Intervista a Vincenzo Schettini, il PROF più amato d’Italia

Vincenzo Schettini

Può la fisica riempire interi teatri e far fare lunghe code ai botteghini? Sì, ma a una sola condizione: a spiegarla deve essere il professore Vincenzo Schettini.

Vulcanico, appassionato ed empatico, Vincenzo Schettini con i suoi esperimenti di fisica,  l’amore che ha per la materia e il suo modo di insegnare, riempie i teatri fino a mandarli in sold out.

Riesce a spiegare a tutti con naturalezza anche i concetti più complessi di una materia assai ostica per la maggior parte delle persone. Se la scuola avesse più professori appassionati come Schettini, il lunedì peserebbe un po’ meno a chi fa fatica a svegliarsi per presentarsi in classe.

Le lezioni di Schettini vengono capite con facilità dai bambini di otto anni così come dagli ultraottantenni. Impossibile non lasciarsi coinvolgere dalla sua energia ma soprattutto dalla sua visione del mondo che non esita a far palese ai ragazzi seduti dietro i banchi di scuola.

Motiva i più giovani e non solo nello studio così come nell’affrontare la vita di tutti i giorni. No, non è un guru ma un professore che ama insegnare e che dai suoi studenti ama imparare.

Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo al Cinema Centrale di Lucca, prima dell’inizio di un suo spettacolo organizzato in collaborazione con il Ceis, mirato a prevenire gli incidenti stradali tra i giovani causati soprattutto dall’utilizzo di alcool e sostanze stupefacenti.

Ci ha accolto a braccia aperte e con un grande sorriso.

Vincenzo Schettini
Vincenzo Schettini al Cinema Centrale a Lucca per il progetto ‘Carambole’

L’intervista

 -Prof, come è nata la tua passione per la fisica?

“È nata, diciamo, più che per la fisica, per lo spazio. Amavo i film di fantascienza, lo spazio, il cosmo, i viaggi interstellari. Avevo otto anni, dieci anni, ed ero appassionato di questi film. Poi faccio un salto temporale: arrivano le scuole superiori, inizio a studiare fisica e inizio a trovarla simpatica come materia. Simpatica, certo, ma non c’è stato un vero e proprio innamoramento. Hai presente quando conosci una persona ma non è un cadere, un to fall in love: non è proprio innamorarsi, ma è una simpatia. Poi ho deciso di studiare all’università: lì è arrivato il vero innamoramento perché mi sono trovato di fronte a una materia molto più challenging, molto più sfidante, ma contemporaneamente molto più affascinante e di lì non l’ho abbandonata più, sempre però con la fissa di insegnarla”.

Lei ha iniziato gli studi proprio con l’idea di insegnare fisica?

“No, io sono partito con l’idea di insegnare, perché ero piccolino e già spiegavo, interrogavo: mi piaceva da morire. Ero l’incubo dei miei cugini e di mio fratello, assolutamente. Che in un futuro avrei insegnato fisica non lo potevo immaginare in quel momento. Però sì, sapevo che avrei insegnato. Questa è stata proprio una cosa che era in me. Forse influenzato dal fatto che avevo mamma professoressa di disegno. Può essere”.

Come riesce a bilanciare la rigorosità scientifica con la semplificazione, per far capire a tutti i tuoi messaggi?

“Beh, lo faccio, per quanto mi riguarda, in maniera molto naturale ed è anche un’esigenza. Io, tra l’altro, continuo a insegnare a scuola quindi ho studenti di fronte a me.

Non riesco ad andare via dalla classe se non vedo sul volto dei ragazzi la convinzione di aver capito. Cioè, è inutile domandare ‘avete capito?’ Ti dicono tutti di sì. Però se li guardi comprendi che magari non hanno capito davvero.
L’essere chiaro è un’esigenza mia dunque. Poi magari in maniera naturale io riesco ad essere chiaro, riesco ad arrivare al punto da sviluppare bene l’argomento.

Probabilmente magari c’è anche una dote nell’essere chiari, perché non c’è niente da fare, ognuno di noi può essere più comunicativo rispetto ad altri. Però l’essere chiari, secondo me, dovrebbe essere proprio un’esigenza dell’insegnante di per sé.

Se un ragazzo ti guarda come sto facendo io adesso e vorrei che chi legge potesse immaginarsi la mia faccia così storta, con la bocca aperta e gli occhi persi nel vuoto, allora tu pensi ‘non hanno capito’. E se no che insegniamo a fare? L’insegnante deve essere sempre chiaro”.

Cosa c’è di straordinario nel suo Ordinario?

Nel mio ordinario c’è un sacco di straordinario. Ci sono tutte le esperienze che sto facendo, compresa quella di oggi perché affiancare una fondazione che parla del pericolo del bere quindi del pericolo degli incidenti stradali e poter arricchire il dialogo e  l’impegno del Ceis con i ragazzi, mettendoci dentro la parte scientifica attraverso gli esperimenti, beh, anche questa è un’esperienza straordinaria nell’ordinario.

Se vogliamo il mio ordinario sarebbe quello di continuare a fare lezione perché comunque io continuo a fare lezione part-time. Ma anche quello non lo ritengo ordinario nel momento in cui tu affronti l’esperienza di insegnamento ogni volta  come ricerca. Il non sentirmi sempre uguale a me stesso perché mi annoierei da morire: anche questo però non è ordinario”.

Grazie al professore Vincenzo Schettini e alla bella energia che sempre emana, anche quando parlando ai ragazzi di temi importanti che vanno al di là dell’insegnamento della fisica, si commuove e ci fa commuovere.

Nella foto di copertina Vincenzo Schettini con le mie figlie, nessun bambino è stato maltrattato. 🙂

 

 

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