L’Appennino bolognese custodisce un tesoro inaspettato, che si lascia scoprire solo quando si arriva a poche decine di metri da lui: è la Rocchetta Mattei, un’opera architettonica unica nel suo genere.
Meravigliosamente bizzarra, la Rocchetta rispecchia la genialità del suo ideatore: il conte Cesare Mattei. Vista da fuori sembra un castello fittizio, messo in piedi da una qualche produzione cinematografica, ma è iniziando a salire le scale per arrivare al cortile che si comincia a comprenderne il valore.
Sorta sulle antiche rovine di una costruzione medievale, la Rocchetta è stata edificata a partire dal 1850 e nel corso degli anni sono stati fatti ampliamenti e revisioni al progetto da parte del conte Mattei. Ogni stanza e ogni corridoio hanno tante storie da raccontare.

Si passa da una sala neo-medievale a una in stile moresco, dalla sala dedicata alla musica, che pare rievocare atmosfere viennesi, con un affaccio incredibile sugli Appennini, alla sala con un soffitto a bugnato realizzato in carta pressata.
Ma chi era Cesare Mattei? Un nobiluomo con una personalità complessa, affascinato dalla medicina e dall’alchimia. Fu uno dei fondatori della Cassa di Risparmio di Bologna e per un favore fatto a papa Pio IX, ricevette in dono il titolo di Conte. Fu il padre dell’ elettromeopatia, una medicina alternativa basata sull’energia che si diffuse a macchia d’olio in tutto il mondo. Proprio per questi preparati omeopatici che faceva proprio all’interno della Rocchetta, Mattei si guadagnò una citazione ne ‘I fratelli Karamazov’ di Dostoevskij.
Collezionista di opere d’arte, Mattei volle far costruire un castello a suo gusto, mettendoci dentro tutto ciò che amava: opere antiche come, per esempio, il fonte battesimale medievale usato come fontana al centro del cortile o l’antico pulpito usato come balcone. Lo stile moresco si ritrova in diversi ambienti tra passaggi segreti e illusioni ottiche in grado di ingannare anche gli osservatori più attenti.
Tra gli ambienti meno scontati, vale la pena menzionare la Cappella, il cuore della Rocchetta. Alzando gli occhi ci si rende conto di essere nel bel mezzo di una foresta di colonne e archi bianchi e neri che richiamano la Mezquita di Cordoba, la chiesa spagnola che prima di essere cristianizzata fu la più grande moschea di tutto il Mediterraneo.
Archi che sembrano in pietra ma sono di legno. Capitelli non in marmo ma in gesso che sorreggono un soffitto che pare di stucco ma è in tessuto dipinto. Dentro la Cappella niente è come appare e il conte Mattei volle che le sue spoglie riposassero proprio qua, nella tribuna edificata sopra l’altare.

Nella Rocchetta si accede solo mediante visita guidata, compresa nel biglietto che costa 10 euro per gli adulti e 5 per i bambini. Da soli sarebbe facilissimo perdersi nel dedalo di corridoi e stanze. Scendendo una scala a chiocciola dipinta di giallo e rosso, a un certo punto non si capisce dove stia l’alto e il basso, il sopra e il sotto. Sembra di essere in mezzo a due rampe quando in realtà di scalinata ne esiste soltanto una.
La sala della musica, progettata affinché sia calda anche nelle giornate invernali più rigide, si tornano ad ascoltare le note emesse degli strumenti meccanici che funzionano un po’ come dei grandi carillon: o con i rulli dotati di spunzoni metallici o mediante dischi enormi forati in ferro, ossidati ma perfettamente funzionanti.

Le bizzarrie della Rocchetta Mattei la rendono unica nel suo genere. È avvolta da un’aura di mistero che affascina e stordisce. Merita davvero di essere vissuta in prima persona. Ci si aggira tra torrette arabeggianti e sculture medievali originali, camminando su pavimenti in madreperla mentre nel cortile pensato come l’Alhambra di Granada, le pareti sono rivestite di azulejos fatti arrivare appositamente da Siviglia. Scale e corrimano che sembrano in legno sono in realtà di pietra e archi e soffitti bugnati con le venature delle essenze più preziose, sono invece di carta pressata.
Vedere per credere verrebbe da pensare ma nella Rocchetta Mattei non è sufficiente: l’occhio viene piacevolmente ingannato di continuo.

