“I cantanti cantavano “da casa” anche in tempi non sospetti! Ad esempio, Sergio Cammariere fa da sempre dei video sui social in cui suona il piano insieme al suo mitico gatto Pippo (consigliatissimi!). Altri si stanno cimentando in questi giorni. Ho letto molto sull’argomento, se sia opportuno o meno. Ci sono famiglie distrutte, e non tutti hanno voglia di sentir cantare. Qualcuno è polemico su queste forme di “promozione”. Personalmente lo trovo consolatorio: la musica per me è un’ancora di salvezza, è sempre stato così, va bene sia che io abbia voglia di piangere o di ridere”.
Oggi “incontriamo” Caterina Samero, nello staff di uno dei più importanti e qualificati uffici stampa nazionali, con sede a Roma, che si occupa, da anni, di grandi musicisti e artisti dello spettacolo. Un mondo a cui, per primo, con l’arrivo dell’emergenza coronavirus, si è chiesto di “spegnere” i motori. Ecco che cosa ci racconta Caterina.
Buongiorno Caterina e grazie per questa intervista. Il settore spettacolo è stato il primo a cui è stato chiesto di fare dei “sacrifici”. Ci racconti i primi giorni in cui siete venuti a conoscenza dei primi concerti saltati ecc. Come cercavate di organizzarvi?
“Buongiorno a tutti!
Parlo per me, ma nei primi momenti non capivo la portata di quello che stava succedendo. Avevamo diversi tour in partenza (ora tutti rinviati) e c’è voluto qualche giorno prima che le varie agenzie di booking decidessero il da farsi. Quasi tutte le primissime comunicazioni sono passate per i social degli artisti, che sono un mezzo veloce ed efficace per raggiungere la maggior parte del pubblico. Alla fine, con discreto ottimismo ripensandoci adesso, si è cercato di riprogrammare le date facendo ripartire i live dopo il 3 aprile. Impresa non facile, perché bisogna incrociare calendari, disponibilità delle venue, tentare di non sovrapporsi ad altri eventi”.
Avete già fatto delle ipotesi circa quello che potrebbe accadere nel comparto musica?
“È davvero difficile fare delle previsioni. Le perdite sono enormi, e io non sono certa che anche una volta tornati alla “normalità” i concerti torneranno a essere pieni. Quanto ci metteremo per ritrovare la fiducia? Mi domando se sarà facile ritrovarsi in un posto chiuso e circondati di tante persone. Ora c’è molta voglia di comunità, desiderio di abbracciarsi, ma vedremo se riusciremo tanto in fretta ad abbattere la barriera psicologica del metro di sicurezza”.
I cantanti che seguite come stanno reagendo alla situazione, sono tra quelli che cantano da casa?
“C’è chi lo faceva anche in tempi non sospetti! Ad esempio, Sergio Cammariere fa da sempre dei video sui social in cui suona il piano insieme al suo mitico gatto Pippo (consigliatissimi!). Altri si stanno cimentando in questi giorni. Ho letto molto sull’argomento, se sia opportuno o meno. Ci sono famiglie distrutte, e non tutti hanno voglia di sentir cantare. Qualcuno è polemico su queste forme di “promozione”.
“Personalmente lo trovo consolatorio: la musica per me è un’ancora di salvezza, è sempre stato così, va bene sia che io abbia voglia di piangere o di ridere. Insomma, nei momenti in cui niente sembra andare per il verso giusto, c’è bisogno di qualcuno o qualcosa che ci ricordi che ci sono molte cose belle, per cui vale la pena lottare e vivere. E poi, da grande consumatrice di cultura, trovo che ci siano tantissime iniziative interessanti. Dai personaggi televisivi che cercano di intrattenere, divertire, riempire questo silenzio assordante, ai musicisti che offrono il loro talento suonando, facendo lezioni (nel mentre, con incredibile tempismo, Spotify in sottofondo passa “Una musica può fare” di Max Gazzé che canta “Salvarti sull’orlo del precipizio, quello che la musica può fare…”), musei all’altro capo del mondo da visitare virtualmente, libri da leggere”.
