Quattro giorni dedicati all’arte come strumento di cambiamento, di inclusione e coesione sociale, accessibile a tutti. Con un focus sulla LIS – la lingua dei segni. Un invito ad accogliere le diversità e le unicità che ognuno di noi può portare agli altri, ad aprire la mente e lo sguardo. E divertirsi.
È questo il messaggio del Festival del Silenzio, a Milano fino al 5 maggio, con il suo programma internazionale di performing arts – danza, teatro, arti visive, cinema – dedicato e in supporto alla LIS-lingua dei segni, con la presentazione del lavoro di artisti di origini e culture differenti, tra cui anche nativi segnanti (cioè la cui lingua madre è la lingua dei segni). Obiettivo dell’iniziativa, che nel 2018, alla sua prima edizione, ha coinvolto più di 2.000 spettatori in tre giorni, è promuovere un accesso equo e reale alla cultura, affinché ogni spettacolo e forma d’arte siano accessibili a tutti.
Promosso da Fattoria Vittadini – collettivo milanese che propone una pratica artistica ‘democratica’ e che trova nella collettività e nel lavoro condiviso una propria modalità di esprimersi, un percorso di crescita artistica coerente e di senso – il Festival ha sviluppato in questa seconda edizione una forte connessione con IETM, il network mondiale di operatori culturali che vedono nell’arte (danza, teatro, cinema, fotografia) un importante strumento di cambiamento, di inclusione e coesione sociale.
Rita Mazza, che ne cura la direzione artistica, spiega: “Quest’anno vogliamo lanciare in modo ancora più forte un segnale all’industria culturale: bisogna lavorare affinché ogni spettacolo e ogni forma d’arte siano accessibili a tutti. Le diverse proposte sono concepite, oppure se necessario modificate ad hoc, affinché possano essere fruite e apprezzate da ogni tipo di pubblico, di qualsiasi cultura e provenienza, senza necessariamente dover conoscere l’una o l’altra lingua, verbale o segnata.”
Ampio spazio, all’interno del programma del Festival, è riservato alle performance live con artisti internazionali, ma anche a workshop, lezioni, cinema, mostre, kindergarden bilingue (italiano/LIS), attività per bambini a cura di Lisabilità e molte altre esperienze.
Per orientarsi nella ricchezza di proposte, il cartellone è diviso in aree tematiche. “Bodies”, ad esempio, è dedicato a chi ama la danza e raccoglie quattro differenti poetiche e diversi approcci al corpo, al movimento e alla coreografia: la performer Ariella Vidach – AiEP reinventa il rapporto con la voce, i suoni, le immagini, mentre l’inglese Mele Broomes reimmagina “Concrete Island”, il romanzo cult di JG Ballard, il coreografo di origini vietnamite Dam Van Huynh mette in scena un inno alla vita e alla bellezza e Chiara Bersani dà corpo e respiro ad un “Gentle unicorn”. Infine Fattoria Vittadini porta alla Fabbrica del Vapore “iLove”, performance di e con Cesare Benedetti e Riccardo Olivier che, dopo aver girato in Italia e all’estero per oltre sei anni, si arricchisce con l’innesto della LIS. Uno sguardo sul contemporaneo viene offerto dai progetti realizzati in collaborazione con ZONA K, centro culturale milanese dedicato all’incontro tra culture e discipline artistiche – “Peregrinus” di KTO Theatre e “My Place” di Qui e ora Residenza Teatrale e Silvia Gribaudi -, e da Fragile Artists, collettivo interdisciplinare di performer, fotografe e una drammaturga, che indaga sulla relazione tra danza e fotografia.
Due progetti internazionali sono accomunati dalla riflessione sulla comunicazione oggi: “Hallo!” di Aidyn Teker, sul tema del non sentire e del non essere sentiti, e “Where are you now?” di Kay Schuttel, performance site-specific che indaga la “meccanizzazione” delle persone al tempo del digitale e dei social.
Non mancano le “Esperienze”, proposte che coinvolgono il pubblico in prima persona: le “tracce silenziose” di Laboratorio Silenzio, “Minor Place” di Giorgia Ohanesian Nardin e “MIM – The Medium is the message”, coreografia tattile di Jacques-André Dupont. Tecnologia Filosofica propone un’esperienza sul silenzio con “Boule de Neige”, mentre in “Dante in Visual Art” il giovane artista segnante Filippo Calcagno della compagnia Emit Flesti esplora le potenzialità espressive e artistiche della lingua dei segni, accompagnato dalla voce dell’attrice Maria Vittoria Barrella. Attrici sorde e udenti sono protagoniste di “Nel segno del Minotauro” di Carlo Maria Vella, sperimentazione sui diversi linguaggi non verbali. Alla poesia in LIS, allo storytelling, al visual vernacular ed altre forme espressive tipiche della cultura sorda segnante, sono dedicati gli interventi di Valentina Bani, Lucia Daniele, Nikita Lymar e Fabio Zamparo.
Completano il programma lezioni di introduzione alle Lingue dei Segni e alla loro cultura, tenute da Rita Mazza, una selezione video a cura di Cinedeaf, unico festival internazionale di cinema sordo ideato in Italia, e numerose attività collaterali, come le visite guidate al Comitero Monumentale, condotte in LIS da Martina Marchi, a cura di Umane AlterAzioni, l’esperienza olfattiva a cura di Lucrezia Olivier, i workshop condotti dalla star del teatro visivo Ramesh Meyyappan, dal coreografo Dam Van Huynh e dalla fotografa cieca Sara Colzi.
Obiettivo del Festival, oltre al desiderio di far conoscere la cultura della LIS e di consentire l’accesso all’arte a tutti, è il sostegno al riconoscimento della lingua dei segni italiana come lingua vera e propria. Attualmente in Europa solo l’Italia non ha ancora riconosciuto la propria lingua dei segni attraverso una legge nazionale, nonostante la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal governo italiano nel 2009, tuteli l’identità linguistico-culturale delle persone sorde indicando agli Stati di riconoscere queste lingue promuovendone l’acquisizione e l’uso.