Intervista a Caline Aoun, l’artista libanese in anteprima europea al MAXXI

Appena insignita del premio “Artist of the Year” ci parla di tecnologie digitali, dinamiche social, sovraccarico di informazioni e percezione della realtà.

Quanto incide l’evoluzione della tecnologia digitale sulla percezione delle informazioni?
È l’interrogativo da cui trae origine l’opera dell’artista libanese Caline Aoun, fresca vincitrice del premio Deutsche Bank’s “Artist of the Year” 2018/19, un riconoscimento assegnato ogni anno a talenti che si sono distinti per creatività, significato e valore del proprio lavoro, sia dal punto di vista artistico che sociale.

Alla sua prima mostra personale in Italia e in Europa, al MAXXI di Roma dal 28 settembre al 18 novembre 2018, Caline Aoun intende stimolare la riflessione sulla società odierna, sul sovraccarico di dati, immagini, notizie, a cui siamo quotidianamente sottoposti. “Crediamo di vedere e sapere di più ma, in realtà, vediamo e capiamo molto meno. Più cose vediamo, più queste tendono a sparire nella nostra percezione. Il mio lavoro è una reazione al mondo sempre più digitale, sommerso da un eccesso di dati.”

Nata nel 1983 a Beirut, Caline Aoun è cresciuta a Londra, dove la famiglia si era rifugiata per sfuggire alla guerra civile libanese e dove ha studiato alla Central Saint Martins e all’Università di East London. Tornata in Libano, si dedica oggi ad una ricerca artistica sui temi dell’evoluzione digitale e tecnologica, in un mondo in costante movimento, attraversato da flussi materiali e immateriali di accumulo e dispersione di cose, persone, dati, immagini. Le sue opere nascono tra l’altro dallo studio attento della circolazione delle informazioni, alla luce delle dinamiche di internet e dei social media e sui meccanismi che alterano la nostra percezione della realtà, suggerendo l’idea della transitorietà, della trasformazione ciclica della realtà.

Tra fisico e digitale, tra astratto e concreto: l’artista si muove tra concetti difficili da raffigurare, puntando a trasformare l’invisibile in immagini, l’immateriale in installazioni artistiche e contestando l’idea che l’informazione sia priva di fisicità e consistenza. A cura di Britta Färber, capo curatrice del dipartimento Art, Culture & Sports di Deutsche Bank, e Anne Palopoli, curatrice del MAXXI, la mostra presenta quattro nuove produzioni, create ad hoc per quest’occasione, tra cui due grandi installazioni ambientali site specific: Contemplating dispersions, 536 ml, in cui l’artista ricopre i muri della sala con fogli di carta di riso intrisi di colore che digrada progressivamente fino a scomparire, in una riflessione sul tema dello “sfinimento” dell’immagine, ma anche sul suo eccesso, e Heavy duration, brief glance, installazione che trasforma il museo in una grotta, un’illusione materiale in cui il visitatore si trova immerso e spinto a interagire con la fisicità dell’ambiente. Questa stessa interazione porterà lo spazio a trasformarsi e a dissiparsi, in quella continua ciclicità che costituisce per l’artista la caratteristica primaria della realtà.

Abbiamo fatto qualche domanda a Caline Aoun mentre si trovata a Roma, impegnata nell’allestimento della mostra. Ed ecco cosa ci ha raccontato.

Che influenza hanno i social sulla nostra vita e sui rapporti tra le persone?

Le tecnologie digitali stanno diventando sempre più il mezzo principale attraverso il quale oggi vediamo, comprendiamo, viviamo o interagiamo con il mondo. La maggior parte di noi principalmente comunica, consuma cultura, crea contatti, fa amicizia tramite Internet: possiamo quasi affermare di essere diventati parte di queste tecnologie. L’idea che non possiamo più vedere il mondo se non attraverso la tecnologia non è molto confortante. Come reazione, cerchiamo spesso di non dare molta importanza a questo aspetto, ma dobbiamo riconoscere e accettare che sta diventando sempre più responsabile di come funziona il mondo. Trovo difficile, tuttavia, non essere sopraffatta creativamente da esso e dall’abbondanza di informazioni che tutti riceviamo continuamente, in ogni istante della nostra vita.

Quali sono i rischi di un mondo sempre più digitale?

