Coronavirus, Storie di Ordinaria quarantena (5). Marco, da Brescia a Mosca mantendendo il pensiero critico

Marco Ciccolella
Marco, tu hai visto l’insorgere del virus in Italia, precisamente a Brescia, una delle città più colpite, e adesso te lo stai vivendo a Mosca. Ci racconti la tua doppia esperienza e come l’hai vissuta/stai vivendo?
“Ero in Italia quando tutto è partito, i primi provvedimenti, le prime chiusure. Sono riuscito per poco a rientrare a Mosca, dopo una settimana avrebbero chiuso tutto. Solo fortuna, semplicemente caso. All’inizio c’era un misto di panico e incredulità, due sentimenti e modi di vedere a mio avviso sbagliati in egual misura. Si deridevano i cinesi, si prendevano in giro, li si denigrava, poi la ruota è girata e ci siamo scandalizzati. E’ un interessante spunto per una riflessione profonda che ci sarà da fare dopo tutto questo. Questa pandemia è stato un problema fin da subito e, come ogni problema, va analizzato senza panico o isterismi, cercando una soluzione e remando tutti nella stessa direzione una volta che le scelte sono state prese da chi è delegato a farlo. Prendere decisioni così gravi in pochi minuti è una cosa difficilissima, va rispettato chi le decisioni le prende; verrà poi il tempo per l’analisi. Qui a Mosca il virus sta arrivando ora, dai primi di marzo, giorno dopo giorno, i provvedimenti si sono fatti sempre più intensi. Sicuramente l’esperienza fatta in Italia, come in Cina prima, ha influenzato le scelte degli altri paesi, ha insegnato agli altri cosa fare o almeno ha dato delle basi su cui scegliere. Qui non riesco a leggere perfettamente le notizie, ma l’iter è esattamente lo stesso, mi sembra di vivere ciò che ho vissuto in Italia il mese scorso. Ansia, incertezza, assalti ai supermercati, comportamenti illogici. L’organizzazione della Federazione Russa rispetto all’Italia è molto differente, il carcere è stato introdotto subito(fino a 5 anni) come possibilità per chi non rispetti la quarantena. C’è stato un caso di un cittadino russo che è stato multato dopo che la sua violazione era stata segnalata alla polizia tramite l’analisi delle immagini del videocitofono. Il controllo e l’organizzazione è completamente diversa, i diritti e le libertà personali sono differenti, molto”.
“Le azioni dei due stati sono per ora fondamentalmente le stesse, non penso che esista alcuna persona al mondo che sappia cosa e come fare per arrestare questo contagio. E’ giusto, sbagliato, non si sa, per ora possiamo solo seguire le indicazioni delle autorità. Ad oggi (17 marzo) i confini della Russia sono chiusi a tutti gli stranieri provenienti da paesi contagiati. Tutti gli eventi annullati, la scuola rimarrà chiusa per due settimane. Hanno allungato di una settimana la chiusura già in calendario in occasione delle vacanze di primavera”.
“Io personalmente al rientro dall’Italia ho fatto la mia quarantena semi-volontaria, nel senso che l’ordinanza è stata diramata solo qualche giorno dopo il mio rientro. Ho ritenuto comunque opportuno isolarmi, anche se formalmente nessuno mi ha avvisato e nessuno ha controllato, che io sappia. Volevo comunque evitare un eventuale contagio nel caso io fossi positivo. Fortunatamente né io né la mia ragazza abbiamo avuto sintomi. Siamo ora pronti alla seconda quarantena che con molta probabilità ci sarà a Mosca nei prossimi giorni. Il 2020 si preannuncia come una anno decisamente casalingo. La socialità in Italia comparata alla Russia è molto differente. Per gli italiani il fulcro della vita sociale è la piazza, il bar. Per ragioni storiche che si sono ripetute nei secoli, troppo complesse da affrontare ora, e sicuramente per il clima, il centro della vita sociale in Russia è la cucina di casa. Le grandi città sono molto Europee come concetto, ma tradizionalmente la cucina è ciò che da noi rappresenta il bar”.
Quando hai capito che la situazione sarebbe stata più grave di quello che si diceva e pensava?
 
“Sono normalmente una persona che non si allarma, che non entra in panico. La preoccupazione però ho cominciato ad averla il 16 febbraio quando c’è stata la prima chiusura di tutti gli eventi in Italia. In quel momento ho pensato che fosse una cosa seria, molto seria. Annullate tutte le celebrazioni del carnevale e prima restrizione all’operatività dei locali. Brescia oggi è una delle province più colpite, gli Spedali Civili della città sono uno dei più grandi strutture sanitarie italiane con eccellenze in ogni settore. Oggi è in prima linea insieme a Bergamo, i miei amici che ci lavorano, come in tutti gli altri ospedali della città, sono oberati di lavoro e vivono un periodo molto difficile e stressante. Sono però fiducioso. Sono dei grandissimi professionisti che nel momento del bisogno sapranno affrontare la situazione al meglio possibile. Si faranno errori? Sì certamente, ma sono molto positivo sul fatto che passerà e poi analizzeremo cosa è successo. A quel punto quindi ci sarà da riprendere una vita che sarà differente da quella attuale. Forse le persone che ora si scannano per la carta igienica o per il fatto che devono stare a casa per qualche giorno, capiranno meglio cosa significhi scappare da una guerra o rimanere bloccati su una barca per svariate settimane. I media hanno un’importanza fondamentale per diffondere questo messaggio e cercare di diminuire il carico di egoismo a cui si è arrivati. Speriamo”.
Hai paura per la tua famiglia che in questo momento è a Brescia mentre tu sei lontano?
 
