Il grande Massimo Troisi ci ha lasciato questa frase, che diventa anche una filosofia di vita: «Io sono responsabile di quello che dico, non di quello che capisci».
Io spesso mi domando: dove si interrompe la catena della comunicazione, quando assisto alle più varie interpretazioni di alcune semplici regole?
La «storia» di oggi è quanto mai attuale, vorrei raccontarvi del contrastato rapporto tra i cittadini e i dispositivi di protezione individuale, saliti prepotentemente alla ribalta della cronaca come «mascherine». Partiamo da una semplice regola di base: l’uso della mascherina è obbligatorio ogni volta che si entra in un luogo pubblico, chiuso e in ogni caso in cui non sia possibile mantenere la distanza di sicurezza.
Virginia, Arnaldo e Palmira cosa non è chiaro in questa frase? Ovviamente come sempre i nomi sono di fantasia, la casistica che vado ora a descrivervi no.
Abbiamo superato abbondantemente il mese di quarantena, gli uffici comunali continuano a rimanere chiusi, si può accedere solo con appuntamento. Oggi inevitabilmente arriverà un po’ di gente, abbiamo aperto i termini per presentare le istanze per il buono spesa, non tutti saranno in grado di procedere all’invio attraverso mail e quindi siamo pronti ad affrontare la varia umanità.
Il primo ad arrivare è Ugo, pantalone alto in vita, stretto da una cintola consunta e scolorita, un borsello sotto braccio e occhiali spessi da vista. Ugo non indossa la mascherina.
«Ugo come mai non hai la mascherina? Lo sai che è obbligatoria?»
«Non la porto, tanto io non mi ammalo, me lo ha detto Maria».
«Maria chi? La tua vicina di casa?
«No, Maria quella dei piani alti» – e con il dito indice mi indica il soffitto.
«Non capisco, dei piani alti che in che senso?»
Mi strizza l’occhio con fare complice e abbassa la voce: «Maria, nel senso della Madonna. E’ stata chiara: Ugo, tu non ti ammali»
Ugo si è molto seccato del fatto che non lo abbiamo fatto entrare e che gli abbiamo intimato di tornare solo quando avrà la mascherina, Maria o non Maria.
La signorina Bonati, anni circa 80, arriva con la mascherina agganciata a penzoloni da un orecchio, a mo’ di orecchino. La guardo con sguardo indagatore e sicuramente comprende che non sto apprezzando la modalità: «Carina – mi domanda – spiegami come faccio a mettermi il rossetto se poi devo coprirlo con questo obbrobrio? Ti sembra normale? Io al rossetto non ci rinuncio».
Palmira e Virginia, la mascherina ce l’hanno ed è pure agganciata ad entrambe le orecchie, peccato che invece di tenerla sulla bocca e il naso la portino come reggimento.
Mariella, che sicuramente era insieme a loro, ma è arrivata a passo un poco più lento, la tiene intorno alla gola come fosse una collana.
Il Cavaliere Alfonso, sordo come una campana, la porta sulla testa come se fosse un cappellino, arrossisce e si scusa non appena incrocia il mio sguardo: «Ora la metto bene, è solo che mi fa un caldo terribile e mi si appannano gli occhiali».
La mattinata prosegue, alternando le visite alle telefonate: «Le Poste dovevano consegnare le mascherine, come mai nella mia strada non sono ancora arrivate?»
«Non so come aiutarla, non siamo noi a consegnare le mascherine e non sappiamo quale sia il criterio di consegna, chiami le Poste».
«Il mio vicino si è rubato le mascherine nella mia cassetta postale? Cosa faccio? Voi potete portarmi altre mascherine?»
«Se lo ha visto, provi a chiedergli spiegazioni, altrimenti non sappiamo come aiutarla.»
E cosi’ fino alla fine della mattinata, finchè non telefona il Signor Ignazio.
E’ molto agitato: «Pronto signorina? (chissà perché tutti mi chiamano signorina a prescindere!). Mi spiega perché quelli della protezione civile fanno avanti e indetro davanti a casa mia e non mi consegnano le mascherine?»
«Signor Ignazio le mascherine le consegnano le Poste, non quelli della protezione civile»
«Pensa che io sia scemo? Lo so che è la protezione civile, li ho visti anche a casa del mio vicino, erano loro e hanno saltato casa mia. Ora come faccio, chi chiamo?»
Non mi vuole assolutamente ascoltare e insiste perché io gli dia un numero di telefono a cui fare le sue rimostrarnze.
A questo punto inizio a scandirgli i numeri del servizio postale: 0187…non mi fa finire la frase.
«Ecco dove finiscono i nostri soldi!!! Questo che prefisso telefonico è?»
«La Spezia» gli rispondo.
«E perché dobbiamo dare l’incarico di distribuire le mascherine a qualcuno che deve partire da Spezia?»
Mi viene un dubbio.
«Signor Ignazio, scusi, ma da dove mi sta chiamando?»
«Da Oristano, non è il Comune di Oristano?»
«No, non è il Comune di Oristano».
Click. Silenzio.