Vi ricordate le puntate: “Tombini tondi per antonomasia”, “La psicologia del calzino” ed “Epitaffi lapalissiani”? Ecco un’altra puntata della pseudo-scienza del recruiting: dove vi vengono svelati tutti i segreti usati dai responsabili delle risorse umane per conoscere l’affidabilità di un candidato.
Dopo una breve vacanza estiva ritorno ad intervistare la più efficiente responsabile HR di tutta Parma.
Ormai sono diventato di casa presso l’azienda.
La segretaria, dopo l’ultima volta, non mi detta neanche più la strada da percorrere per l’ufficio, le basta fare un gesto con la mano.
Per il corridoio incontro sempre le stesse facce che, iniziando a prendere confidenza, si lasciano andare in piacevoli saluti (un po’ come se fossi il protagonista di uno di quei film americani ambientati in una multinazionale, dove passando fra i cubicoli tutti ti salutano chiamandoti per nome).
Armato di microfono, registratore e scheda audio mi avvio verso la recruiter, convinto di trovarla, come sempre, vestita di tutto punto, con tacco 12 e all’apparenza pronta per andare a una cena di gala.
Invece, questa mattina, la trovo con indosso un abito a fiori molto carino, scarpe ballerine ed occhiali da sole.
“Nuovo look, signorina? Non l’avevo mai vista in borghese!” – Lei mi squadra un po’ scocciata.
“Oggi voglio darle una lezione… Quando deve tornare in ufficio dalle vacanze non si faccia vedere troppo riposato!”
“Beh, lei mi sembra abbastanza rilassata! Ma che c’è di male nel farsi vedere freschi e riposati? Penso che le ferie siano state create apposta per questo!” – Rispondo ingenuamente.
“Lei è troppo propositivo, caro Daniele! L’ultima cosa che un dipendente vuole vedere è il proprio superiore saltellante e ringalluzzito dalle vacanze! Oggi mi vede così, vestita “casual”, ma non penso che avrà la fortuna di rivedermi ancora in borghese, come dice lei!” –
La ragazza si siede, si toglie gli occhiali.
Subito noto il segno dell’abbronzatura attorno agli occhi, segno che ha preso il sole tutto il giorno dimenticandosi gli occhiali sul volto.
“Ha avuto un brutto ricordo dalle ferie?” – Chiedo ridacchiando.
“È una questione di apparenza! Molti dei nostri dipendenti non vanno in ferie in estate per esigenze produttive, e vedere un loro superiore concedersi le ferie potrebbe scatenare del risentimento, non trova? Se oggi mi vede vestita in questo modo, non è perché volessi ostentare il fatto che sono stata alle Mauritius, ma perché non avevo un abito pronto da mettermi! Devo ancora svuotare le valige!”
Sinceramente penso che il bello delle ferie sia proprio il poter “schiaffare” in faccia ai colleghi il fatto di essere stato in vacanza! Se dobbiamo renderla una pseudo-scienza, anch’essa fatta di teorie per non deprimere le maestranze, che vacanze sono?
Smetto di farmi domande e preparo l’attrezzatura per l’intervista. Do il via all’ennesimo colloquio di lavoro. Parto prevenuto, convinto mi facesse una domanda del tipo: Se lei fosse un animale quale sarebbe? Oppure, se potesse svolgere un qualsiasi tipo di lavoro quale sceglierebbe? O altresì un commento sui miei calzini, o sulle mie mutande (vedi episodi precedenti)… Ma stavolta rimango di sasso.
La vedo che si allunga su un paio di fogli, li ordina picchiettandoli sul tavolo di vetro.
Dopo averli appoggiati, inizia a guardarmi negli occhi e mantenendo uno sguardo glaciale mi pone la domanda.
“Lei si considera la persona più intelligente di sua conoscenza?” – Chiede.
“Come, scusi?” – Rispondo dubbioso.
La ragazza riformula la domanda.
Mi fermo un attimo a pensare:
Chiunque, dotato di logica, a questa domanda risponderebbe con un NO! OVVIO!
Per il semplice motivo che se ci considerassimo la persona più intelligente della nostra vita non saremmo dietro ad una scrivania a subire un colloquio! Oppure, per semplice modestia, si cerca di tenere un basso profilo! La boria non è mai stata ben vista ai colloqui, così mi hanno sempre insegnato!
“Mh, no! Non credo di essere la persona più intelligente! – Rispondo.
“Allora non ci tiene abbastanza a questo lavoro!” – Ribatte lei.
Poi continua -“Se c’è qualcuno di più intelligente dovremmo assumere lui, non le pare?”
“Penso che TUTTI al mondo abbiano qualcuno che li superi per comprendonio! A meno che tu non sia William J. Sidis (considerato l’uomo più intelligente di sempre con un Q.I. di 300 punti).
“Ma pensi in maniera più aperta! Questo serve a comprendere l’intraprendenza di un candidato! Non è importante il Q.I. o la conoscenza, nel senso classico del termine! Quello che cerchiamo è personalità! Risposte taglienti a domande precise!”
“Ma non è un po’ fuori luogo?” – Ribatto.
“Non lo è mai…” –
Chissà qual è stato quel momento storico in cui le aziende hanno smesso di chiedere se si è in grado di svolgere il proprio lavoro o meno, dando importanza a domande come queste…
Domande che, in un modo o nell’altro, nascondo qualche magheggio psicologico al loro interno, con la sfortuna di apparire decisamente inappropriate!
Un po’ come se all’improvviso, durante una cena con amici, qualcuno prendesse la parola per chiedere ai presenti cosa ne pensano della monarchia olandese!
“Cosa ne pensa della monarchia olandese?” – Chiedo alla ragazza.
“Mh, cosa c’entra, scusi?!” –
“C’entra! C’entra! Mi dica, cosa ne pensa?” –
– “Non saprei…”
“Lei è poco propositiva signorina! Mi spiace, ma cerchiamo persone intraprendenti! Capaci di dare risposte brillanti a domande assurde!” –