Il Borgo delle Fiabe: intervista all’ideatrice Paola Chiovelli

Sperduto tra le colline della Tuscia, ci si ritrova all’improvviso in mezzo a un Paese di case dipinte con i personaggi delle favole che ascoltavamo da piccoli e che continuano a farci sognare da adulti.

È il borgo di Sant’Angelo di Roccalvecce, più conosciuto come il Borgo delle Fiabe. Le pareti delle case sono state trasformate in tele bianche dove street artist hanno narrato per immagini le storie più belle di sempre.

murales i tre porcellini
murales i tre porcellini

C’è il murale di Vera Bugatti dedicato a Cappuccetto Rosso, quello di Violetta dedicato a Mary Poppins, il Soldatino di stagno ripreso dalla celebre fiaba di Hans Christian Andersen e realizzato da Giusy Guerriero e tanti altri. Sono tutte donne le artiste che hanno messo mano alle grandi opere che sono riuscite a far scaturire la meraviglia negli occhi di abitanti e visitatori, attivando un circolo virtuoso che ha riportato nel paese una vitalità che si pensava perduta per sempre.

Il borgo di Sant’Angelo è diventato un museo a cielo aperto che attrae ogni anno centinaia di turisti da tutto il mondo.

Cappuccetto Rosso nel Borgo delle Fiabe
Cappuccetto Rosso nel Borgo delle Fiabe

Ma a chi è venuta la splendida idea di dipingere un intero paese semi-abbandonato? Sono riuscita a rintracciare Paola Chiovelli, presidente dell’ACAS, Associazione Culturale Arte e Spettacolo, e creatrice del progetto dei murales del Borgo di Sant’Angelo di Roccalvecce.

Murales mary poppins
Murales Mary Poppins

L’intervista

Buongiorno Paola, come è nata l’idea di trasformare il borgo di Sant’Angelo di Roccalvecce, nel paese delle fiabe?

“Ormai le centinaia di migliaia di persone che arrivano qua, nel cercare il borgo lo citano non come Sant’Angelo di Roccalvecce, bensì Sant’Angelo il Paese delle Fiabe e, così, addirittura, viene indicato su Google Maps. L’idea è nata da mio fratello Gianluca. Noi siamo originari del borgo: i nostri genitori sono nati lì e i miei nonni hanno vissuto sempre lì. Abbiamo trascorso la nostra infanzia, la nostra adolescenza e anche parte della nostra gioventù e della nostra età adulta presso questo Borgo perché c’erano i nostri nonni, i cugini e gli zii. Abbiamo un legame profondo con questa terra. 

Una sera mio fratello e mio cugino Alessandro, nel passeggiare per le vie deserte del borgo, si sono chiesti che cosa fosse possibile fare per rivitalizzare il piccolo fazzoletto di terra ormai destinato a morire. Mio fratello, che già era coinvolto artisticamente in alcuni progetti a Roma, ha proposto l’idea dei murales con un tema specifico: quello della fiaba”.

Perché sono state scelte proprio le fiabe?

“Perché la fiaba è uno stereotipo, uno stereotipo di un messaggio universale e non è rivolta solo ai bambini in realtà. Come ogni classico porta con sé un messaggio universale positivo, destinato ai bambini e agli adulti. Si è scelto quindi inizialmente di rappresentare le fiabe e le storie più antiche. “

Come avete vagliato le fiabe da rappresentare sulle pareti delle case? C’è stato un particolare criterio nella scelta dei racconti?

“Abbiamo selezionato le favole da un elenco di circa cento titoli, dai più noti ai meno conosciuti, attingendo al patrimonio mondiale della fiaba, che è decisamente europeo, originario soprattutto dei paesi nordici. Abbiamo pensato alla piccola fiammiferaia, ai pattini d’argento, al soldatino di stagno e così via, per poi rivolgerci anche verso altri campi perché nell’estendere la ricerca abbiamo attinto alla tradizione popolare russa con Masha e Orso, all’Antica Grecia e così via, per arrivare ai circa sessanta murales che comprendono tutto lo scibile dei fairy tales mondiale.

Uno degli ultimi murales realizzati è Trilli con Peter Pan e la principessa di ghiaccio dipinto su tre pareti: è un murales enorme”.

Chi sono gli artisti che hanno aderito a questo bellissimo progetto?

“Abbiamo cercato street artist esperti in questa specifica forma d’arte che fossero donne. Il progetto è nato e continua ad essere tutto al femminile. Le artiste sono tutte donne venute da ogni parte del mondo.

Abbiamo iniziato con street artist romane ma poi abbiamo avuto tantissime adesioni dall’Olanda, dalla Germania, dalla Francia, dal Messico. Hanno lavorato con noi anche artiste in erba come le due giovani studentesse della scuola d’arte: giovani ma talentuose che hanno dato vita a uno dei murales più belli e più amati, quello di Hansel e Gretel.

Queste ragazze, giovani donne e donne adulte si sono avvicendate con una magnanimità unica, affidandoci la loro esperienza e noi affidandoci a loro. Molte di loro, ci tengo a dirlo, hanno avuto la generosità di offrire la loro arte gratuitamente perché hanno creduto fermamente nel progetto. Alla fine è divenuto talmente virale che, avere il loro nome su un murales del Paese delle Fiabe, è stato un vanto.

Sono venute a dipingere murales anche artiste importanti, quotatissime, come per esempio Alessandra Carloni e ne potrei citare molte altre note”.

Quanto tempo è durato il progetto, o meglio, dalla prima idea dipinta su parete fino all’ultimo murales, quanti anni sono trascorsi?

