Se non riesci a ricordare dove hai messo le chiavi, non pensare subito all’Alzheimer; inizia invece a preoccuparti se non riesci a ricordare a cosa servono le chiavi.”
(Rita Levi Montalcini)
Eccoci pronti per un’altra giornata! Lavorare a contatto con il pubblico non significa solamente parlare e ascoltare quotidianamente tutte le persone che si presentano fisicamente nel tuo ufficio, spesso molti dei personaggi che entrano nel tuo personale album dei tipi da medaglia d’oro, li conosci grazie a una telefonata.
Quello “al telefono” è un altro mondo variopinto di persone: ascolti la loro voce e partendo da questo unico indizio cerchi di dare un volto al tuo interlocutore, un’età, una professione, immaginando ogni genere di informazione.
Non lo so ancora, ma stamattina avrò la fortuna di conoscere Osvaldo, anni 91, residente al Termo di Arcola.
Sono da poco passate le nove, ho appena completato la rassegna stampa, stamattina i giornali hanno pubblicato la notizia che a breve nella nostra biblioteca partirà un laboratorio della memoria, dedicato a tutte quelle persone che hanno voglia di trovare delle strategie per tenere in allenamento il cervello e aiutare le famiglie che devono fare i conti con un malato di Alzheimer.
Siamo soddisfatti, le testate hanno dato ampio risalto al nostro evento e dunque confidiamo in un buon riscontro di pubblico.
Squilla il telefono, rispondo.
– “Ufficio relazioni con il pubblico, sono Daniela come posso aiutarla?”
– “Buongiorno, sono Osvaldo, chiamo dal Termo di Arcola, ho letto che avete organizzato un laboratorio della memoria…”
– “Certo, è interessato?”
– “Da dove vogliamo cominciare? – mi chiede un poco timoroso. Iniziamo dalle tabelline?”
– “In che senso dalle tabelline? Non capisco dove vuole arrivare..” ma Osvaldo va avanti e non mi fa parlare.
– “Mi vuole interrogare sulle tabelline? Partiamo da quella del due?”. E comincia a snocciolare un 2 x1 fa 2, 2 x 2 fa 4 e avanti così.
– “Osvaldo si fermi!”, ma non mi ascolta.
– “Se vuole possiamo passare alla grammatica italiana, dai verbi: io sono, tu sei, egli è”, continua imperterrito.
Non si ferma e non mi dà il tempo di spiegare che non deve fare con me alcuna interrogazione. Conosce anche le lingue e per farmi comprendere la sua conoscenza del francese, intona un Allons enfants de la patrie che non lascia alcun dubbio sul fatto che il signor Osvaldo sia un uomo di cultura. Finalmente riesco a prendere la parola in un momento di titubanza.
– “Signor Osvaldo ma perché mi ha raccontato tutte queste cose? Non era interessato al laboratorio della memoria?”
– “Certo – mi spiega lui – ho letto la notizia sul giornale e ho capito che stavate facendo una verifica sulle capacità di memoria degli anziani. Così prima ancora che veniste voi a cercarmi vi ho chiamato io, per dimostrarvi che non ho bisogno di alcun assistente e che posso continuare tranquillamente a vivere a casa mia. Ho 91 anni ma sono ancora in gamba sa? Glielo dica ai miei figli che ho risposto a tutte le domande e che non devono mettermi in alcun istituto”.
Sono rimasta interdetta, ho percepito chiaramente un senso di sgomento nella voce del signor Osvaldo.
“Non stiamo facendo alcuna verifica – gli rispondo – il nostro laboratorio è aperto a tutti gli anziani che hanno bisogno di rafforzare e consolidare la memoria usando tecniche e strategie. Non deve sentirsi obbligato a partecipare”. Ma Osvaldo non mi ascolta.
– “Ho risposto a tutto signorina, glielo dica ai miei figli!”.
Perché deluderlo?
– “Certo Osvaldo stia tranquillo, ho registrato tutte le sue risposte. Ha ottenuto un punteggio veramente alto, lo farò sapere ai suoi figli!”.
– “Potrò rimanere a casa mia?”, chiede ancora.
– “Sono proprio convinta di sì”.
– “Arrivederci, è stata proprio gentile. Come ha detto che si chiama? Non me lo ricordo, ma questo non lo metta nella scheda altrimenti mi abbassa il punteggio”.
– “Mi chiamo Daniela ma non si preoccupi, ricordare il mio nome non fa parte delle domande. A presto Osvaldo”.
Click, la telefonata si chiude.
Ciao Osvaldo, anche oggi mi chiedo se sei ancora nella tua casa.