Quando nasce un bambino, nasce anche una mamma: tutto è nuovo, diverso, a tratti pesante, la vita assume ritmi e sensazioni che stravolgono la routine della coppia. Ogni bambino è speciale ma alcuni lo sono ancora di più e quando viene alla luce un «bambino speciale» ha bisogno di una «mamma speciale» al suo fianco, una mamma che dietro ai sorrisi conosce la fatica di creare una mondo normale per il proprio bambino.
Noi dell’Ordinario abbiamo incontrato una di queste mamme speciali, la spezzina Gianna Legato operatrice educativa in pensione e mamma di Karen.
Nella puntata di Puzzle Straordinario l’abbiamo incontrata in diretta – per chi non avesse visto la puntata questo è il link https://www.youtube.com/watch?v=Kc2ojGOW1N8

Ora vi invitiamo a leggere l’intervista completa:
Gianna benvenuta, raccontaci qualcosa di te e di tua figlia Karen
“Sono la mamma di Karen, una ragazza di 29 anni, disabile intellettiva, con difficoltà adattive che si evidenziano soprattutto negli ambiti sociali e pratici. Ha difficoltà a verbalizzare il suo pensiero, capisce tutto ma non riesce ad esternarlo tramite un linguaggio adeguato. Ama la vita in tutte le sue espressioni, è allegra, curiosa, attiva, ha moltissimi interessi e possiede una grande capacità di comunicazione non verbale, è empatica. Ha una forte autodeterminazione, sa ciò che vuole, ma deve essere guidata e aiutata ad esprimerlo, ha bisogno di essere sostenuta e protetta. Se lasciata sola è indifesa, non possiede i mezzi per poter affrontare situazioni nuove o difficili, è la mia dolce eterna bambina che ha bisogno di presenza, ascolto, attenzioni e affetto. E’ una creatura meravigliosa che ha bisogno di «cura»: per tanto tempo io e lei eravamo indivisibili, sempre insieme, infatti chi mi ha conosciuto in quel periodo, se pensa a me, mi vede accoppiata a Karen. E così era per il suo papà, quando non c’ero io, c’era lui e viceversa”.
“Per aiutarla nel vivere il mondo senza di noi, abbiamo cercato di creare intorno a lei una catena di amore fatta di amici e parenti che potessero rappresentare dei punti di riferimento forti. Ad oggi, Karen, oltre che con noi, si sente sicura con molte persone speciali che abbiamo avuto la fortuna di incontrare. E’ come tutti i figli, faticosi, impegnativi, bellissimi ma difficilissimi, mettono in discussione tutte le nostre convinzioni, le sicurezze, ci tengono continuamente sul filo in un alternarsi di gioie e dolori, anche se con tutto questo ci completano e ci arricchiscono. Lei è tutto questo elevato all’ennesima potenza”.
“La sua nascita mi ha travolto, mandandomi in crisi, sono stata sopraffatta da un turbine di sensazioni ed emozioni fortissime: dolore, frustrazione, rabbia, dubbi, sensazione di inadeguatezza e soprattutto paura, paura di non essere all’altezza della situazione, paura del futuro. In questo difficile periodo della mia vita, mi è capitato di seguire l’intervista al padre di una bambina con disabilità molto grave che viveva solo se attaccata ad una macchina. L’intervista si svolgeva nella cameretta che il padre aveva attrezzato con strumentazione idonea e reso funzionale e, nello stesso tempo, era riuscito a creare un ambiente accogliente, luminoso, bellissimo, curato nei minimi particolari. Alla domanda del giornalista che chiedeva: Che cosa si aspetta dal futuro? – Lui con una forza e serenità incredibile rispondeva: “Nulla. Vivo momento per momento cercando di renderle la vita al meglio, proteggendola e cercando di farla stare bene, serena , trasmettendole tutto il mio amore”. Bene, questo mi scosse dallo stato di torpore e in cui ero caduta, capii che cosa era veramente importante: amare quella figlia per quello che era ed accettare lei e me stessa me con tutti i nostri i limiti, esserci, concentrarmi su ora e adesso e sul farla stare bene, serena, accompagnarla nella vita con gioia e amore. In quel preciso momento il papà di Karen mi donò un piccolo scritto che riassumeva come lui stava vivendo l’esperienza con nostra figlia:
Un vagito
l’orgoglio del miracolo
la tua nascita
tra le mie mani.
Tutto inizia,
sei tu dolce creatura
forte e debole
eterna bambina
e cuore di adulto
sguardo fermo
e ballerino.
Racchiudi in te
tutto ciò che ognuno
dovrebbe sapere:
occorre sprofondare
nell’istante della vita,
qui e ora per renderci conto
che non ci sono
figli perfetti e
figli imperfetti.
C’è solo Karen.
Queste parole mi hanno ulteriormente rafforzata, questa esperienza dolorosa mi ha arricchito, ho capito meglio gli altri, accolgo senza aspettarmi nulla, ho accettato le diversità, anche quelle che ci toccano personalmente e profondamente. Ogni volta che la paura torna a fare capolino, ripenso a quel padre e cerco di concentrarmi sul momento e sulla mia ragazza”.
Gianna, da quando è stata dichiarata la quarantena tutti i servizi alla persona sono stati interrotti, cosa ha significato per la vostra famiglia. Come avete cercato di organizzarvi.
