In questi tempi bui per la Cultura e l’Arte – in quanto ritenuti sempre più Beni non necessari, è evidente – siamo andati a intervistare ancora una volta chi la luce ce l’ha dalla nascita, l’accende e sicuramente utilizza a favore di un ingegno e una prospettiva costruttiva fuori dall’ordinario: Luca Nannipieri, storico e critico d’arte noto al grande pubblico ma soprattutto, secondo noi, personaggio fondamentale nel ripensare e ricostruire economicamente e socialmente un’Italia post-Covid.
Da sempre fautore di un’economia dell’Arte che passi in mano ai privati, che crei indotto e metta insieme persone di talento vero e dimostrato, Luca Nannipieri stavolta sfida i Tempi con un’impresa davvero audace, perlomeno per il Paese Italia. Nelle ultime settimane ha infatti rilanciato il progetto Casa Nannipieri Arte mettendo insieme un team di dieci professionisti (numero destinato a crescere) con esperienza nazionale e internazionale che saranno, capitanati da lui, al servizio di artisti, enti, fondazioni, musei e artisti, creando economia, impresa e profitto intorno alla Cultura. Casa Nannipieri si occuperà infatti di pubblicazioni con i più grandi editori, mostre nei luoghi che contano, restauri, expertise, investimenti, stime, produzioni audiovisive di forte impatto, eventi in Italia e all’estero. Slittata l’inaugurazione ufficiale del progetto causa emergenza Covid, Casa Nannipieri Arte ha però già segnato il primo importante punto, portando le celebrazioni di Raffaello, per i 500 anni dalla morte, alla Camera dei Deputati a Roma, tra i parlamentari, in contemporanea con la mostra alle Scuderie del Quirinale.
Tra le importanti collaborazioni e partenariati, inoltre, già nero su bianco quelle con Skira, con cui a novembre Nannipieri uscirà anche con un libro – forse il suo più importante – “A cosa serve la storia dell’arte”, Centre Culturel Italien e L’Italie à Paris. Numerosi anche i professionisti già in cordata, da Laura Ginatta, doppia laurea e relazioni con gli apparati internazionali, che curerà i rapporti con l’estero, a Jacopo Suggi, già attivo al Museo Fattori di Livorno, per il settore bandi e musei. A Dio piacendo, come si diceva una volta, anche L’Ordinario sarà in cordata.
Siamo quindi andati a intervistare Luca Nannipieri per saperne di più.
Luca, il Covid sfida ancora il mondo, e tu sfidi il mondo, il Covid e la crisi, lanciando un progetto internazionale, audace, ambizioso, che mette insieme ben dieci professionisti in tutta Italia e all’estero. Sei folle, visionario o, più realisticamente, uno di quei sempre più rari professionisti seri che sanno quello che fanno e credono ancora in un’Italia competente e competitiva?
I visionari sono persone profondamente realiste. Ciò che appare quanto di più ardito e libero è spesso, in verità, un gesto di estremo realismo. Nell’Italia di oggi, nel paese dei garantiti dallo Stato e dei precari a vita, l’unico modo per sopravvivere è essere audaci e ambiziosi. E essere audaci e ambiziosi significa creare Casa Nannipieri Arte https://casanannipieriarte.com/, una casa d’arte che riunisce chi vuole trasformare, con talento e fame, la propria competenza nell’arte e nella cultura in economia, impresa, profitto: pubblicazioni con i più grandi editori, mostre nei luoghi che contano, restauri, expertise, investimenti, produzioni audiovisive di forte impatto. Hai fame e talento? Vieni con noi. Vuoi le sicurezze, le garanzie, le tutele? Benissimo, ci sono i concorsi statali per entrare dentro al Ministero, quando li faranno e se li passerai.
L’inaugurazione ufficiale del tuo progetto slitterà di qualche tempo causa Covid, ma voi siete già partiti con molte iniziative. Ci racconti le prime?
La prima iniziativa di Casa Nannipieri Arte è stata aver portato le celebrazioni di Raffaello, per i 500 anni dalla morte, alla Camera dei Deputati a Roma, tra i parlamentari, in contemporanea con la mostra alle Scuderie del Quirinale, il cui catalogo ufficiale in sinergia con gli Uffizi è stato curato e pubblicato da Skira http://www.skira.net/, la stessa casa editrice che cura i miei volumi e le prime pubblicazioni di Casa Nannipieri Arte. Trovavo incomprensibile che uno dei padri della civiltà occidentale come Raffaello, sepolto al Pantheon, non venisse ricordato e commemorato nel luogo dove si decide il futuro dell’Italia. Poi Parigi e New York. Abbiamo stretto vari partenariati con istituzioni ed enti culturali della capitale francese, come il Centre Culturel Italien, che ha sede alla Sorbonne, e L’Italie à Paris, per realizzare mostre, editoria e progetti di richiamo internazionale. Se il virus non avesse bloccato tutto, dopo la Camera dei Deputati, le celebrazioni su Raffaello, con una mia conferenza, sarebbe stata portata a Parigi. Ma è solo rinviato, perché, come ho detto, grazie anche ad agenti di promozione e organizzazione, come Laura Ginatta, le nostre iniziative devono avere un contesto internazionale. I partenariati sono anche in Italia, con chi ha grinta e fame e una sanissima follia ideativa, come voi dell’Ordinario o Frattura Scomposta Contemporary Art Magazine, ma anche fondazioni, musei e agenzie di rappresentanza, i cui nomi verranno diffusi a breve.
In che cosa consiste esattamente questo progetto in rete?
