Pietrasanta è città d’arte, d’artisti e di straordinari artigiani che lavorano con passione e dedizione il marmo, il mosaico e il bronzo come Nicola Agolini.
Nicola è un bronzista che fin da piccolo ha avuto modo di frequentare una delle fonderie più rinomate in tutto il mondo di cui oggi è uno dei proprietari: la Fonderia artistica Mariani.

L’azienda ha avviato l’attività nel 1952 e da allora ha contribuito a rendere questo mondo un po’ più bello realizzando con la tecnica della fusione a cera persa opere di artisti del calibro di Mitoraj, Botero, Arnaldo Pomodoro, Pietro Cascella, Ivan Theimer e tanti altri ancora.
Entrare nel laboratorio e ritrarsi dinanzi a sculture che poi andranno in giro per il mondo ammetto sia emozionante anche per chi, come me, frequenta abitualmente musei, mostre e laboratori in giro per l’Italia. Un conto è vedere un’opera ultimata esposta e un altro conto è vedere la sua nascita, passo dopo passo.
Tra una lavorazione e l’altra, approfitto per fare a Nicola qualche domanda che possa chiarire curiosità mia e magari di chi sta leggendo.
L’intervista a Nicola Agolini

Nicola, a quanti anni hai cominciato a lavorare in fonderia?
“Più o meno ho cominciato a passare le estati lavorando in fonderia quando avevo dodici o tredici anni, ma ufficialmente sono entrato in organico come operaio nel 1998”.
Hai un aneddoto che ti ricordi legato ai primi anni di lavoro che ti è particolarmente rimasto impresso nella mente?
“All’inizio si trattava di lavoro di manovalanza (pulire, spostare materiali…) poi sono passato alla finitura. Mi ricordo che una volta toccai distrattamente una saldatura che avevo appena fatto e mi bruciai due dita suscitando l’ilarità di tutto il reparto”.
La Fonderia Mariani è senza dubbio una delle più prestigiose e rinomate al mondo. Ha realizzato sculture originali straordinarie ma anche repliche di opere celebri per sostituire gli originali esposti in ambiente esterno come, per esempio, i bronzi della chiesa di Orsanmichele. Che emozione è confrontarsi con i grandi del passato come il Ghiberti o comunque artisti del suo calibro?
“È un po’ come indagare nelle menti che non ci sono più, quasi una forma di archeologia concettuale. Naturalmente non siamo archeologi, ma a volte riusciamo in un certo senso a capire come ragionavano al tempo, a fare ipotesi sul perché usassero certe soluzioni invece di altre. Una soluzione che oggi non si usa più perché troppo complessa o dispendiosa di tempo, magari in quell’ epoca era necessaria, perché la mancanza di tecnologia la rendeva l’unica praticabile”.
In tutti i passaggi che la tecnica della fusione a cera persa richiede, qual è quello che necessita una maggiore attenzione?
“Potrei rispondere tutti, perché ogni parte del processo necessita delle sue particolari attenzioni, non c’è niente che venga automatico, tutto ha bisogno di essere ragionato, anche se si è già fatto 1000 volte. È un po’ la differenza che c’è tra noi e la fonderia in ambito industriale”.
In tempi dove la tecnologia sembra stia fagocitando le capacità umane più che supportarle, in che misura oggi incide nella lavorazione del bronzo?
“Oggi le cose stanno cambiando velocemente. Molti scultori ci portano modelli stampati in 3d o ci spediscono file che dobbiamo stampare per ottenere il modello. In 5000 anni di storia della fonderia le tecnologie sono sempre cambiate, non è una novità, confido nel fatto che ci adatteremo anche a questi cambiamenti”.
Quando termini un’opera alla quale hai lavorato con dedizione e per un periodo abbastanza lungo, in stretto rapporto con un artista, non ti dispiace lasciarla andare e magari non vederla più?
“Certo, un po’ dispiace; ma fa anche piacere andare in giro per il mondo e trovare per combinazione qualche cosa che hai contribuito a creare o, come a volte accade, vedere le sculture che sono uscite dalla fonderia in film, filmati o serie TV dove sono state riprese per caso”.
Ci sono artisti con i quali hai collaborato che più di altri ti hanno affascinato?
“Non potrei fare una classifica. Certo Botero, Mitoraj e Vangi sono stati tre dei maestri che mi hanno sorpreso di più. In loro si percepiva chiaramente qualche cosa di non comune, che riuscivano ad esprimere nella scultura facendolo percepire anche a quelli che, come me, non sono per niente esperti di arte”.
Invece c’è un artista con il quale vorresti lavorare ma ancora non hai avuto modo di farlo?
“Ci sono moltissimi artisti interessanti nel panorama attuale. Se ancora non sono venuti da noi, spero di vederli presto”.
Che cos’è straordinario nel tuo ordinario?
“L’ ordinario di ognuno è straordinario per gli altri; tutti viviamo vite straordinarie senza rendercene conto. Lavorare nel campo dell’arte aumenta la possibilità di incontrare personaggi non comuni, perché l’arte è straordinaria di per sé”.