“Karen ha una vita piena di interessi e di attività che svolge accompagnata da persone scelte da lei che le insegnano, la conducono, l’accompagnano, condividendo esperienze creative e ricreative in un progetto di vita. Quando è stata dichiarata la quarantena è subentrato il timore che tutto questo si fermasse, dopo un momento di disorientamento ci siamo subito attivati per mantenere un filo di collegamento con tutte le persone care a Karen, siano esse educatrici, insegnanti, amici, parenti.
Con loro abbiamo attivato una linea diretta di comunicazione tramite video chiamate, invio di filmati, piattaforme web che ci hanno permesso di incontrarci, condividere le nostre “esperienze ai tempi del Corona virus”, cantare, ballare, suonare, ridere e sorridere insieme. Karen ha partecipato a lezioni di ballo, di maglia e di cucina sperimentando poi le ricette e scambiandole con tutti i suoi contatti. Abbiamo insomma riempito le giornate, imparando tante cose nuove, partendo dai suoi interessi, dalle sue richieste che man mano che passava il tempo diventavano sempre più chiare e numerose. Abbiamo cercato di farle vivere questo momento critico nel modo migliore, senza trasmetterle ansia e soprattutto le nostre paure.
Le nostre giornate sono scandite dal giocare insieme e dalla condivisione: al mattino cuciniamo, svolgiamo insieme, al ritmo della musica, le faccende domestiche, il pomeriggio ci mettiamo in contatto con il mondo e ci divertiamo a diventare ballerine, cantanti, musiciste su un palco virtuale. La comunicazione telematica è stata una bella scoperta per Karen, ha imparato a gestirla ed apprezzarla. Si dice: bisogna fare di necessità virtù e così è stato, ho dovuto fermarmi e così mi sono concentrata ancor più su Karen, non ero più distratta da nulla, ho cercato di rendere un momento difficile in un’opportunità per mia figlia ma soprattutto per me.
In una situazione come la vostra, la paura, la doppia paura di ammalarsi e paura che Karen fosse costretta a rimanere sola in una situazione ospedaliera, visti i divieti per i congiunti a recarsi negli ospedali o sola in casa nel caso del vostro ricovero. Quanto ha pesato questa paura?
“Ed ecco la paura riapparire più forte che mai all’inizio dell’emergenza Corona Virus; avanti agli occhi immagini atroci: lettighe che sembrano sarcofagi, medici e infermieri che assomigliano ad astronauti, nel migliore delle ipotesi, persone strappate dalle proprie case senza che nessuno potesse accompagnarle e tenere loro la mano, persone intubate, persone isolate nelle loro case dopo che i congiunti sono stati ricoverati ecc. La realtà difficile e inumana per tutti diventa un incubo, una situazione impossibile per persone fragili come Karen.. Dunque, doppia paura di contrarre il virus: in caso di ricovero di noi genitori e a quel punto Karen rimarrebbe sola in casa e non sopravviverebbe per la paura e per l’impossibilità a gestirsi. Oppure, ancora peggio, se si ammalasse lei e a quel punto verrebbe strappata da noi, portata in una camera attorniata da persone bardate che sembrano robot, morirebbe prima che il virus potesse fare la sua parte. Anche questa volta quando la paura mi ha stretto il cuore, ho ripensato a quel papà e mi sono concentrata sul renderla serena e distoglierla dalle mancanze che la pandemia ci ha portato. Innanzitutto ci siamo attivati per proteggerla al meglio, dopo di che abbiamo messo in campo tutte le nostre potenzialità e le sue, vivendo la nostra casa appieno, con gioia, allegria, sperimentando situazioni nuove, avvalendoci di strumenti e programmi da lei poco conosciuti, progettando il futuro “dopo Corona Virus”. Tutto questo le ha trasmesso una carica positiva che le ha permesso di diventare ancor più propositiva ed attiva”.
Che messaggio vorresti lanciare a chi ha il potere di prendere decisioni che coinvolgono la vita quotidiana di questi ragazzi affetti da disabilità?
“Durante questo periodo di emergenza sanitaria credo non sia opportuno portare le riflessioni e le richieste dei genitori dei ragazzi disabili, alle istituzioni. Occorre superarla e dar modo a tutti di ritornare a una possibile normalità. Risolta la situazione, ci si dovrà attivare per portare a conoscenza questa realtà delicata che coinvolge una delle parti più vulnerabili e deboli della società.
La voce dei disabili e dei loro genitori dovrà essere chiara, incisiva, forte e corale: l’assenza di un percorso di ricovero a misura della persona disabile, è una lacuna del nostro sistema ospedaliero che si è evidenziata in questo momento delicato e necessita di una soluzione. Alcuni genitori hanno incontrato difficoltà tangibili in caso di ricovero in ospedale del figli: l’attesa in un pronto soccorso, il sottoporsi ad un esame invasivo, la degenza in ospedale possono essere devastanti, se abbandonati a loro stessi. La sensazione di essere rinchiusi in una sala con altre persone che soffrono, magari urlano o si lamentano, può risultare intollerabile per un disabile senza avere accanto qualcuno che possa rassicurarlo e tranquillizzarlo, può produrre conseguenze devastanti su un paziente già fragile. Penso che ormai dovremmo avere capito che occorrerà investire nella Sanità, in personale, attrezzature, locali, dispositivi. Dunque in questa riorganizzazione si deve inserire anche la creazione di un percorso di ricovero alternativo per i disabili. Attrezzare delle camere dell’ospedale, in sicurezza, dove i ragazzi come Karen possano essere curati con la presenza di un genitore come fossero dei bambini, che poi è quel che sono: dolci bambini con un cuore di adulto”.