Tutti i possibili mezzi di comunicazione digitale, che si tratti di Internet o di una app sullo smartphone, annullano le restrizioni spaziali e temporali ma anche i confini dei nostri corpi. Questo si traduce in un completo disimpegno, in una smaterializzazione in cui la comunicazione attribuisce una grande importanza all’aspetto “virtuale”, coerentemente con la natura del mezzo digitale stesso. Quindi, uno dei rischi è la perdita del contatto fisico con il mondo reale.
Inoltre, la relazione tra sistema tecnologico e sistema sociale è caratterizzata principalmente da un problema di consumo, con la necessità da parte del consumatore di adattare e riadattare costantemente i propri atteggiamenti e comportamenti ad un ambiente in continua evoluzione. Poiché il mondo digitale si evolve continuamente e si reinventa, a una velocità molto più elevata rispetto alla cultura, un altro grave rischio è l’incapacità di tenere il passo con questa evoluzione: diventa quindi sempre più difficile prendersi il tempo necessario, o anche solo ritagliarsi un momento, per evolvere e crescere dal punto di vista culturale.

Cosa vuoi indagare, comprendere e comunicare con la tua arte?

Quando penso al mio lavoro, mi piace pensare di creare un luogo di riposo all’interno di questo momento storico di incredibile “rumore visivo”.
Mi pongo questa domanda: cosa succederà quando questo rumore diventerà totale? Cerco di rispondere con una serie di esperimenti ponderati, ad esempio reinventando radicalmente un materiale, in modo da riportare lo spettatore di nuovo nella situazione attuale, per trasportarlo in una posizione in cui sia possibile vedere l’eccesso riportato all’equilibrio, il rumore trasformato in un tono rilassante e l’informazione che ci sommerge ricomposta in una situazione contemplativa, fisica e tattile.

Da dove nasce la tua ricerca artistica?

L’evoluzione tecnica della produzione e della diffusione delle immagini è l’aspetto centrale e fondamentale per la mia ricerca. Il mio punto di partenza intellettuale è l’affermazione del filosofo francese Bernard Stiegler (1994) secondo cui “l’uomo non è altro che un essere vivente tecnico” e che il divenire dell’essere umano e della tecnica sono la stessa cosa.
Il mio interesse di ricerca è duplice: si focalizza, da un lato, sull’evoluzione dalle tecnologie analogiche a quelle digitali, in relazione alla nostra percezione delle immagini e al modo in cui acquisiamo conoscenza e informazioni da esse, e, in secondo luogo, sul ruolo che le tecniche legate all’immagine giocano nella produzione delle ideologie. Partendo da qui, mi sono concentrata sulle condizioni materiali come agenti attivi nell’ambito della pratica artistica, in un’epoca in cui la specificità del mezzo potrebbe venire meno a causa dell’avvento del digitale.

Quali sono i temi più importanti e significativi che intendi affrontare?

Il mio interesse è rivolto non tanto al mezzo di produzione digitale, quanto al discorso che crea, all’aspetto teorico, alle idee e alla visione del modo in cui facciamo esperienza, in cui viviamo la nostra vita. Insisto sulle modalità di produzione, ricezione e distribuzione come elementi essenziali per il significato del mio lavoro, incentrato prevalentemente sul digitale, con l’obiettivo di indagare e approfondire le strutture di materializzazione piuttosto che la rappresentazione che creano.

E il pubblico? Come reagisce alle tue opere? Riesce a capire e ad accettare il loro messaggio?

Cerco sempre di far sperimentare al visitatore un ritorno al proprio corpo, alla percezione del pavimento sotto i piedi, dello spazio fisico in cui si trova. Questo risultato è ottenuto attraverso una serie di strategie, ad esempio rivestendo le pareti con grandi superfici, con stampe molto “fisiche” da osservare, attraverso tracce lasciate dagli stessi visitatori… Parlando con alcune persone che hanno visto i miei lavori, è emerso che sono attratti dalla superficie delle cose che vedono, dall’approccio minimalista e dai processi apparentemente ripetitivi. Spero che una volta graffiata questa superficie, si riveli e prenda spazio un processo di pensiero più ampio ed inizi lentamente a mostrarsi un processo meccanico e fisico molto rigoroso e intenso.

Come immagini il futuro?

Non penso che potrei riuscire ad immaginare il futuro… penso che sarà davvero troppo diverso da quanto stiamo sperimentando ora. Il futuro, oggi più che mai, è qualcosa di inimmaginabile.

Condividi questa pagina:

lascia un commento