“No, stanno seguendo le indicazioni date, non escono se non per le necessità vitali e riducono ogni contatto sociale. Li sento quotidianamente e per ora sono solo annoiati. Come ogni italiano che si rispetti si sono dedicati alla cucina. Personalmente cerco di stroncare sul nascere ogni parvenza di appoggio alle molte bufale che circolano in questi giorni. Oggi abbiamo la tecnologia per rimanere tutti connessi in qualsiasi momento, questo aiuta e dimostra che non è mai lo strumento il problema. I social oggi stanno aiutando a mantenere i rapporti a distanza con amici e parenti, ho fatto però una pulizia pesante dei miei contatti, i “condivisori” di bufale non sono accettati. Ora è tempo di risolvere, poi si penserà ad analizzare la causa”.

Sei sempre chiuso in casa? Come stai vivendo questi giorni?
 
“Ho fatto la mia quarantena rispettando i dettami del governo russo, qui non si scherza. Devo dire però che la vita sociale che ho a Mosca e il mio lavoro, che mi porta a lavorare da casa, non ha cambiato molto la mia routine. Ho visto un po’ di meno i miei amici, ma si tratta di due settimane, non facciamone una tragedia. Ora che la mia quarantena è finita sono comunque all’erta. L’onda sta arrivando e si preannunciano altri giorni casalinghi. Fortunatamente vivo vicino ad un parco molto grande, un piccolo bosco che mi permette di vivere all’aria aperta senza incrociare assolutamente nessuno. Cucino, leggo, lavoro, scrivo, studio. Sarà mica l’occasione di fare un po’ di ginnastica?”

Tu per lavoro ti occupi di aziende e nel tempo libero fai cultura. Due settori che stanno tremando per motivi diversi e forse la cultura è decisamente quello più a rischio. Che sentore hai su questo?
 
“Le cose da fare non mi mancano, ma essendo un libero professionista devo pensare al futuro, ora non è un problema, ma tra 2-3 mesi potrebbe esserlo e devo cercare servizi che io possa offrire alle persone online, senza che questi si debbano muovere di casa. La tecnologia offre mille possibilità, devo studiarle, pianificarle ed eseguirle. Nonostante tutto siamo fortunati, le possibilità che abbiamo oggi erano impensabili solo 5 anni fa”.
“La cultura deve ripensarsi, le aziende hanno avuto uno schiaffo che le ha probabilmente svegliate da un torpore che in Italia stava addormentando tutti. Smart working, remote working, meeting online, e-learning, sono tutte cose che esistono da anni e devono essere implementate nel tessuto produttivo. Le cose cambiano costantemente e si evolveranno anche questa volta. Non si perderà la vita sociale, non si lavorerà tutti da casa da soli come robot asociali, ma si faranno le cose in maniera diversa. Ogni innovazione tecnologica ha portato cambiamenti e non sempre il pregresso è stato cancellato, si è però sempre evoluto. Penso che sia un periodo molto importante soprattutto per chi lavora nella cultura, bisogna ripartire dalla conoscenza, dobbiamo fondare la società sulla cultura ed insegnare il pensiero critico. La lotta alle bufale è una priorità, ultima in ordine di tempo è quella di due cretini, che non riescono nemmeno a mettere insieme due parole in inglese, figuriamoci in russo, che hanno comprato un farmaco per il coronavirus in una farmacia a Mosca. Queste cose sono pericolose e chi le crea dovrebbe essere incriminato, il panico e la paura sono da evitare in ogni modo. Il fatto grave è però che molti non si chiedono delle domande fondamentali: chi sono ste due, che farmaco è, come è possibile questa cosa. Una ricerca in Google di 20 secondi potrebbe bloccare queste stronzate. Il pensiero critico è dal mio punto di vista il mattone di tutta la cultura, poi possiamo discutere di cosa e come, ma senza la capacità di analisi e comprensione non si va da nessuna parte”.
 
Hai voglia di dire qualcosa, lanciare un messaggio a chi ci legge?
“La cosa che mi fa più arrabbiare quando sono nel mezzo della merda è quando mi dicono: andrà tutto bene. E’ una frase semplice per chi la dice, ma ora nella merda ci sono io. Spesso si dice per allontanare il problema da chi ascolta, è un sinonimo di: sono cazzi tuoi. Ora dobbiamo stare a casa e dobbiamo pensare alla ripartenza, essere pronti. Ce la faremo? Certamente sì, come non lo so, ma ne usciremo. Non si tratta di una guerra, non va detto, è un problema enorme, ma la guerra è altro. Ho vissuto varie esperienze nella mia vita ed ho toccato con mano i traumi che esistono dopo trent’anni che la guerra è finita. Non paragoniamo la guerra con ciò che stiamo vivendo, non è minimamente confrontabile. Dobbiamo però reagire. Ora si deve gestire la situazione al meglio, seguite le regole, non lamentatevi e pensate a cosa farete il giorno dopo che l’epidemia sarà conclusa”.
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