“Il progetto è iniziato nel 2017 e la data esatta si legge nell’orologio del primo murale che troverete a Sant’Angelo, Alice nel Paese delle Meraviglie, e ancora oggi prosegue. Dal primo giorno che abbiamo cominciato fino a oggi, abbiamo visto un’esplosione del progetto tanto che, da paese morto che era, ora Sant’Angelo ha un gran numero di turisti, avventori, visitatori e curiosi.

È diventato il centro più importante di tutta la Tuscia, forse secondo solo a Civita di Bagnoregio. In questi anni sono state avviate numerose attività commerciali: hanno aperto tre ristoranti, due negozi, due bar, una pizzeria per non parlare dei bed and breakfast e delle case vacanza. I murales hanno dato il via a rifioritura dell’economia di questo particolare punto della Tuscia che, anche se fa parte del Comune di Viterbo, era abbandonato”.

Qual è stata la reazione degli abitanti nel momento in cui sono stati messi a conoscenza di questa lodevole iniziativa?

“Il progetto così come è stato pensato e sviluppato è stato dirompente, divenendo virale in poco tempo. Pensate che la pagina Facebook che ho aperto nel  2017 quasi per scherzo in cui mandavo richieste di amicizia a tutti per farla crescere, credo che sia quasi ingovernabile per quanti followers ha.

Per il borgo che contava 100 anime è stato sicuramente uno shock culturale e antropologico potente, tanto da aver posto la cittadinanza in una situazione sorprendente e scioccante se così possiamo dire. Prima nelle  vie non passava nessuno, invece adesso a Sant’Angelo col freddo, col caldo o con la pioggia ci sono sempre centinaia di persone da tutto il mondo. Quest’estate ho incontrato giapponesi, ho parlato con gli australiani e con i canadesi.

Pensate a un borgo di 100 anime di cui 70 ultra sessantacinquenni, che dall’oggi al domani si è ritrovato con centinaia di migliaia di persone per le strade. Gente che mai era stata vista da queste parti, che parla lingue sconosciute. Il primo impatto con questa nuova situazione non è stato facile da affrontare.

 Adesso invece è diventata una simpatica abitudine, per cui si possono vedere gli abitanti del paese seduti sulle scale d’estate colloquiare amabilmente con i turisti e indicare loro la strada per raggiungere i murales, oppure gli stessi abitanti del paese darsi appuntamento davanti al tale murales ‘ci vediamo alle 7 sotto Alice…ci vediamo alle 5 sotto i tre porcellini’.

Ci sono voluti anni, ma sta diventando qualcosa di incredibilmente vissuto anche perché comunque ha portato beneficio a tanti, e quindi di fronte a questo che cos’altro dire…”

l pifferaio magico di Hamelin, fiaba dei fratelli Grimm
ll pifferaio magico di Hamelin, fiaba dei fratelli Grimm

Immagino abbiate incontrato diverse difficoltà nel corso del tempo. Quali sono state le sfide più impegnative che avete affrontato?

“Le difficoltà incontrate sono state tantissime. Anche di fronte al successo del progetto, non è stato per nulla, e non lo è nemmeno adesso, tutto rose e fiori. Abbiamo riscontrato delle criticità, anche con le istituzioni, e il progetto continua a essere totalmente autofinanziato.

Come ha fatto dunque a funzionare fino a questo momento? ACAS è un’associazione culturale senza scopo di lucro e in questo momento, attraverso il patrimonio dei soci e le offerte dei privati, ha finanziato i murales, pagando le artiste quando era necessario pagarle, sostenendo le spese dei colori, vitto e alloggi delle artiste che avevano la necessità di fermarsi per realizzare le loro opere. In tutto ciò le istituzioni sono state e sono assenti. Non parlo di un’istituzione politica in particolare ma di tutte, non faccio una questione di colori politici“.

Tra i tanti murales presenti a Sant’Angelo di Roccalvecce, ne ha uno preferito?

“Si, ed è quello realizzato sulla casa di mia mamma: il gatto con gli stivali. È una storia dolce, gentile e piena di bei propositi e di bei messaggi. Mi piace tanto quel gattone che è lì, su quel muro, con i suoi stivaloni.  Il mio secondo preferito sono i tre porcellini. I tre porcellini sono nati proprio per dimostrare che questo progetto era di ACAS e di nessun altro. 

Le istituzioni volevano fare di testa loro appropriandosi del progetto e dando vita ad un murale totalmente disarmonico rispetto alla linea generale. Pertanto fu realizzato questo murale per rispondere oltre che con le cause in tribunale, anche in modo artistico all’ingordigia dimostrata in quel momento dalle istituzioni.

Cosa c’è di straordinario nel suo ordinario?

“Io credo che questa sia tuttora l’esperienza più incredibile della mia vita. Sono diventata presidente da poco tempo. Fino a qualche anno fa presidente era mio fratello, il quale poi mi ha ceduto il passo, ma non perché io sia più idonea di lui, ma semplicemente perché questa esperienza straordinaria da lui creata con tutte le vicissitudini che ha comportato, sia positive che negative, lo ha portato ad un punto di stanchezza e di stress enormi. Per cui sono subentrata io, rendendomi conto che comunque è una situazione estremamente particolare, perché al di là di quello che si fa tutti i giorni e delle soddisfazioni che nascono dall’aver realizzato qualcosa di straordinario, nell’ordinario si incontrano un mondo di difficoltà. 

Però pensare che in un paese dimenticato da tutti, dove c’erano solo 100 abitanti che a malapena si incontravano l’uno con l’altro, abbiamo avuto più di 20 servizi televisivi Rai e Mediaset, beh, questo mi riempie di gioia. Intanto andiamo avanti con il progetto e vi ringrazio per l’interesse.”

Condividi questa pagina:

lascia un commento

L'Ordinario

Da non perdere