In questi giorni a Venezia un festival ricorda al grande pubblico l’importanza di affrontare le questioni ambientali. Per l’uomo, per la scienza e per l’arte.
Due giorni di incontri internazionali a cavallo tra Venezia e il Principato di Monaco per non dimenticare il pianeta. Giunge alla sua terza edizione il Festival per la Terra/Festival for the Earth, concepito dall’artista Maria Rebecca Ballestra, come un progetto artistico per la trasformazione sociale che mira a stimolare la creatività per accelerare i processi di trasformazione positivi nella scienza, nelle discipline umanistiche, nell’economia, nell’ecologia e nell’arte.
Per due giorni la laguna più famosa del mondo (assieme all’orto botanico di Padova) ospita una vasta gamma di conferenze, workshop, incontri con artisti ed eventi per ricordare che di Terra ce n’è una sola e che ha senso preservarla nel migliore dei modi. Ma tale messaggio – abusato e svuotato della sua valenza emotiva – è stato preso dall’organizzazione del Festival come punto di riferimento per una coscienza “green” e arricchito di nuovi e forse più efficaci stimoli per chi ha cuore il benessere dell’ambiente. Sono nate così nuove domande a cui il festival, da qualche anno, cerca di rispondere: quali opportunità di business hanno le economie di risparmio energetico; dove trovare le risorse economiche per rovesciare le pratiche di sfruttamento intensivo del pianeta e come promuovere soluzioni vincenti sia per l’uomo che per l’ambiente.
Tra i relatori del Festival le eccellenze del mondo accademico e professionale ma anche membri di influenti organizzazioni internazionali. Tra questi Youba Sokona, Vice-presidente del Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) dell’ONU, il climatologo di fama mondiale Nigel Tapper, il Premio Pulitzer Daniel Fagin e il Premio Goldman Rossano Ercolini.
Al centro degli incontro di questa terza edizione ci sono le città di Venezia e Montecarlo (principato di Monaco), due luoghi già legati da forti legami storici, due città simboliche in cui il rapporto tra “acqua” e terra (caratterizzato dalla sua scarsità) ha modellato le menti dei cittadini e della loro storia.
L’unicità del Festival, non a caso originato da un’artista, sta nel proporre anche un ricco programma di eventi focalizzati sul dialogo concreto tra Arte e Scienza. La “madre” del Festival, Maria Rebecca Ballestra è stata impegnata per anni in un lungo viaggio che ha toccato i 12 luoghi più a rischio della Terra dal titolo significativo Journey into Fragility. Più recentemente la stessa Ballestra ha dato il via a Echoes of the Void, un percorso in 13 tappe dedicato all’indagine dei più grandi deserti del mondo.