In occasione della Giornata mondiale della Poesia (immagine di copertina sul tema a cura dell’artista Alice Walczer Baldinazzo ndr.), che ogni anno, dal 1999, si tiene il 21 marzo, abbiamo intervistato il poeta contemporaneo Emanuele Martinuzzi.Toscano di prato, una laurea in filosofia e collaboratore di Teatrionline – il Portale del Teatro Italiano, Emanuele incontra la Poesia da giovanissimo, e da allora, “l’urgenza di esprimere qualcosa di ancora misterioso, incandescente, fondamentale, attraverso versi” non è più passata. Un rapporto viscerale, intenso, il suo con un genere letterario a cui regala spiragli di infinito per le nuove generazioni.
Inserito in molte antologie, tra le quali quelle del Premio Mario Luzi e Città di Pontremoli, tra i suoi ultimi, ma già numerosi lavori, c’è l’intensa silloge “Spiragli”, edita da Ensemble e “Storie incompiute” edita da Porto Seguro. Con entrambe ha vinto numerosi riconoscimenti. Tra le curiosità della carriera di Emanuele, non possiamo non menzionare la sua partecipazione, nel 2017, al progetto “Parole di pietra” organizzato dalla poetessa Sabina Perri che vede scolpita su pietra serena una poesia inserita nella raccolta “L’oltre quotidiano – liriche d’amore” e affissa in mostra permanente nel territorio della Sambuca Pistoiese assieme ad altri scrittori, poeti e uomini di cultura quali Francesco Guccini, Dacia Maraini, Mogol, Michele Ciliberto, Iole Natoli, Piero Salvatori, Paolo Fresu, Walter Chiappelli, Giuseppe Oliveiro in arte Acquaraggia, Giuseppe Anastasi, Gabriele Savarese, Glauco Borrelli, Franco Battiato, Simone Cristicchi, Sua Santità Papa Francesco e tanti altri.
Emauele è, inoltre, tra i primi firmatari del Metateismo, movimento artistico e culturale fondato dal Davide Foschi, costituito a Milano a fine dicembre 2012. Per saperne di più e parlare di poesia, vi consigliamo di seguire il suo blog: http://andthepoetry.blogspot.it/
“Non c’è che un dialogo,
fraintendere l’eternità
con attimi di Poesia”.
Emanuele, così inizia la tua silloge ‘Spiragli’, edito da Ensemble. È questo il rapporto che hai con la Poesia? È l’unica possibilità di eterno?
Sicuramente è una delle percezioni che mi arrivano dal fare poesia, che sia una porta, una breccia, uno spiraglio verso qualcosa che ci parla della pienezza, dell’armonia e dell’assoluto che abita l’esistenza, anche nelle piccole cose. In questa raccolta però ogni poesia non è che un frammento manchevole, ogni parola vive nella sua incompletezza, sono poesie incompiute più che illuminazioni. L’ermetismo ritrovato e l’essenzialità dello stile non sottintendono l’ampiezza della visione, piuttosto la loro natura epigrammatica, frammentata, attimi che fraintendono ciò che di eterno ci sembra apparire ogni tanto nella vita, con cui possiamo dialogare solo attraverso l’imperfezione o la perfezione di quel linguaggio, che sa diventare poesia. Al crepuscolo degli eterni non restano che frammenti di poesia.
A quanto pare hai iniziato a scrivere poesie giovanissimo, a 12 anni. È corretto? Cosa vuol dire per un adolescente avvicinarsi alla poesia?
