La Lunigiana, quella stretta striscia di terra tra l’Appennino, il fiume Magra e il Mar Ligure, è comunemente conosciuta come Terra della Luna e dei cento castelli, un territorio che ha conservato intatta nei secoli la sua identità storica e culturale. Trae il suo nome dall’antica città di Luni (Luna era il toponimo preesistente all’epoca romana), fondata dai Romani nel 177 a.C. alla foce del fiume Magra e corrisponde in larga misura al territorio municipale romano ovvero a quello della diocesi cristiana di Luni mentre l’area geografica coincide con il bacino del fiume Magra, per metà Toscana e metà Liguria. Sull’origine del nome Lunigiana sono state fatte diverse ipotesi dagli studiosi: tra quelle più accreditate la forma a falce di luna dell’allora porto fluviale di Luni, che si ritrova nei documenti scritti a partire dalla prima metà del secolo XIII come «in provincia Lunisanae».
Non potevamo assolutamente farci sfuggire un tour in questa terra, alla ricerca dell’autentica atmosfera medievale dei numerosi Borghi che la popolano e, approfittando di una soleggiata giornata dal sapore primaverile, siamo partiti: destinazione Castelnuovo Magra. Un paese in parte adagiato nell’ultimo tratto della piana alluvionale del Fiume Magra, con un antico centro storico che si erge, invece, a 188 m.s.l.m, dominando il paesaggio dall’alto della collina, propaggine di Monte Bastione. Qui siamo arrivati una domenica pomeriggio, alla ricerca delle tracce del sommo poeta Dante Alighieri che, il 6 ottobre del 1306, in qualità di Procuratore del marchese Franceschino Malaspina, firmò l’atto di pace con il Vescovo Antonio da Camilla.

Lasciamo la statale Aurelia e, seguendo le indicazioni, iniziamo a salire lungo i dolci tornanti. Alla nostra destra si aprono maestosi scorci della Piana di Marinella e del mare, che da Bocca di Magra arriva fino a Carrara. Dentro al Borgo non si può accedere con la macchina ma troviamo un comodo parcheggio nell’anello che avvolge il Centro Storico. Lasciata la vettura comincia la nostra passeggiata. Entriamo nella parte più antica del paese, proprio nel cuore del cosiddetto Borghetto, qui sorge l’Oratorio dei Bianchi o della Vergine Assunta che deve il suo nome al colore delle cappe indossate dai confratelli. Si tratta di un edificio ad un’aula unica risalente alla fine del XVI secolo che conserva al suo interno scanni in noce appartenenti al coro settecentesco. Appartengono a questo Oratorio i Cartelami, delle sagome metalliche a grandezza naturale utilizzate per l’allestimento del Santo Sepolcro.

Proseguendo lungo lo stretto «carrobbio», tipico di tutti i Borghi che si affacciano sulla Vallata del Magra, raggiungiamo Palazzo Amati. Fu costruito agli inizi dell’Ottocento ristrutturando parte di un edificio preesistente, dal marchese Amati per la moglie, duchessa Caetani di Sermoneta. Al suo interno sono ancora presenti affreschi realizzati nel XIX sec. dal pittore Bontemps per la raffinata Sala di Rappresentanza e una graziosa cappella privata. Le cantine, il cui nucleo originario risale circa al XVI sec, presentano un’interessante architettura voltata. Di notevole interesse le “tine”, vasche del XVIII sec. ricavate da blocchi di marmo di Carrara e usate per la conservazione dell’olio d’oliva. Sul retro del Palazzo è presente un bellissimo giardino, da qui lo sguardo abbraccia uno scorcio di mare, ora ligure, ora toscano, la suggestiva valle dei mulini nella frazione di Marciano sulle sponde della Bettigna, la frazione collinare di Vallecchia e i borghi limitrofi di Ortonovo e Nicola. Ci raccontano che veniva utilizzato dall’amministrazione comunale per numerosi eventi e come sede dell’Enoteca Regionale della Liguria, ma purtroppo è stato dichiarato inagibile e chiuso dal 2013. Tutti in paese ne attendono con trepidazione il recupero e la definitiva riapertura.
Mentre percorriamo le strette viuzze ci rendiamo conto che quella che si respira a Castelnuovo Magra è un’autentica atmosfera medievale: abbiamo appena attraversato il nucleo più antico del paese, denominato il Borghetto, qui un tempo doveva esserci un edificio difensivo attorno al quale, in cerchi concentrici, si distribuiva il borgo, costruito tra il XII e il XIII secolo.
Su un’antica cappella castrense viene edificata nel XVII secolo la Parrocchiale di Santa Maria Maddalena: entriamo in silenzio, la chiesa è a tre navate, delimitate da dodici colonne in marmo bianco di Carrara provenienti, come vorrebbe la tradizione, dalle rovine della Cattedrale dell’antica Luni. Scopriamo che al suo interno si cela un autentico capolavoro: la Crocifissione del fiammingo Peter Brueghel il Giovane, posta nella prima cappella di sinistra. Dipinto realizzato su cinque tavole di rovere, è una delle copie di una famosa crocifissione del celebre Peter Brueghel il Vecchio, andata dispersa. La scena si svolge in un’ambientazione nordica, calata in un momento di vita quotidiana del ‘600 che le fa da cornice ed è essa stessa protagonista. Immediatamente colpisce l’anomala presenza di una quarta croce, che simboleggia forse lo stato di sottomissione del popolo fiammingo alla dominazione spagnola.
Lasciamo il Borghetto, ora il fulcro è via Dante, completamente lastricata in arenaria, il nome è un omaggio al grande poeta, che qui assistette alla stesura della “Pace di Dante”, il 6 ottobre 1306. Si trattava di un accordo di pace che poneva fine a cento anni di guerra tra i marchesi Malaspina e il vescovo-conte di Luni: clausole, promesse e obblighi furono stabiliti da Dante in persona.

Al termine della strada ci ritroviamo nella spianata del Monte Bastione che conserva l’antica Torre del Palazzo Vescovile nella settecentesca piazza Querciola, i resti del muro perimetrale del castello e un’altra torre circolare più bassa. La Torre è tutto quello che resta del castello, risalente alla seconda metà del Duecento e costruito per volontà di Enrico da Fucecchio, vescovo di Luni che esercitò il suo dominio all’epoca sulla zona.
Questo è il luogo noto per essere stato teatro della “Pace di Dante”.
Una targa apposta su uno dei muri della Torre ricorda l’evento, che viene peraltro rievocato ogni anno, in estate. La torre, definita anche “Turris Magna”, ovvero “Torre grande”, era la principale del castello. Quest’ultimo cadde in degrado dopo la fine delle guerre: esauritesi le sue funzioni difensive, con il passare dei secoli gli abitanti iniziarono a demolirlo onde ricavare pietre per costruire le abitazioni e le chiese del borgo. Questa “abitudine”, per noi impensabile, ma che anticamente era del tutto normale, andò avanti fino all’Ottocento e ridusse il castello a nient’altro che un rudere.
Oggi, completamente ristrutturata, la Torre ospita mostre ed eventi.
Se questa prima tappa vi è piaciuta, vi aspettiamo alla prossima!
4 Comments
Bellissimo articolo, con qualche imprecisione ma comunque molto valido
Grazie Franco, quando si parla di luoghi e di storia spesso sfugge qualcosa. Continua a seguirci e se hai interessanti notizie da sottoporci non esitare a contattare la nostra pagina. Saluti Lo Staff
Molto bello!
Complimenti
Grazieeee