Mosca è una città con parchi enormi, centinaia di ettari adibiti a verde o bosco che i cittadini usano quotidianamente per fuggire dal rumore e dallo stress della grande metropoli. Oggi vi portiamo nel parco nazionale di Losinij Ostrov, l’isola degli alci. Oltre 100km2 (paragonabile ad una città come Firenze) tra foreste di abeti, betulle, tigli, pini, fiumi e paludi.
L’area del parco è da sempre riserva di caccia degli Zar. Tutt’oggi esistono molti animali selvatici che vivono al suo interno. Purtroppo non ne abbiamo incrociati, anche a causa dell’impossibilità di accedere alle zone meno frequentate vista l’abbondante coltre nevosa.
Il parco nazionale è stato ufficialmente istituito nel 1983. A metà del ‘900 era principalmente una fabbrica di estrazione della torba, mentre oggi sono vietate tutte le attività umane. L’accesso è libero e il parco è mantenuto quasi allo stato selvaggio, poche sono le manutenzioni e il bosco si pulisce e rigenera da solo. E’ un ottimo esempio di mantenimento della taiga europea, aree ad oggi praticamente scomparse nelle altre nazioni.
Abbiamo camminato per circa 10km all’interno dell’area meridionale del parco. Siamo partiti dalla stazione di Belokamennaya e, attraversata la linea ferroviaria, ci siamo subito immersi nella foresta. Il percorso attualmente è completamente ricoperto dalla neve, siamo a marzo, ma quest’anno le precipitazioni sono state particolarmente abbondanti o forse sono semplicemente tornate a una normalità a cui non eravamo più abituati. Mediamente c’è mezzo metro di coltre nevosa all’interno del bosco, nessuno pulisce e nessuno sporca. Conviene rimanere sui tracciati se non si hanno le ciaspole, altrimenti si rischia di finire nella neve fin oltre le ginocchia! Non è piacevole avere i piedi bagnati fin dai primi passi. Dall’abitato si prende un qualsiasi tracciato segnalato dalle numerose impronte, il parco è molto frequentato e, anche se non si nota, centinaia di persone vengono qui quotidianamente. Si entra subito in un ambiente naturale, i suoni della città rimangono sempre in sottofondo, si sente il fruscio indistinto della megalopoli.
La vita in inverno è ferma, ma non morta, alcuni uccelli come il picchio cercano il cibo tra la corteccia degli alberi in decomposizione, i muschi sotto la neve sono di un verde intenso, pronti a ricevere tutta l’acqua dal disgelo già iniziato. Il terreno sottostante è rimasto protetto dalle temperature invernali oltre i -20, l’erba non è congelata e i semi sono pronti a germogliare. Qualche uccello inizia a ripopolare il bosco e si iniziano a vedere i primi timidi scoiattoli che si risvegliano dal letargo invernale.
Camminiamo per i primi chilometri immersi nelle betulle. l tronchi iniziano a scongelarsi e inumidirsi. Il colore della corteccia cambia, dal bianco invernale appaiono sempre di più le sfumature scure dovute all’umidità. I licheni creano delle macchie verdi o grigie che piano piano copriranno tutto il terreno con un soffice tappeto. Avete mai provato a camminare a piedi nudi sul muschio? Beh fatelo la prossima volta! Attraversiamo aree distrutte da vecchie tempeste, gli alberi rimangono sul terreno e forniscono elementi chimici per le nuove piante. Il tronco viene decomposto da funghi e insetti che sono l’alimento principale degli uccelli presenti nel parco. Nonostante siamo a poche centinaia di metri dalla città, l’aria cambia, l’odore cambia. Il tempo rallenta e l’umore ne giova. Nel bosco ci sentiamo sereni, leggeri, felici e godiamo della natura intorno a noi. Siamo alla periferia di una città da oltre dieci milioni di abitanti, ma bastano pochi minuti nella foresta e le nostre emozioni cambiano radicalmente.
Nevica. I fiocchi si fanno sempre più grandi e sembrano piume nello scendere sul terreno. Poi la neve diventa pioggia e poi piume ancora. Siamo all’inizio della primavera, ufficialmente in Russia inizia il primo marzo, ne aveva parlato Behemot della lotta tra inverno e primavera. La neve è pesante, non come quando le temperature sono inferiori a -15°C. Nell’aria si percepisce una nuova energia, in poche settimane tutto ripartirà per una nuova stagione.
Camminiamo seguendo i tracciati dei passi di altri o degli sci di fondo, arriviamo dopo circa un’ora e mezza ad una larga strada di neve battuta. Sopra di noi scorrono i cavi elettrici dell’alta tensione che portano l’energia dalle centrali elettriche fino a Mosca. Si sente il rumore della corrente, i cavi sono piuttosto bassi. Succede una cosa strana, o forse normale. Camminando sotto questi cavi ci sentiamo più nervosi, il battito del cuore aumenta, il nostro rapporto con le poche altre persone che incrociamo è più indirizzato al conflitto e alla tensione, usciamo subito da questo corridoio energetico per entrare in un bosco di abeti rossi. Il nostro umore cambia nuovamente in pochi minuti, ci calmiamo e sorridiamo agli altri; che sia forse che l’alta tensione influenzi il nostro modo di rapportarsi con gli altri? Interessante esperienza.
Il bosco è passato dalle grandi e snelle betulle alternate a possenti tigli a robusti e scuri abeti rossi. Il terreno è più ondulato, la luce non passa e ci sentiamo isolati e protetti come sul tappeto di un caldo salotto con il camino acceso. Camminiamo in questo ambiente leggero e delicato fino ad uscire dal parco dopo un’altra ora. Siamo felici e ricaricati con qualche domanda a cui continueremo a pensare; la natura influenza pesantemente il nostro modo d’essere e di rapportarci con gli altri?
Alla fermata dell’autobus aspettiamo il 449 che ci riporterà a casa.