Lucca, casa mia, è un’isola verde posata sul bordo del Serchio, un fiume calmo e sonnacchioso che nella brutta stagione sa far la voce grossa e si gonfia sino a far paura e d’estate si riduce a un rigagnolo quasi insignificante che ospita il riflesso dei batuffoli di
cotone sospinti dal vento che si rincorrono in un cielo blu intenso.
Quando la vedi per la prima volta, nascosta coi suoi mille segreti nell’abbraccio sinuoso delle mura, sei costretto a fermarti, a donarle il tuo tempo, e a viverla.
Questo è il pegno che chiede per lasciarti entrare.
Lascia che sia, non te ne penti, te lo prometto.
Sì, hai visto bene, è proprio una pantera quella che ci scruta guardinga da una nicchia rialzata sopra porta Santa Maria.
Camminiamo lì sotto, seguiti a vista dai suoi occhi attenti, scalfiti un po’ dai secoli, che, però, non han perso niente della loro bellezza.
È un po’ indecisa sul da farsi ma poi, fiutandoci, lo capisce che non abbiamo cattive intenzioni.
Sei con me, non preoccuparti, il mio sangue è anche il suo.
Via Fillungo ci introduce nelle atmosfere eleganti del centro storico.
C’è poca gente in giro, è ancora presto, ma l’odore del caffè che scende fino in strada e le serrande dei bar che si alzano per spandere nel mondo la fragranza irresistibile dei cornetti appena fatti ci dice che è tempo di far colazione.
Si sta meglio con la pancia piena, non trovi?
Mi segui in una piccola piazzola popolata da una singola bancarella che vende castagne domandandoti cos’abbia da offrire questo posto e nemmeno ti accorgi che, proprio sopra la tua testa, si apre già un arco che ci introduce in anfiteatro.
I primi timidi raggi di un nuovo giorno solleticano già i vetri delle finestre più alte e rimbalzano anche più giù, per dar vita e colore a un piccolo universo grazioso come il sogno di un bambino estroverso.
L’anfiteatro è un’arpa delicata di cui ci divertiamo ad accarezzare le corde per alcuni istanti, beandoci in quel riverbero cristallino ed etereo trasportato ovunque dal vento.
Quel suono, una volta che l’hai sentito,non lo dimentichi mai fino in fondo.
In Piazza san Michele i piccioni svolazzano in ogni direzione rincorsi da bambini sfuggiti alle grinfie delle madri che tentano invano di stargli dietro, rischiando di inciampare sui tacchi.
Le piccole manine non ci riescono ad acciuffarli e smanaccano verso il cielo sperando che ritornino, osservando, a bocca aperta, le spirali sgraziate con cui i volatili si posano su qualche anonimo sottotetto cittadino.
Lucca è l’amore che ti porti dentro da tanto tempo e che poi, un bel giorno, trovi il coraggio di esternare.
Ha gli occhi accesi di chi ha capito che la vita sta tutta in quei respiri, in quei sorrisi, nella bellezza di un gesto spontaneo che ha il profumo di un albero da frutto in primavera e il suono delicato delle foglie carezzate dal vento.
Mentre passeggiamo sulle mura, si svela gradualmente il campanile del duomo celato da alcuni rami rigogliosi che si allungano verso terra, nei pressi del baluardo di San Colombano.
Alcune coppie conversano amabilmente tenendosi per mano, qualcuno sfreccia in bici e c’è persino chi corre.
I rumori del mondo sono lontani.
Gli alberi bisbigliano storie che proviamo ad ascoltare senza successo.
A ognuno i suoi segreti.
I bar dopo la scuola si popolano di ragazzi con lo zaino in spalla e di gente svogliata che gira il cucchiaino nel caffè qualche volta di troppo e guarda l’orologio maledicendo il rientro a lavoro imminente.
Trascorre in fretta il pomeriggio, le fiamme del tramonto ci sorprendono sull’argine erboso delle mura.
Prima di andare però, c’è ancora tempo per una corsa, perciò, raccogli le ultime energie e fidati di me.
Il vento pizzica i capelli trasformandoli in una melodia delicata mentre corri e hai il cuore in ogni passo.
Riprendi fiato, hai la fronte imperlata di sudore davanti alla Torre Guinigi sbucata d’improvviso in mezzo alle case, con i lecci che spiovono dalla cima e ricordano un piccolo eden dimenticato, sopravvissuto in mezzo ai tetti cittadini, rossi come braci eterne.
Il sole se ne è andato ormai, ma qualcosa rimane.
Uno sguardo, un sorriso, un sospiro di vento.
Il rumore lontano di un cuore che pulsa forte in mezzo a queste pietre.