E’ difficile pensare a Roma, alla capitale, deserta. Che effetto fa?
“Non te lo so dire…Cerco di limitare tutti gli spostamenti, quindi non ho la percezione “globale” di quello che succede in città. Quello che posso dire è che nel mio quartiere, normalmente molto trafficato sin dalle prime ore della mattina, sono spariti ingorghi, clacson…Si sente ogni tanto passare qualche auto, ma anche il canto degli uccellini. Fanno molto rumore invece, in questo silenzio, le sirene delle ambulanze. È un suono a cui generalmente siamo assuefatti, ora fanno un effetto decisamente diverso”.
Hai assistito a scene particolari?
“Ogni scena mi sembra surreale: la gente in fila con le mascherine fuori dalla farmacia, le code al supermercato o quelle al panificio…Cose che normalmente diamo per scontate, una cosa facile, banale, come comprare un pezzo di pane, ora sembra tutto difficile.
E poi ci sono i balconi: qui intorno sono tutti abbastanza timidi, cantano poco, ma si affacciano. E allora vedi un cenno di saluto, un sorriso titubante, ti rendi conto di quante persone sole ci sono, e quanto tutti abbiamo bisogno di trovare conforto negli occhi degli altri”.
Tu stai lavorando da casa, in smart work, termine che ormai conoscono tutti. Come ti organizzi la giornata?
“Sono fortunata perché, nella maggior parte dei casi, per fare bene il mio lavoro bastano un pc e un telefono. Il mio compagno invece va in ufficio ogni giorno. Dal canto mio, cerco di mantenere un po’ di normalità, per quanto possibile. Sveglia, colazione, spalancare le finestre, rifare il letto. Rifare il letto soprattutto. Una volta ho visto una cosa che mi è sempre rimasta impressa: non ricordo bene, credo fosse una serie tv, in cui il protagonista aveva subito qualcosa di assolutamente traumatico, e rifare il letto era un modo per iniziare la giornata. Un inizio, ogni giorno. Anche metaforicamente, un rimettersi in piedi”.
“Poi mi metto a lavorare (rassegna, comunicati, interviste), cerco di sperimentare qualche ricetta (in genere è Enrico, il mio compagno, che cucina, io mangio), leggo, ascolto musica, faccio una piccola passeggiata con il cane. Confesso che i primi giorni ho vissuto un po’ in trance: hai presente quando pensi “appena ho tempo voglio fare questa cosa”? Ecco, mi ci è voluto un po’ per riuscirci. Come gli atleti che dopo una corsa devono rallentare prima di fermarsi. Comunque, visto che mi mancano molto le mie lunghe camminate, ho cercato un diversivo. Faccio un po’ di fitness con i video disponibili su YouTube o Instagram, staserà proverò la mia prima lezione di yoga online”.
“Per il resto, cerco di rimanere in contatto con gli amici e i parenti, con telefonate, messaggi, videochiamate…E mi rendo conto di quanto mi mancano”.

Quanti “reclusi” siete in casa, e che fate?
“Dunque, in famiglia qui a Roma, siamo io ed Enrico, insieme alla cagnolina Emy e alla gatta Carambola. Come dicevo prima, la routine a casa non è molto cambiata, ma di certo le nostre pelosette sono le più contente perché passano molto più tempo in nostra compagnia e si beccano tutte le coccole e gli abbracci che normalmente vengono distribuiti anche con il resto dell’umanità.
Poi c’è la mia famiglia di origine (e quella acquisita da Enrico): questo è il tasto più doloroso per me, mi mancano immensamente. Ci teniamo stretti virtualmente con una pioggia di messaggi e videochiamate”.
Hai voglia di lasciare un messaggio a chi ci legge?
“Ho appena visto un video postato da Simone Cristicchi che racconta una favola africana. Nel post ha scritto un proverbio Tuareg che mi pare molto saggio e perfetto in questo momento, lo condivido con voi: “Se dobbiamo allontanare le tende, avviciniamo i cuori.”