Non è stata una scelta consapevole da parte mia. Mi piace pensare – e credo sia la cosa più ragionevole da credere – che sia stata la scrittura a trovarmi e non viceversa. Da piccolo per anni ho fatto teatro e cantavo nel coro di voci bianche della mia città. Quando questa bellissima parentesi della mia infanzia è finita questo vuoto, assieme ad altri vuoti, hanno attratto l’amore della poesia da qualunque universo parallelo si trovasse verso la mia vita, trasfigurata in un modo e nell’altro, nel bene o nel male, da questo incontro. Ho iniziato a sentire la necessità, l’esigenza, l’urgenza di esprimere qualcosa di ancora misterioso, incandescente, fondamentale, attraverso versi, che all’inizio erano delle filastrocche, a volte anche buffe o irriverenti su amici, parenti o altre persone. Poi piano piano si è strutturata la mia scrittura, come una forma di scavo e ritrovamento, dentro il cuore tormentato e sensibile di un adolescente, disorientato e silenzioso, lunatico e stravagante, come molti in quella fase della crescita, così delicata. Un certo tormento, una certa introversione, una incerta parte di me che mi rimanda continuamente all’infanzia e mi fa fuggire da qualunque stato presente, è rimasta anche negli anni a venire, non so se grazie o per responsabilità della poesia. Questo è il mio personale incontro con la poesia, si potrebbe dire con il mio daimon. Poi credo che ogni persona, adolescente o più matura, abbia un modo del tutto unico di reagire emotivamente e intellettualmente a questa folgorazione, che è la scrittura di una prima poesia.

C’è una differenza di stile molto marcata nelle tue ultime due raccolte, “Spiragli” e “Storie incompiute”. Oserei dire un’esigenza artistica e una passione diverse.
Assolutamente si. Ancora per quanto ci abbia riflettuto non so darne una spiegazione. E forse non ce n’è bisogno. Dopo anni di scrittura fatta di attenta lettura e confronto intellettuale, di riflessione e organizzazione delle raccolte, di labor limae attento e successivo alla prima stesura, mi sono ritrovato, dopo una non breve parentesi di blocco dello scrittore, a rincominciare a scrivere gettando sul foglio bianco queste parole, frasi, versi, venute da chissà dove, con impeto e senza nessun tipo di rimaneggiamento successivo, un nuovo tipo di accoglienza, anche naive per certi versi. Ho iniziato ad accettare la scrittura come un fenomeno naturale, che nasce, cresce e può anche morire, che basta a se stesso, dove lo scrittore non è che un accidente rispetto all’atto dello scrivere, spontaneo e essenziale.
La tua Poesia è stata “al servizio” anche di temi sociali importanti come la violenza sulle donne. È giusto dire che la Poesia è indissolubilmente legata a un’urgenza sociale?
Credo sia giusto dirlo se con urgenza sociale, intendiamo anche l’esercizio del disimpegno o della libertà espressiva. Ho scritto poesie che poi con molto piacere sono state lette e interpretate a favore appunto della sensibilizzazione contro la violenza sulle donne e più in generale contro ogni forma di violenza. Questo non per il contenuto della poesia direttamente, ma perché la cultura in se stessa ti pone sul piano di osservare le tue emozioni, i tuoi pensieri, anche da prospettive desuete o con lenti di ingrandimento diverse, quindi permette di razionalizzare e sensibilizzarsi rispetto a ciò che accade nella società, che a volte ha meccanismi che promuovono invece violenza e cecità. Quando scrissi la raccolta “L’oltre quotidiano – liriche d’amore” edita da Carmignani editrice, dedicata alla donna e al principio femminile che sta in ognuno di noi, non volevo trattare temi sociali o sensibilizzare direttamente su questo o quest’altro fenomeno sociale, ma far parlare questo archetipo che appartiene anche a me e fargli parlare la sua lingua, quella dell’amore in tutte le declinazioni possibili, in tutta la sua ricchezza emotiva, anche attraverso la sua luce e le sue oscurità. In questo apparente disimpegno lirico sta invece il mio impegno sociale, perché dare voce liberamente alle emozioni inascoltate o silenziate apre la possibilità di rendere più comunicativa e aperta la società, forse più amorevole l’incontro con l’altro, speriamo meno diffusa la violenza, fisica o psicologica, come forma di relazione.
Nella tua carriera hai già vinto numerosi premi. Quando sali sul palco è più forte l’emozione di aver vinto o quella di aver portato la Poesia su un podio, anche a livello metaforico.
