La campagna che occupa ormai quasi per intero il mio orizzonte visivo, è un tripudio di gialli e verdi un po’ stinti, intervallati da qualche macchia di colore più intensa, proveniente dalla vernice di trattori abbandonati al loro destino sotto il sole inclemente nel piazzale ghiaioso dell’ aia.
L’estate da queste parti non fa sconti a nessuno.
Me ne accorgo osservando la consistenza della terra riarsa, che sembra dover prender fuoco da un momento all’altro, e dalla bolla d’afa che cela, sotto un lieve velo di foschia, i dorsi rugosi delle colline gardesane che si allungano a proteggere le acque turchesi del lago.
Il paesaggio agreste, monotono e piatto, regala qualcosa su cui posar gli occhi: i cipressi ordinati sulla sommità dell’ elegante collinetta ricoperta da vitigni eleganti che ospita Custoza, località intrisa di storia e rinomata per i suoi ottimi vini.
Un quarto d’ora dopo, arresto la macchina in un parcheggio sterrato, notando con piacere che è quasi vuoto. Nei fine settimana visitare un posto simile è impossibile per cui sorrido pensando alla fortuna che ho a esser qui in un martedì pomeriggio qualunque.
Siamo a metà strada quasi esatta tra Mantova e Verona, e le torri che sovrastano il castello Scaligero, bucando la vegetazione in cima alla lieve protuberanza collinare che separa Valeggio da Borghetto, mi ricordano che queste erano terre di confine contese, nel corso dei secoli, tra Scaligeri e Viscontei prima di venir inglobate nei domini della serenissima.

Prima di attraversare un arco elegante che mi introduce nel cuore di Borghetto, uno dei luoghi più minuti e belli d’Italia, mi soffermo a osservare la ruota del mulino che pesca allegra nelle acque fresche del Mincio, godendomi la lieve brezza sollevata dal minuscolo spostamento d’aria dovuto al girare incessante di quelle pale antiche.
Poco più avanti, un ponte grazioso impreziosito da fioriere che ospitano composizioni accese e profumate, lega due sponde separate da un tratto blando di fiume, spalancando una visuale unica sulle terrazze di alcuni ristoranti che si allungano in acqua, simili a piccole imbarcazioni che si godono la quiete serena del porto.

Il fiume, lì davanti, si allarga fino a dar vita a una sorta di laghetto pullulante di vita.
Non è raro imbattersi in cigni, Germani e papere che si avvicinano ai tavoli più scenografici di alcuni bar che si affacciano sullo specchio d’acqua in cerca di alcune preziose briciole donate, per caso o volontà, dai sereni avventori. Alzando gli occhi si incontra il ponte visconteo, concepito anticamente con funzione di diga, i cui resti sono ancora perfettamente conservati.
La strada che collega i due antichi bastioni è asfaltata e anche parecchio trafficata in certi giorni, ma offre prospettive uniche per sbirciare Borghetto dall’alto e godersela da un’angolazione diversa e insolita. Osservandola da lì, ti accorgi che le case che compongono lo sparuto abitato del borgo sembrano sospese sull’acqua per opera di chissà quale incantesimo.

La sera mi coglie ad assecondare il percorso del Mincio fino a un parco verdeggiante che si chiude con una
balaustra naturale sul fiume. Le cicale intonano canti melodici a cui si aggiungono i lamenti di alcuni rondinini che aspettano di prender sonno.
Torno sui miei passi solo quando il sole è scomparso ormai da tempo, pensando a ciò che mi ha portato qui.
Se non avessi fatto determinate scelte chissà se l’avrei mai visto un luogo simile.
Passeggio pensando alla vita che il più delle volte scorre melodiosa senza che nemmeno riesca ad accorgermene, lasciandomi addosso l’eco di un canto sereno.
Un concerto di cicale e rondini sulle sponde calme del Mincio.