Quando uomo e natura convivono in antica simbiosi, il risultato non è solo un paesaggio, ma un patrimonio culturale da salvare. Ecco come li riconosce l’UNESCO. E dove trovarli.
Quando gli Italiani vanno all’estero, pardon, quando un certo tipo di turista italiano esce dei confini nazionali vive di un pregiudizio molto specifico che a volte ottenebra l’intelletto: l’Italia è il più bel paese del mondo. Per fortuna, in omaggio alla varietà del pianeta, non è così.
Per esempio, non tutti sanno che Minorca, oltre a vantare tra le spiagge più belle del Mediterraneo, è una delle isole europee che presenta la maggiore concentrazione per metro quadro di patrimonio archeologico.
Non solo, l’isola conserva e protegge un tesoro talmente prezioso da aver meritato una definizione a parte nel poliedrico universo del patrimonio ambientale: un “paesaggio culturale”.
Si tratta della Serra de Tramuntana, una catena montuosa a strapiombo sul mare in cui uomo e natura hanno convissuto per secoli, modificandosi di conseguenza fin dal Medioevo. Rocce e terreno sono stati trasformati in un incredibile sistema di terrazzamenti e di reticoli stradali acciottolati combinati ad una rete di dispositivi per la gestione dell’acqua. Il risultato è un panorama unico al mondo, un singolare paesaggio agricolo che le è valso l’iscrizione nell’elenco del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.
Più precisamente l’UNESCO ha definito Serra de Tramuntana un “paesaggio culturale”, ovvero un’opera combinata della natura e dell’uomo. Un concetto antico ma rispolverato dall’agenzia mondiale per riconciliare “…uno dei più pervasivi dualismi del pensiero occidentale – quello di natura e cultura”.
I “paesaggi culturali” hanno origini nella tradizione europea della pittura paesaggistica. Il termine stesso “paesaggio” deriva da “paese” e contiene quindi in sé l’idea di un territorio omogeneo, prodotto finale dell’azione di diversi fattori. Al geografo Otto Schluter si attribuisce di aver usato formalmente per la prima volta “paesaggio culturale” come termine accademico all’inizio del XX secolo. A partire dal primo uso formale del termine da parte di Schulter e dall’effettiva promozione dell’idea da parte di Sauer (influente studioso di geografia culturale ed umana), il concetto di “paesaggio culturale” è stato in vario modo utilizzato, applicato, dibattuto, sviluppato e raffinato all’interno del mondo accademico, fino a quando, nel 1992, il Comitato per il Patrimonio dell’Umanità deliberò di riconoscerne la validità in senso ben più pratico.
Tornando a Maiorca, marchio Unesco ha di fatto riconosciuto una bellezza che viene da lontano, da una simbiosi quasi perfetta tra l’azione degli esseri umani e la natura che si è protratta per secoli, dando vita a un’opera monumentale degli uomini in cui si fondono cultura, tradizioni, estetica, spiritualità e identità. La Serra de Tramuntana è persino la sintesi dello scambio tra la cultura musulmana e quella cristiana, che è rappresentativa dell’area mediterranea, nella combinazione della tecnologia araba di raccolta e gestione delle risorse idriche con il know-how agricolo e il sistema di controllo territoriale introdotto dai conquistatori cristiani, arrivati sull’isola di Maiorca nel XIII secolo.
Una vera e propria “fabbrica nel paesaggio” che grazie all’ingegno umano ha saputo ben coniugarsi con quanto ha fatto di suo la natura.
Altri paesaggi culturali riconosciuti dall’UNESCO nel mondo sono, in Italia, le Cinque Terre e in Portogallo, il monastero-città di Sintra. A questi si uniscono le terrazze di riso delle Cordigliere nelle Filippine e il parco nazionale di Uluru-Kata Tjuta in Nuova Zelanda.