Dopo giorni di duro (ma divertente) lavoro,(vedi qui tutto il reportage https://www.lordinario.it/eventi/a-bova-in-calabria-i-giovani-fanno-rivivere-la-mietitura-della-tradizione-reportage/ ) incontriamo i quattro giovani (f)autori della Mietitura antica riproposta nel Comune di Bova, Calabria, dopo ben 16 anni: Angelo D’Aguì, Giovanni D’Aguì, Giovanni Callea e Natale D’Aguì.
Sono cugini e amici, portano tutti e quattro i nomi dei loro nonni che purtroppo non ci sono più, amano la campagna e hanno avuto la folle idea di coinvolgere le famiglie in un remake della mietitura secondo le antiche tradizioni del posto.
Anche 16 anni fa erano state le loro famiglie a mietere quell’ultima volta. I due Giovanni avevano solo 8 e 6 anni, ma qualcosa di quell’esperienza, gli è rimasta appiccicata sul cuore. Angelo e Natale, invece, la ricordano bene. Ed è proprio per quel ricordo nostalgico e per una grande attenzione alla natura e all’agricoltura biologica e km0 che hanno voluto lanciare un messaggio: “incentivare le nuove generazioni al recupero dei territori di origine, alla tradizione italiana e al diritto di sapere come e dove viene prodotto ciò che mangiamo”. “Anche al recupero dei mulini a pietra, che mancano, sopratutto qui da noi”, aggiungono Angelo e Natale, che da anni portano avanti queste idee anche attraverso il loro lavoro di guide escursionistiche per Naturaliter, cooperativa che si occupa di trekking e ospitalità mediterranea. (Qui potete trovare più informazioni https://www.facebook.com/NaturaliterViaggi/)

Ragazzi, perchè decidere di faticare tanto?
“E’ fondamentale che le nuove generazioni conoscano le vecchie tradizioni, la vita dei nostri antenati. Non possiamo perdere un patrimonio di informazioni – dicono tutti insieme, convinti – così come è fondamentale, nella produzione, il recupero di grani antichi, di enorme qualità, che solo in pochi utilizzano. Per questo abbiamo deciso di fare una mietitura dimostrativa, che puntasse alla qualità più che alla resa, utilizzando, fra le varie cose, il seme Senatore Cappelli, tra i più pregiati semi antichi, che neanche i nostri nonni hanno mai usato”. “Personalmente – continua Angelo D’Aguì – ha influito molto anche il fatto che, camminando a piedi con gruppi di turisti nelle nostre zone, incontriamo tantissime aie in disuso. E fa male al cuore..”
I vostri nonni e i vostri genitori come hanno reagito all’ idea?
“Malissimo – ci risponde prontamente, ridendo, Giovanni D’Aguì – no no, non sto scherzando, è vero. Ci dicevano che era troppo impegnativo per noi e forse pensavano anche che lo sarebbe stato per loro, visto che non potevamo non coinvolgerli. Adesso invece li vediamo contenti di questa iniziativa e ovviamente dobbiamo a loro tutti i consigli e gli aiuti preziosi per rispettare le tradizioni. Una grande fatica, però, avevano ragione”, termina Giovanni sorridendo, felice dell’esperienza appena fatta.
Qual è stata la parte più difficile?
“La parte più difficile non è stata la pratica, ma l’organizzazione – spiega Natale – Tutti noi lavoriamo, anche fuori Italia, e non è stato facile trovare un tempo ideale in cui tutti potessimo essere presenti alle varie fasi, a partire dalla semina. Ma ce l’abbiamo fatta. La fatica fisica invece non ci spaventa, non ci ha mai spaventato, siamo abituati a lavorare sodo, l’Aspromonte è una bella palestra di vita”. Per i due Giovanni le parti difficili sono state, invece, la semina e la mietitura vera e propria. Per Angelo, infine, il difficile è stato “far credere a tutti che ci tenevamo davvero molto a questa iniziativa”.
La parte più bella?
“Quando tutte le persone che hanno partecipato alla mietitura, andandosene, ci ringraziavano – concordano tutti e quattro – Un paradosso, siamo noi che dobbiamo ringraziare loro! Ma il fatto che lo abbiano detto significa che ci tenevano davvero tanto a esserci e che l’amore per la terra e per le tradizioni è tantissima. Questo ci riempie di gioia”.
Ci sarà un’altra raccolta a mano il prossimo anno?
“Intanto siamo molto felici di aver lanciato un segno, che magari, chissà, speriamo, sarà colto da altri – diconi i ragazzi all’unisono – Questo inverno ci godremo la farina di alta qualità, riprendendoci il diritto di sapere che cosa mangiamo, cosa che qua facciamo anche con tutti gli altri prodotti. Ci mancava solo la farina. Le farine trattate sono diventate un problema serio. Nel nostro immaginario – concludono – ci sarebbe l’idea di rifarla, magari diventando ancora più fedeli alle tradizioni con l’introduzione nell’aia delle mucche, ma ci rendiamo conto che già così è stata una faticaccia che ha coinvolto davvero molte famiglie. Chissà…intanto cerchiamo qualcuno, sul territorio, che voglia copiare l’idea.. speriamo siano in tanti, per consigli siamo qua!”