mercato ai bordi della strada. Tante, troppe tende accalcate le une alle altre e, sotto, merci varie accatastate, tanto che non si riesce neppure a capire quale sia la categoria merceologica. Gli abitanti, con i vestiti della festa e in fila indiana si avvicinano alle bancarelle. Sono felici, probabilmente si tratta di un evento atteso da tutta la comunità. Di fronte, sull’altro lato, i contadini vendono i prodotti della terra. Tutto è appoggiato sui marciapiedi, qui ci sono perfino galline legate con un guinzaglio, che non cercano neppure di muoversi e attendono il possibile acquirente. A fianco un venditore di pesci, stesi in terra su un drappo sdrucito e neppure tanto pulito. Tutti ci guardano mentre passiamo e noi guardiamo loro in un attimo infinito che non riusciremo a dimenticare facilmente, se non altro perché il pensiero è volato al vero senso di felicità e ci ha lasciato non pochi interrogativi sulla nostra.

Ancora qualche chilometro e poi ci appare lei, Argirocastro, alcuni la chiamano «la città di pietra» altri «la città d’argento», è l’unica in tutta la Penisola Balcanica che ancora oggi ha conservato una città vecchia di più di 500 anni ed un castello completamente visitabile risalente alla dominazione ottomana. Sia il castello che le case sono costruiti totalmente in pietra e il colore, soprattutto dopo la pioggia, ricorda l’argento. Non è una giornata di pioggia ma il sole che si riflette sui tetti e sul lastricato dei vicoli rende benissimo l’idea del posto in cui ci troviamo. Nel 2005 l’Unesco l’ha dichiarata patrimonio dell’umanità.

Siamo in pieno centro dell’Albania, nella culla della dominazione ottomana e del sovrano Alì Pasha. Qui dobbiamo lasciare la macchina ed iniziare la salita, Argirocastro va visitata a piedi per poterne apprezzare l’anima. Iniziamo a salire tra case in pietra, mura e ruderi ricoperti dai rampicanti. Quando ci voltiamo dietro di noi possiamo scorgere il panorama della città nuova, quella lontana dai flussi turistici. Ed è proprio qui, nel cuore della città vecchia che raggiungiamo “casa Skenduli”, una delle celebri case storiche di Argirocastro, datata al 1700 e tuttora perfettamente conservata con il tipico arredamento in stile ottomano. Ci accoglie una ragazza giovanissima che ci racconta di come la famiglia Skenduli, ricchi proprietari terrieri, sia stata costretta ad abbandonare la casa durante il periodo della dittatura, e di come, solo dopo il 1990, sia potuta rientrare in possesso dell’abitazione. Da qualche anno è diventata una casa museo. Alla nostra domanda su che fine avesse fatto la famiglia, la risposta è stata commossa e con il groppo in gola: “La famiglia esiste ancora – ci ha risposto – la famiglia sono io, sono tutto quello che resta. E’ grazie a tutti voi che venite qui che riesco a mantenere in piedi la mia casa”. Non abbiamo potuto fare a meno di abbracciarla forte.

Proseguiamo la nostra visita lungo le strade di ciottoli e pietra per raggiungere il Bazaar della città, costruito nel XVII secolo: in origine era il quartiere commerciale ottomano, oggi è il cuore economico di Argirocastro. Qui dobbiamo assolutamente assaggiare il caffè turco e la raki locale, infilandoci in uno dei moltissimi locali che propongono cucina albanese che più di altre ha risentito dell’influenza gastronomica della vicina Grecia. Il Bazaar pullula di piccoli negozi dove potrete acquistare ogni genere di souvenir. Ci piace passeggiare tra le vetrine, riempirci gli occhi dei colori e degli aromi ma soprattutto ci soffermiamo sui volti delle persone ed è proprio così che incontriamo colui che rappresenta la sintesi del nostro viaggio: 80 anni, lavora da quando ne aveva 14 e non ha mai smesso. Sotto la dittatura è stato montatore in fabbrica, dal 1991, con la caduta del regime, si è trovato senza lavoro e senza reddito e così ha iniziato a scolpire l’arenaria, mettendo su pietra la sua Albania, quella fatta di brave persone che stanno cercando con onestà e fatica di creare un nuovo stato. Inutile dire che ci siamo portati a casa una delle sue opere.

La nostra giornata non è ancora finita dobbiamo raggiungere quella che è la vera attrazione turistica, ossia il Castello di Argirocastro, una delle strutture meglio conservate di tutta l’Albania. E’ stato costruito nel XII secolo ma completamente ristrutturato nel corso del XIX secolo, il che permette ai turisti di visitare una struttura in perfette condizioni storiche e architettoniche.

Un’antica leggenda racconta la triste storia della principessa Argyro, (da qui il nome della città) che si gettò da una delle torri del castello per evitare la caduta della città nelle mani degli invasori. Nel corso dei secoli, si sono susseguiti diversi popoli dominatori come Visigoti, Unni, Ostrogoti e Normanni. I lavori di ristrutturazione sono stati compiuti da Ali Pasha di Tepelene dopo il 1812.

Oggi il castello possiede cinque torri, una torre dell’orologio, una chiesa, fontane d’acqua, scuderie e molti altri servizi. E’ aperto ai visitatori e contiene un museo militare con artiglieria e cimeli. In particolare, svoltando a sinistra dall’ingresso principale del castello, possiamo ammirare una lunga galleria fiancheggiata da pezzi di artiglieria. Tutti questi cannoni furono abbandonati dalle forze di occupazione italiane e tedesche durante la seconda guerra mondiale. All’interno di questa galleria c’è una anche una piccola cisterna italiana costruita dalla Fiat.

Nel cortile esterno quello che resta di un aereo dell’aeronautica militare americana fa bella mostra di sé, per commemorare la lotta del regime comunista contro la potenza di oltreoceano.

Ci lasciamo trasportare dal fascino misterioso di quella pietra e rimaniamo in silenzio ad osservare la Valle del Drino che si estende sotto di noi: laggiù, lontano, oltre le montagne, c’è la Grecia. Una musica popolare albanese ci riporta alla realtà, dobbiamo uscire, tra poco il Castello ospiterà uno spettacolo del Festival del folk e noi non abbiamo pagato il biglietto.

Alla prossima tappa, Butrinto ci aspetta.

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