Le Storie della Porta accanto (17). Una riunione da “scherzi a parte”!

Vi è mai capitato di avere l’impressione di trovarvi sul set di un programma televisivo? Di quelli per capirci tipo «Scherzi a parte», quando intorno a voi accadono le storie più assurde e voi siete lì, senza comprendere bene quello che sta accadendo ma con la sensazione che indubbiamente qualcuno vi stia osservando per vedere le vostre reazioni.

Qualche mese fa è accaduto a me, quando ancora le riunioni si svolgevano in presenza e non attraverso le innumerevoli piattaforme di videoconferenza che si sono moltiplicate in questi ultimi mesi.

La «storia della porta accanto» di oggi, cari lettori, non coinvolge i cittadini ma è il cortometraggio di una tranquilla mattinata di lavoro in ufficio.

Buona lettura.

Stamattina sono chiusa al pubblico, ogni tanto capita, non spessissimo, ma capita, soprattutto quando abbiamo bisogno di pianificare e programmare le attività a lungo termine. E’ stata fissata presso il mio ufficio una riunione con il Nucleo di valutazione, si tratta di un organismo esterno che si occupa di valutazione del personale, dei responsabili di area e di controllo di gestione dell’ente. Un incontro delicato, che ha bisogno di tranquillità, senza telefono che squilla e cittadini che bussano alla porta.

Per questo abbiamo scelto di chiudere l’ufficio, una mattinata tutta per noi: produttiva e proficua. Forse!

Sarà trascorsa circa un’oretta da quando abbiamo iniziato a controllare tutti i documenti: capitoli, bilanci, storni e variazioni, un lavoro pesante e che richiede una concentrazione assoluta.

Bussano alla porta.

Avevo chiesto espressamente che nessuno venisse a disturbarci ma di fronte all’insistenza mi alzo e vado a controllare chi è. Mi trovo di fronte un operaio in tuta blu, un cappellino bicolore in testa e una borsa di attrezzi a tracolla.

«Buongiorno, sono il tecnico incaricato dalla ditta di fare i controlli sugli impianti di riscaldamento, devo verificare se nel radiatore c’è aria da spurgare e se la valvola di zona funziona regolarmente».

«Mi scusi – ribatto – ma deve farlo proprio oggi e proprio in questo momento?»

«Assolutamente si – mi risponde – se non lo faccio ora, saltate il giro e non so quando potrò ritornare. Comunque voi potete tranquillamente continuare a lavorare, non vi darò alcun disturbo.»

Ci fidiamo, e mentre l’uomo si accinge a controllare il termosifone, riprendiamo il controllo delle carte.

Il tipo inizia a fischiettare, il fischio tipico dell’operaio che sta lavorando.

Gli lancio uno sguardo tipo «alabarda spaziale di Goldrake»

«Scusi, scusi» e si zittisce.

Passa ancora qualche minuto e mi accorgo di percepire un leggero rumore quasi cantilenante, non fastidiosissimo, ma presente.

L’uomo sta armeggiando con una specie di chiave e non riesce a svitare la valvola, comincia ad emettere una serie di piccoli grugniti mentre il rumore aumenta di intensità, una via di mezzo tra un gracchiare e un graffiare.

Con gli altri convenuti al tavolo ci guardiamo negli occhi.

Sono pronta ad aprir bocca per invitare il tipo a concludere e uscire, quando improvvisamente tutto il muro alle mie spalle inizia a vibrare, come se qualcuno stesse cercando  di fare un foro dall’altra parte della parete.

Mi alzo di scatto e mentre apro la porta, mi vengono incontro altri due operai.

«Stiamo disturbando?»

Non rispondo, sono più che convinta che il mio sguardo sia più eloquente di ogni altra parola. Ma devo per forza parlare perché questi continuano imperterriti con il loro lavoro.

Mi accorgo che stanno forando la parete con una specie di martello pneumatico: «Ma cosa state facendo? Ma non vedete che siamo in riunione?»

E intanto con lo sguardo cerco di comprendere a che livello di seccatura siano arrivate le persone in ufficio con me. Rispondono al mio sguardo con gli occhi spalancati e increduli. Non è possibile, non sta accadendo realmente, non in questo momento, anch’io non riesco a crederci.

«Abbiamo ricevuto disposizioni di installarle un radiatore in più nell’ufficio e quindi stiamo forando la parete per intercettare il tubo che passa dall’altra parte del muro» e mentre mi parlano continuano con il rumore assordante del martello che fora la parete.

«Oggi? Ora?»

Non ho più parole, mi rivolgo ai miei ospiti chiedendo scusa e mentre cerco di raccogliere tutte le carte per andare in qualche altro ufficio, i tipi riescono a forare il muro ma, considerato che la parete è in realtà una “paretina”, il foro si trasforma in una sorta di voragine trascinando a terra un cumulo di macerie e calcinacci.

Il Presidente del Nucleo, persona squisita, si ritrova con il completo a giacca completamente avvolto dalla polvere bianca dell’intonaco. Oddio penso e adesso che faccio?

Gli altri due membri si alzano di scatto, in realtà il bello doveva ancora arrivare.

L’operaio che per primo era entrato, stava ancora armeggiando con la chiave inglese.

«La prego, lasci stare» – la mia è quasi un’implorazione.

«Stia tranquilla, ormai ho risolto, ancora un piccolo sforzo e ho finito»

Non passano neppure un paio di secondi, forse lo sforzo è stato troppo, forse l’impegno eccessivo, tant’è che la valvola si rompe e un getto d’acqua zampillante inonda la stanza.

Siamo rimasti per alcuni secondi fermi, quasi fosse un’instantanea scattata con la polaroid: i due al di là della parete affacciati nel buco che avevano creato, il tipo con la chiave inglese e il getto d’acqua, i miei ospiti con la polvere addosso che ormai inumidita aveva creato uno sgradevole impasto e io che se avessi potuto mi sarei scavata una fossa.

In quel momento ho pensato che da un momento all’altro sarebbe comparsa la troupe e il regista avrebbe gridato: «Benvenuti, siete su scherzi a parte!»

Dopo questo stop il tempo ha ripreso a scorrere ed è stato allora che guardandoci tutti negli occhi, siamo esplosi in una risata isterica e contagiosa.

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