Jotamata, alla scoperta del piatto più famoso di Trieste

Nella tipica stagione della bora – che non è solo un vento, ma l’anima stessa di Trieste – il Capoluogo giuliano promuove l’edizione “zero” di Jotamata, per riscoprire… la Jota.

Può un vento avere sapore? Per i triestini la risposta è sì e si chiama “Jota”, ovvero il sapore della Bora. Minestra a base di crauti (“capuzi garbi” in dialetto triestino) fagioli, patate e carne di maiale, la Jota deve molto probabilmente il suo nome a jutta, un termine tardo-latino che significa “brodo, brodaglia, beverone” forse di origine celtica. Un significato che ritroviamo anche nell’irlandese it, e nel gergo del Poitou (Francia dell’Ovest) jut. Forse la zuppa triestina più popolare di sempre, in casa, nei ristoranti di tutte le categorie e nei tipici buffet, la jota è però molto di più di un piatto tipico.
Ecco perché il Comune di Trieste ha deciso di promuovere il piatto tipico nei locali della città per le prime 2 settimane di dicembre con degustazioni e veri e propri Jota-tour, tour gratuiti per i visitatori della città, alla scoperta del mondo che partiranno da Piazza Unità e si concluderanno con un assaggino di jota nei caffè storici.

Logo dell’iniziativa Jotamata – il sapore della Bora

Come scrisse Cesare Fonda, grande studioso ed esperto di cose triestine, nel suo celebre libro “Ocio a la jota”, la jota è paragonabile a un prezioso documento storico. Racconta la storia, la politica, l’economia, il clima della città e l’estro dei triestini. Dice Fonda che la jota parla di freddo e di inverno, con tutti i fagioli e tutto il maiale che ha dentro e che urla ad alta voce “Mitteleuropa”, con i suoi “capuzi garbi” introvabili nelle altre zuppe sue cugine. Così, gustare un piatto tipico, il Piatto Tipico triestino per eccellenza (con le maiuscole, certo!) è avere davanti agli occhi e vivere con tutti i sensi un autentico concentrato della città, delle tante anime che la rendono ricca di memorie e di fascino. A proposito di date, i “Capuzi garbi” erano di casa a Trieste già nel Cinquecento e verso la fine del secolo o al più tardi ai primi del Seicento arrivarono da queste parti i fagioli rossi americani. Così possiamo datare a quel periodo la nascita dell’adorata jota!

La ricetta classica della tradizionale ed autentica Minestra Jota è stata perfino codificata solennemente nel 2003, registrata con atto notarile e depositata presso la Camera di Commercio a cura della Delegazione di Trieste dell’Accademia Italiana della Cucina.

E a proposito di clima, era naturale che la jota nascesse a Trieste, nella città della bora. Del resto l’una completa l’altra: bora e jota, freddo e caldo, quasi uno “ying e yang” triestino. Un piatto che, in parte, è un po’ la sintesi concreta del motto cittadino “sempre allegri e mai pasion”, la gioia di vivere che a Trieste si ritrova naturalmente anche a tavola.

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