Sono una persona molto emotiva, insicuro su molte cose, anche se cerco o mi tocca nasconderlo perché introverso. Quando mi è capitato di ricevere un riconoscimento o partecipare a un evento culturale, dove la mia poesia era al centro dell’attenzione, ero così attraversato da forti emozioni che non riuscivo sempre bene a capire cosa mi stesse accadendo, a chi, per cosa e come. Ero sicuramente felice di essere riuscito a emozionare persone competenti, accomunate dallo stesso amore per la bellezza e l’umanità. Era una conferma poi sapere che la poesia, oltre al premio principale e più importante per chi la ama che è quello di scriverne, mi aveva aperto altre possibilità di incontro, amicizia e confronto.
Legato a questo, che idea hai della Poesia ai giorni nostri e del suo ruolo? Perché ancora, secondo te, a parte rari casi editoriali, non si reputa la poesia come una forma artistica moderna? In fondo, certi testi musicali o anche certi generi, come il rap, non si possono in qualche modo paragonare alla poesia?
La poesia è cresciuta con me, come uno specchio o un’ombra legata alla mia interiorità. Scrivere per me è stato una forma di terapia rispetto alle mie fragilità, o anche un modo di dialogare con le parti più profonde e imperscrutabili del mio animo, anche una compagnia nei momenti di solitudine, una velleità intellettuale, una passione onnipresente anche nella sua assenza, un qualcuno che sta con te nella vita di tutti i giorni, una folgorazione nel buio, una sconfitta che si fa luce. Adesso anche quando non scrivo in qualche modo la poesia fa parte della mia esistenza, dei miei pensieri e delle mie emozioni. Anche non scrivessi neanche più un verso, la poesia ha assunto un peso abissale nel mio vivere, c’è anche se non scrivo. Così credo anche nella società, se la poesia morisse se ne avvertirebbe il suo spettro ancora per secoli, o il suo corpo divino in una specie di sonno di Odino o perché no nel sepolcro della storia, in attesa della sua Resurrezione. Forse è quello che è già accaduto nel Novecento, chissà. Forse è quello che accade nell’interpretare certi generi musicali come forme moderne di poesia, non saprei sono solamente ipotesi. Ho più dubbi che certezze. Ho più la curiosità di viaggiare, che coordinate per sapere dove sto andando. Ma se la poesia sta alla base della nascita e della costituzione di molte civiltà come credo, il suo senso sovrasta di gran lunga il concetto di ruolo o forma artistica o mezzo di comunicazione. Ciò non toglie che in questo cammino contemporaneo, che procede anche alla luce di una sua assenza o problematica presenza, si possa cercare la poesia anche dove non c’è più, sperimentarla dove non ci sarà mai, essere curiosi, osare e trovarla dove non ci si sarebbe mai aspettati potesse rinascere. Quindi aprirsi al respiro universale della poesia è sempre una necessità.
Come “ambasciatore” di Poesia, che cosa vorresti poter fare di più di quello che fai?
Grazie per avermi definito ambasciatore di poesia, nel mio piccolo cerco solo di dare testimonianza di questo mio interesse e amore. Per adesso sto scrivendo più che altro articoli per Teatrionline, la rivista per cui collaboro da tempo, sto pubblicando online interventi o miei scritti con altre riviste o blog di informazione culturale e sto cercando di pubblicare due mie nuove raccolte, finite di scrivere nel 2019. Non ho più scritto una poesia da quando purtroppo il mondo è attanagliato dalla pandemia. Ovviamente questo momento drammatico che tutti stiamo vivendo ha cambiato molte cose, dentro e fuori tutti noi. Di più vorrei semplicemente tornare a una sorta di parvenza di normalità e poter rivedere i miei amici poeti per leggere una poesia insieme o fare semplicemente due passi spensierati, essere di nuovo in contatto, vicini nella poesia ma non solo, umanamente.
Indire una giornata mondiale della Poesia secondo te è utile per dare il giusto valore a questo genere?