Opere d’arte, libri, mostre, archivi, collezioni, musei sono per noi (così come dovrebbe essere per tutti!) non solo strumento di conoscenza, desiderio e passione, ma anche di profitto. Si parte con pubblicazioni di prestigio, edite da Skira, il più importante editore d’arte in Italia e in Europa e uno dei colossi europei delle esposizioni artistiche. A queste pubblicazioni che saranno presentate, covid permettendo, nei maggiori musei italiani, a cominciare da Venezia e Milano, faranno seguito mostre e gestione e valorizzazione di collezioni e archivi di artisti. Ci sono anche attività riservate, sempre improntate alla massima trasparenza e onestà, legate alle attività d’investimento nell’arte di alcuni facoltosi benestanti che vogliono far fruttare i loro guadagni, facendosi consigliare e indirizzare da noi.
Luca, più volte ti sei espresso sulla situazione della Cultura in Italia. Se avessi il potere di cambiare le cose, quale sarebbe il tuo programma per rendere questo un Paese che vive di Arte e Cultura? Perché è così difficile, oggi, creare economia attorno alla cultura?
Perché accettiamo che a curarci da un grave tumore possa essere un istituto oncologico privato di Milano – magari fondato da una figura nobile quale è stata Umberto Veronesi con il suo Istituto Europeo di Oncologia srl – e invece vogliamo che Pompei sia presieduto dallo Stato? Perché il tumore che ci massacra le cellule può essere affidato alle mani di medici di un ospedale privato, mentre invece tantissimi musei e siti archeologici debbono continuare ad essere gestiti (e vediamo come!!!) da funzionari dello Stato? Quando state male e il dottore vi ordina una medicina, vi interessa sapere da chi è stata prodotta? No. Vi interessa che essa funzioni. L’importante è che vi guarisca. Poi se l’ha confezionata una società privata o un team di scienziati in seno al Governo australiano, cosa ve ne importa? Quando la cultura si toglierà l’idolatria dello Stato come difensore del bene pubblico, l’Italia avrà fatto la riforma più clamorosa degli ultimi decenni e si sprigioneranno energie ed economie incredibili e finora represse.
Che valore potrebbe ancora avere, oggi, il termine mecenatismo? E’ ancora possibile e auspicabile nel settore Arte e Cultura? Più semplicemente, esistono ancora imprenditori lungimiranti disposti a investire sul valore sociale della cultura pensando al futuro?
Possiamo davvero credere che i privati sull’arte debbano essere solo quelli che, commossi, con il cuore pieno di gentilezza e il portafoglio pieno di soldi, decidono di regalare borsate di migliaia di euro? Così non è possibile e non è giusto. Alla vita del patrimonio devono essere legati tutti, dal più ricco dei benefattori alla giovane cooperativa che vuole gestire un museo dando da mangiare ai giovani lavoratori che vi impiegano con i frutti delle attività museali, progettuali ed economiche che riescono ad attivare. I privati siano il centro del patrimonio d’arte, perché i privati (che siamo noi) in fondo sono sempre stati i tenutari del patrimonio stesso.
L’obiettivo più difficile e alto che ti sei posto con questa impresa?
“I pazzi aprono le vie che poi percorrono i savi” scriveva giustamente Carlo Dossi. Oltre alla mia attività di storico dell’arte (a novembre esce il mio libro più impegnativo “A cosa serve la storia dell’arte”, pubblicato da Skira), dimostrerò che chi lavora con me, ottiene riconoscimenti e guadagni, che è la base di qualunque lavoro civile, tranne che nella cultura dove finora si preferiscono il volontariato e lo spendere il meno possibile, secondo una pessima abitudine che dovremo far morire, con la conseguenza di vedersi tagliati fuori da contesti nazionali e internazionali.
Con quali criteri hai scelto i collaboratori?
La selezione sta avvenendo tuttora, valutando i curriculum che arrivano e studiando il pregresso delle professionalità che si propongono. Al di là della biografia scritta (sono d’accordo con la poetessa Wislawa Szymborska quando scriveva che tutto ciò che di meglio abbiamo fatto nella nostra vita non passa dal curriculum), seleziono la fame, la voglia macinante di raggiungere obiettivi. Per bandi e musei abbiamo Jacopo Suggi, che è attivo al Museo Fattori di Livorno; per le expertise e le perizie Renato Guerrucci, che è dottore di ricerca in storia dell’arte medioevale all’Università de L’Aquila; per i restauri abbiamo le restauratrici accreditate dal Ministero Eleonora Coloretti e Viviana Mabel Turoni; per le fotografie documentali e le archiviazioni Luigi Polito; per le produzioni audiovisive d’impatto Paolo Ferraina, Roberto Ferraina e Franco Ferraina; per i rapporti con l’estero Laura Ginatta, doppia laurea e relazioni con gli apparati internazionali; a coordinare la parte economica e organizzativa Patrizia Ennas; e poi ci sono io come direttore. E un ufficio stampa dedicato per la promozione delle iniziative.
La cosa più Stra-Ordinaria che vorresti fare per l’Arte e che l’Arte facesse a te….
Fondare o dirigere un grande museo italiano, assieme al mio gruppo, e far vedere, con autonomia di bilanci e progettualità, cosa può nascere tra le persone, la comunità, i territori e il museo, se progetti, ricerche, sperimentazioni, comunicazione, ricerca finanziamenti sono affidati a noi. Stiamo già lavorando attorno ad un importante museo: se rendiamo vivo un museo, un museo rende vivi noi! Questo è il potere dell’arte: se le si dedica la vita, ce la moltiplica. Seguiteci!