War Childhood Museum

A Sarajevo un museo che racconta i grandi eventi della nostra era attraverso la quotidianità dei bambini. Piccole storie dell’infanzia a fianco di semplici oggetti ci illustrano come può essere la vita di un bambino in zone di guerra.

Come ogni mattina Almedina Lozić abbraccia con lo sguardo le sale ospitate al numero 32 di Logavina, nel centro storico di Sarajevo. Come ogni giorno, pazientemente, cataloga gli oggetti presenti e verifica che siano disposti correttamente. Oggetti ordinari eppure così curiosamente potenti: un monopoli usato, delle scarpette da ballo, un libro.
Nel 2016 Almedina viveva già a Sarajevo e collaborava con una ONG per un progetto di volontariato. Aveva un sogno nel cassetto, uno di quei desideri che si sentono nascere dentro e verso cui non si ha difesa: quello di rimanere a vivere in questa città. E come spesso accade a certi desideri, l’Universo ha segretamente cospirato perché si realizzasse. Il momento è arrivato quando un giorno, su internet, le balza all’occhio un articolo interessante su una mostra ospitata in un museo. Un museo dedicato all’infanzia e alla guerra. Decide quindi di scrivere all’amministrazione proponendosi come volontaria. Da quel momento nasce una collaborazione professionale e un’esperienza umana di alto livello che continuano tuttora.

Il War Childhood Museum è l’ultimo, in ordine di tempo, tra quelli sorti a Sarajevo ma certamente è tra i più intensi da visitare. Ideatore del progetto è Jasminko Halilović che nel 2010 ha iniziato a raccogliere oggetti personali e storie che potessero descrivere l’infanzia durante la guerra. Dall’iniziale idea è nato un libro che è stato presentato ufficialmente nel 2013. In pochi mesi più di mille persone hanno donato oggetti o condiviso esperienze.

Il museo è organizzato in due sezioni: la prima è dedicata agli oggetti, la seconda a lettere, libri, diari o storie condivise e vissute durante la guerra. L’obiettivo è quello di dare spazio alle voci delle persone la cui infanzia è stata profondamente segnata da conflitti. Un tema che si rivela purtroppo sempre molto attuale. “Piccole” storie raccontate dal punto di vista dei bambini sono il mezzo scelto per far passare un messaggio senza tempo: l’importanza della pace e, soprattutto, dell’educazione alla pace, fin dalla più tenera età. Ma quello che il museo vuole promuovere è la condivisione tra i partecipanti, non solamente la visualizzazione asettica di un’esposizione.E sicuramente si vuole dar spazio anche al punto di vista dei più indifesi che subiscono solamente le scelte altrui, senza poter essere artefici del proprio futuro. Protagonisti indiscussi rimangono sempre le persone, vissute attraverso gli oggetti esposti, che a loro volta narrano l’atroce verità nascosta dietro singole, significative storie quotidiane. L’ambizione resta quella di far crescere il museo come un progetto di antropologia collettiva in cui tutti, dai visitatori ai “visitati” possano condividere le loro esperienze e aggiungere informazioni o oggetti alla collezione permanente.

Parte integrante del museo sono i progetti internazionali. Collaborazioni attive con Libano, Serbia, USA e Ucraina trasformano il museo, oltre che in una sede espositiva, in un luogo di incontro internazionale per creare il più grande archivio mondiale di oggetti ed esperienze relative all’infanzia durante i conflitti. Impariamo così che in Libano, nei campi dove vivono i profughi della guerra siriana, si sta costruendo una mostra per illustrare l’infanzia e la “normalità” che si vive in situazioni di estremo disagio. Associazioni umanitarie locali come Basmeh & Zeitooneh, SadalSuud Foundation, From Syria with Love and Sawa Foundation sono stati fondamentali per la raccolta dei materiali.
Il museo è visitato ogni anno da un pubblico internazionale, complice una ritrovata vocazione turistica da parte di Sarajevo. Ma sono i visitatori locali la parte viva del progetto: le visite scolastiche permettono di educare i bambini alla pace, far vedere come i loro coetanei vivevano (e vivono) in altre parti del mondo e come è possibile cambiare le cose perché l’uomo non ripeta più gli stessi errori.

Link ufficiale del museo: http://www.warchildhood.org

Condividi questa pagina:

lascia un commento