Victor Papanek, il pionere del social design

Non c’è dubbio: la palma di primo designer etico, decisamente in anticipo sui tempi, va assegnata a lui. Victor Papanek, nato nel 1923 in Austria ed espatriato negli Stati Uniti nel 1939 a causa delle persecuzioni naziste, rimane una delle figure chiave per lo sviluppo di un design socialmente ed ecologicamente orientato, attento alla sostenibilità, alla giustizia sociale, all’inclusione e alle esigenze reali delle persone. Non a caso il suo testo fondamentale – uscito nel 1971 e ancora oggi il libro più letto mai pubblicato sul design – si intitola proprio “Design for the Real World”.

Dopo aver intrapreso la carriera di designer industriale, negli anni ’60 Papanek sviluppò una critica al consumismo che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo, una decisa presa di posizione che si ritrova anche nei suoi progetti, spesso sviluppati insieme ai suoi studenti o collaboratori. Tra questi spiccano il “Fingermajig”, un singolare oggetto progettato per stimolare il senso del tatto (1965 -1970), e la serie “Living Cubes” (1973), mobili assemblati dagli utilizzatori, modificabili e adattabili in base alle differenti necessità. Un concetto che ora ci appare del tutto familiare, ma che negli anni ’70 rivoluzionò il modo di intendere lo spazio domestico, aprendo nuove, inusuali prospettive.

 

 

Il vero impatto di Papanek sulla società si trova però nella sua instancabile attività di autore e di attivista, anticipatore di una rinnovata – e sempre più critica – concezione del design. Le sue conferenze nelle università di tutto il mondo hanno ispirato generazioni di studenti e promosso un dibattito sociale più ampio sul design. Accanto al suo “Design for the Real World”, tradotto in oltre venti lingue, ha pubblicato testi di riferimento come “How Things Do Not Work” (1977) o “Design for Human Scale” (1983).

Per ricordare e far conoscere al pubblico questa importante figura, il Vitra Design Museum di Weil am Rhein, vicino a Basilea, presenta (dal 29 settembre 2018 al 10 marzo 2019) “The Politics of Design”, la più grande retrospettiva dedicata al lavoro e all’influenza di Papanek e del design critico e sociale.

 

 

Disegni, oggetti, mobili, film, stampe, manoscritti, molti dei quali inediti, saranno accostati ad opere di suoi studenti e collaboratori, come la designer danese Susanne Koefoed, e di influenti teorici e autori, attivi negli scorsi decenni (tra cui George Nelson, Richard Buckminster Fuller, Marshall McLuhan, o l’iniziativa di design radicale “Global Tools”), oppure a noi più vicini (come Catherine Sarah Young, Forensic Architecture, Jim Chuchu, Tomás Saraceno, Gabriel Ann Maher o il collettivo brasiliano Flui Coletivo e Questto|No)  per documentare e confermare l’impatto del suo pensiero sulla società e sul design contemporanei. Cambiano le risposte, si evolvono i bisogni e le situazioni, ma le domande poste da uno dei più grandi pensatori della nostra epoca restano valide e senza tempo. Attuali come l’obiettivo che il design, universalmente, si pone: rendere il mondo migliore, per tutti.

 

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