Certamente è utile, divertente, creativo, ma non sufficiente. C’è da dire che a volte queste giornate mondiali danno l’impressione siano fatte con lo spirito della rimembranza di cose o attività o valori in via di estinzione. Però questa è solo una cinica impressione, che non deve demotivare, anzi spingere a fare di più. Ci possono essere molte iniziative educative, culturali e sociali per promuovere la poesia. Anche se la poesia si muove nel mistero dell’accadere, non nella pianificazione o nella promozione ciclica, quindi ha una vita propria, fatta anche di periodi di decadenza, non per una breve stagione. Detto questo ho una fiducia incondizionata nella poesia e nel suo intrinseco valore che si muove nella differenza e non nel consenso maggioritario, quindi anche se il mondo non indicesse giornate, se non commemorative, in suo onore, se anche il mondo della cultura remasse contro la sua divulgazione in modo lungimirante, se anche le persone non ne avvertissero più la sua fondamentale importanza e se fosse come una lingua intraducibile per il sentire contemporaneo più materialista, ho fiducia che la poesia saprebbe comunque trovare chi, con dedizione e ardore, possa custodirla per futuri rinnovamenti e disvelamenti. Fiumi carsici e sotterranei che si fanno strada nelle viscere della terra verso l’aria aperta. Per fortuna non è questo il caso, c’è comunque fermento attorno alla poesia.
Sei tra i firmatari del manifesto del Metateismo, ci spieghi che cos’è?
Quando nel 2010 ho iniziato a non voler scrivere più solo per me stesso, ma a tentare la strada della pubblicazione e della condivisione delle mie poesie, fino ad allora tenute gelosamente nel mio cassetto, ho avuto modo di girare un po’ per l’Italia, partecipare a momenti culturali, incontrare artisti, poeti, scrittori, insomma persone amanti della creatività in genere, e con queste ho avuto la fortuna di poter collaborare spesso a iniziative, in cui in quel momento trovavo interesse e somiglianza nel mio percorso personale, o anche il dono di trovarvi amicizia. Tutti questi momenti sono passi nel cammino della creatività, esperienze di confronto per arricchirsi, modi per la propria unicità di dialogare con altre visioni umane e artistiche, punti di slancio verso nuovi orizzonti poetici, momenti di svago. Ogni momento nel viaggio è una parte della meta. Così anche nel caso del movimento di avanguardia del Metateismo per un Nuovo Rinascimento e per la riscoperta del sacro, fondato dall’artista Davide Foschi, è stato così.
Qual è il tuo legame con l’Arte?
Sono per natura negato nel disegno o nella scultura o altro che possa richiedere una certa manualità, quindi l’arte rimane una fascinazione, un interesse, un passatempo, una possibile fonte di ispirazione o riflessione. Mi piace andare al cinema, ai musei, viaggiare per vedere siti archeologici o le bellezze naturali, che sono anch’esse forme di arte. Ammiro profondamente chi invece ha questi talenti. Anche per questo le mie poesie hanno una forte componente visiva e una simbologia che molto spesso proviene, non solo dall’interiorità e dai sentimenti, ma dai paesaggi e dagli elementi naturali. I due mondi si compenetrano e arricchiscono a vicenda. Inoltre nelle mie precedenti raccolte ho scritto trasposizioni letterarie in poesia di opere d’arte pittoriche e anche suggestioni provenienti da film. Tutto il mondo della creatività è interconnesso idealmente e non c’è niente di slegato o che non parli, apertamente o meno, con altri mondi artistici.
Ci lasci la tua poesia preferita tratta dal tuo repertorio?
A dire il vero non ne ho una preferita, ma ultimamente sognavo di tornare in riva al mare, però non potendolo fare mi sono accontentato di rileggere questa mia poesia, scritta anni fa dopo una giornata invernale trascorsa in una spiaggia libera della Versilia, inserita nella raccolta “di grazia cronica – elegie sul tempo” edita da Carmignani editrice, dedicata alla temporalità e al principio maschile come suo simbolo.
Questo mare
Questo mare non tace, nonostante le sue frasi di scogli sepolti,
né si denuda, nell’andirivieni continuo di lembi fuggiti all’abisso.
Questo mare, tramortito e schivo di pace, sgranchisce le sue rovine
nell’oro di un cielo che, diroccandosi, costringe onde in cicatrici.
Non sembra che un cimitero infedele alle sue fatue maree, questo
battesimo di corpi in fuga, rapito da amanti in adorazione di sé.
Forse è proprio là, dove la nausea del ricordo s’infrange nella scia
dei miei pallidi sorrisi, che la solitudine scroscia, si serra smarrita.