Milano, 2 marzo 2019. La nostra cronaca – ordinaria – di una giornata straordinaria.
Sono da poco passate le due di un sabato pomeriggio.
Un sabato italiano, ma certamente non un sabato qualunque.
A Milano, tra corso Buenos Aires, Porta Venezia e Palestro una folla si sta raccogliendo, rispondendo all’appello di “People – Prima le persone”: lanciato in autunno da alcune associazioni (Insieme Senza Muri, Anpi, Acli, Sentinelli, Mamme per la pelle e Action Aid) e rivolto a tutte e tutti, è un grido di speranza per un mondo che metta al centro le persone, contro ogni tipo di discriminazione, contro le disuguaglianze, lo sfruttamento, la precarietà, per una democrazia reale, fondata sull’affermazione dei diritti umani, sociali e civili.
Una grande mobilitazione nazionale, sostenuta da diverse associazioni e realtà attive non solo a Milano e in Lombardia, ma su tutto il territorio nazionale, che si sono unite ai promotori: si va, per citarne solo qualcuna, da ActionAid ad Amnesty International Italia, da Amref e Casa della Carità all’Arci e ai sindacati, dalla Comunità di Sant’Egidio a Libera, Emergency, Medici senza frontiere, Terres des Hommes e molte altre.
L’afflusso delle persone è talmente continuo ed imponente che il corteo resta fermo a lungo prima di riuscire a muoversi verso il centro di Milano. Quando le prime stime sull’affluenza – “siamo almeno in 200.000” – cominciano a circolare, nessuno si stupisce di un numero così importante: la portata dell’adesione è sotto gli occhi di tutti. Un applauso parte spontaneo tra quanti si affollano ai lati del corteo, in attesa di riuscire ad unirsi a quanti già si stanno muovendo.
Mescolati alla folla ci sono rappresentanti delle istituzioni e delle tante comunità cittadine, ci sono i sindaci che hanno aderito alla manifestazione (ben 700 i Comuni aderenti, almeno una ventina sono in corteo con il loro gonfalone) accanto ad attivisti, volontari, volti noti. Ci sono gli assessori milanesi, c’è il sindaco, Beppe Sala, che nei giorni scorsi ha invitato i cittadini a partecipare “ognuno per i suoi motivi, contro la discriminazione. Io ci sarò”, ha dichiarato, “perché voglio manifestare la mia convinzione e la mia volontà di essere contro ogni discriminazione: di genere, colore della pelle, razza, orientamento sessuale, stato, condizioni sociali, di salute.”
Ma soprattutto ci sono le persone: cittadini, ragazzi, donne e uomini di ogni età e tipo, persone comuni, tante, anzi tantissime, che sono arrivate da sole, in coppia, in famiglie, in piccoli gruppetti di amici, mosse dal desiderio di un mondo migliore, un mondo inclusivo e libero da ogni tipo di discriminazione. È proprio questo l’elemento che le accomuna: un desiderio trasversale di pace, di uguaglianza, di progresso civile.
Il serpentone inizia a snodarsi, molto lentamente per l’affluenza che continua ad aumentare, tra le vie della città, riempiendole in ogni angolo. Il corteo è punteggiato dalle bandiere – tantissimi i tricolori, accanto a stendardi colorati di associazioni di ogni tipo –, da striscioni che riportano gli articoli fondamentali della nostra Costituzione, da cartelli fatti in casa, con frasi che richiamano al tema della manifestazione, con citazioni o con battute ironiche che strappano un sorriso mentre invitano alla riflessione. Si passa davanti a Palazzo Marino – dove alla fine del corteo comparirà un’opera di Arte Resistente, una distesa di mani in cartone che sembrano emergere dal sagrato, monito di quanto accade nel Mediterraneo – e davanti alla Scala, per convogliare verso piazza Duomo, attraversando via Manzoni e la Galleria Vittorio Emanuele, sfilando tra turisti incuriositi che commentano e chiedono notizie.
La piazza offre un colpo d’occhio impressionante: una distesa di persone talmente fitta che sembra impossibile possano entrarcene altre. Ma molte altre sono in arrivo, poiché la fine del corteo appare lontana: dall’angolo di via Manzoni ancora non si riesce a vedere la grande bandiera della pace, agitata da molte braccia – che a questo punto della giornata l’hanno sostenuta per quasi sei ore – e che conclude simbolicamente la manifestazione.
Il buio è ormai calato. Saranno passate le sette di sera quando finalmente si vedranno arrivare i colori della bandiera della pace, portati con un ultimo, rapido sprint sul sagrato davanti al Duomo. Sarà la stanchezza e l’entusiasmo della giornata ma a qualcuno sembra persino che anche la Madonnina stia sorridendo tra le guglie alle centinaia di migliaia di persone – alla fine il dato ufficiale supera le 250.000 presenze – che sono giunte, insieme, fino a qui.
La giornata si conclude senza discorsi ufficiali, lasciando parlare la musica, mentre piazza Duomo risuona delle note di “People have the power”.
Per ricordare che ciascuno di noi è – prima di tutto – una persona.
“Siamo convinti che la diversità sia un valore e una ricchezza culturale. Pensiamo che le differenze – legate al genere, all’etnia, alla condizione sociale, alla religione, all’orientamento sessuale, alla nazione di provenienza e persino alla salute – non debbano mai diventare un’occasione per creare nuove persone da segregare, nemici da perseguire e ghettizzare o individui da emarginare.
Noi vogliamo un Paese del quale tornare a essere orgogliosi, senza dimenticare mai le grandi sfide di chi l’aveva immaginato diverso da come è oggi.” (dall’appello di People – Prima le persone)