La “città del peccato” è più virtuosa di quel che si pensa. Almeno in termini di sostenibilità ambientale. Avreste infatti mai pensato che…
Ci sono poche città al mondo che fanno rima con vizio come Las Vegas. Tutto a “sin city” (la città del peccato) sembra incoraggiare abbondanza, spreco e consumismo. Ma non lasciatevi ingannare dalle apparenze. Negli ultimi anni il famoso Strip, il viale in cui si raccolgono alberghi e casino più famosi, si è reinventato in chiave sostenibile. Fondata nel 1905 proprio a ridosso dell’unica sorgente d’acqua in mezzo al deserto di roccia del Nevada, Las Vegas ha sempre dovuto ingegnarsi per poter sopravvivere. La sorgente fu
appena sufficiente agli 800 abitanti circa di allora prima di esaurirsi, 15 anni dopo. Oggi la città fatica non poco a garantire acqua ed energia sufficiente per una popolazione di mezzo milione di residenti, senza contare i 40 milioni di turisti che ogni anni visitano lo Strip.
Dai neon ai LEED. Il primo passo per la sostenibilità è cominciato nel 2005 quando lo stato del Nevada passò una legge di incentivi sulla conversione a LEED negli edifici pubblici. Ne approfittarono tutti e da allora Las Vegas è passata dall’essere la capitale dei neon ad una delle più altre concentrazioni mondiali di illuminazioni a LEED certificate.
Risparmio idrico. Il Nevada è uno dei sette Stati che si serve come approvvigionamento idricodal fiume Colorado, già sfruttato per i medesimi scopi da altre sette stati. Rispettare il fiume e le sue acqua è una necessità. La maggior parte degli alberghi di Las Vegas hanno dunque installato degli aeratori nei lavelli e nelle docce di tutti i bagni delle strutture per minimizzare lo spreco di acqua. Per esempio gli sciacquoni richiedono 4 litri acqua al colpo e non i 6 standard.
Ogni hotel è inoltre dotato di una lavatrice gigante per lavare biancheria da letto e da bagno che riesce a risparmiare una media di 100 litri per stanza. Il celebre “Palazzo” ha installato un complesso sistema di microfiltraggio per sfruttare la falda non potabile appena sotto il livello del terreno del Nevada e farne acqua da irrigazione. Il risparmio è stato di 20.000 tonnellate d’acqua.
Energia pulita. Alcuni hotel hanno deciso di recuperare energia sfruttando l’unica vera fonte inesauribile del deserto del Nevada, il sole. Il gruppo MGM per esempio ha installato un vero e proprio campo di pannelli solari (circa 80 mila metri quadrati) sopra il tetto del Mandalay Bay che, ancora oggi, rimane il terzo impianto più grande del Paese. Riciclo e recupero dei rifiuti. Il sistema di casino genera quasi mezzo milione di tonnellate di rifiuti ogni anno che, fino a poco tempo fa, andavano diretti in discarica. Ora la differenziazione di rifiuti prima, per riciclare quanto più possibile dopo, è diventata la regola. I rifiuti sono stati ridotti del 55%. Plastica, carta e alluminio sono ricompattati e rivenduti. I rifiuti organici provenienti dal cibo vanno finire in un vicino allevamento di maiali o compostati. Gli olii usati in cucina vengono convertiti in biocarburanti. Il “Ceasars” ha anche uno programma speciale di recupero di posate e bicchieri di plastica che permette di risparmiale all’hotel circa 800 mila dollari all’anno. Fortemente coinvolti i dipendenti, vera chiave di volta del sistema: già nel 2014 il “New York New York” ha promosso la prima Giornata Americana del Riciclo che ha visto la partecipazione di più di 3 mila lavoratori. Le iniziative di riciclo e recupero si concentrano soprattutto nel mese di Aprile, in concomitanza con l’Earth Planet Day (appunto, il 22 aprile). Tra le iniziative più simpatiche, l’ormai tradizionale “Cocktail challenge”, in cui i barman più famosi del gruppo “Ceasars” si sfidano a colpi di bevande rigorosamente con ingredienti a km 0 e serviti in bicchieri usa e getta biodegradabili. Anche il premio è “sostenibile”: il vincitore può firmare un assegno di 500 dollari per una associazione no profit di sua scelta.
In tutta questa virtù sembra mancare un vero coinvolgimento diretto degli ospiti, di cui non si vuole infrangere l’illusione di trovarsi in una città dove c’è spazio solo per il vizio.