Venezia è un sogno a occhi aperti (viaggiando con la mente in zona rossa)

Venezia_Ph. Romina Lombardi

I fumi fantasmagorici che avvolgono la laguna si sfaldano in alcuni punti, rendendo visibili brandelli di case e campanili che affiorano da una nebbia spessa e lattiginosa mentre il treno rallenta in vista della stazione Santa Lucia.
Scrivere di Venezia è difficile quanto ricordare i dettagli di un sogno vivido che inizia a svanire nel momento stesso in cui apri gli occhi.
Sono in molti a dormire con dei quaderni sgualciti accanto al letto per tentare di scrivere quel che ricordano al mattino, ma a me non è mai riuscito.
Mi inerpico tra i vicoli sempre più stretti e colorati, affidandomi ai segnali caratteristici appesi ai muri che puntano tutti nella direzione di qualche meraviglia.

Venezia di sera_ Ph. Romina Lombardi
Venezia _ Ph. Romina Lombardi

Le facciate delle case sospese sull’acqua sono scrostate in alcuni punti ma i colori che hai, Venezia, invecchiando, al contrario di ammuffire, rifioriscono.
Qualcuno spalanca la finestra e guarda in basso con aria annoiata, salutando svogliatamente i passanti.
Al piano di sotto, alcuni panni colorati penzolano sospesi sull’acqua color smeraldo del canale, spandendo per l’aria un piacevole odore di ammorbidente.

Mi si mozza il respiro quando, dopo aver scarpinato per una mezz’ora abbondante, assisto alla battaglia con cui il campanile di San Marco libera la laguna dagli ultimi lembi di nebbia. Il sole sfonda le nubi e scende dal cielo per benedire coi suoi raggi la piazza più bella del mondo. L’oro dei mosaici della basilica riverbera sul selciato e alcuni bambini inseguono le bolle di un pagliaccio che si diverte a sorridere a quelle forme nell’aria.
Qualcuno estrae dalla tasca uno smartphone per immortalare quell’istante.
Clic!
Per quanto mi sforzi a esserti presente, Venezia, lo trovo difficile.
I sensi sono attratti da qualcosa di indefinito e inafferrabile, sospeso sul bordo di un liquido sogno.
La tua essenza forse.
La luce intensa di mezzodì sfuma nel pallido sole del pomeriggio, infiltrandosi tra le pieghe del marmo candido di Palazzo Ducale, mentre il vento mi scorta fino agli attracchi delle Gondole.
Dondolano allegramente, seguendo il ritmo lento e sapiente delle onde, incuranti delle strida dei gabbiani.
Lì di fronte, dall’altra parte della baia, San Giorgio Maggiore posa i suoi occhi candidi sulla piazza più bella del mondo.
Il tempo è inconsistente a Venezia, scivola via con gli stessi movimenti sinuosi con cui i gondolieri muovono le imbarcazioni in mezzo ai canali senza che tu te ne accorga. È bravo a riderti alle spalle vestendo i panni di una maschera carnevalesca quando indugi sull’orologio sorprendendoti di quanto sia tardi.
Il pomeriggio è un walzer tra le calli e un caffè avvolgente all’ombra della Fenice.
La Tempesta di Tiziano e i colori intensi del Tintoretto, custoditi all’Accademia, si stemperano nei cieli ariosi del Veronese e il sorriso che colgo negli occhi di qualcuno che ti vede per la prima volta, Venezia, è una cartolina d’amore che non dimentico.

Venezia di sera_ Ph. Romina Lombardi
Venezia di sera_ Ph. Romina Lombardi

A Rialto arrivo in tempo per guardare il sole inchinarsi al Canal Grande con uno sfavillio festoso che prelude alla sera.

Musica da camera si mischia ai rumori di strada accordandosi al dialetto stretto di due signore attempate che si fanno forza per salire le larghe scalinate del ponte a distanza di sicurezza, ben protette dal tessuto della mascherina.
Manca poco allo sbuffo del treno che mi riporta a casa ma un attimo ancora per sporgermi dal parapetto me lo prendo.
Giusto il tempo di osservare la metamorfosi con cui gli ultimi raggi del sole di una strana estate si tramutano in spade di luce affilate che resistono per qualche istante sui tetti.

Condividi questa pagina:

lascia un commento

L'Ordinario

Da non perdere