Si può racchiudere in un’ opera d’arte la valorizzazione di un territorio, la tutela dell’ambiente e l’abilità di alcuni detenuti alla ricerca di una nuova inclusione sociale che passi attraverso una forma di riscatto e il potere catartico della bellezza? A La Spezia, il progetto ‘Il Rifiuto non esiste’, ideato dalla Consulta Provinciale Femminile della Spezia, diretta dall’ex magistrato Maria Cristina Failla e dall’associazione di promozione sociale “Colibrì” con la collaborazione della Casa Circondariale di Spezia e con il patrocinio dal Ministero della Giustizia, è riuscito in questo piccolo grande miracolo.

L’opera – un mosaico di sugheri, lattine, stoffe, bottoni, carta e cartoni riciclate dalle dimensioni di 4 metri per 2 – rappresenta il golfo della Spezia, con la costa di Portovenere e delle Cinque terre, con le navi e le barche a vela protagoniste, come omaggio alla vocazione turistica e commerciale del Porto, e con le evoluzioni di alcuni delfini, per mettere in rilievo non solo la bellezza dei luoghi, ma anche il rispetto per l’ambiente e l’attenzione per le sue esigenze.
Gli 8 detenuti che hanno volontariamente intrapreso l’attività di laboratorio sono stati guidati nella realizzazione dell’opera dal maestro spezzino Cosimo Cimino che, con la sua arte nobilita il concetto di scarto e con i suoi insegnamenti intorno alla materia ha portato il gruppo di ristretti verso quell’ideale di risarcimento sociale che appare positivo sia per la comunità che per il loro difficile percorso personale. Alla base di tutto il lavoro c’è stata “la profonda convinzione che in ogni persona abiti una scintilla di luce, una potenzialità di evoluzione che necessita di essere nutrita, o, in alcuni casi, risvegliata, per produrre il suo miglior frutto, anche nelle situazioni più proibitive. L’obiettivo, intrecciando l’attenzione per la realtà carceraria a quella per l’ambiente è quella di incoraggiare le abilità artistiche dei detenuti favorendone l’integrazione, tramite il mondo dell’arte, per creare interessi di vita e lavorativi alternativi”, come spiegano gli ideatori e chi ha collaborato al progetto.
“In un sapiente gioco di incastri e sovrapposizione i materiali di scarto divengono tessere di un mosaico polimaterico, dove listarelle di lattine sono ora i flutti increspati, petali artificiali mobili nubi, minuscoli ritagli di foto del muro stesso del carcere, tessuto di potente pietra, la cortina muraria che protegge la chiesa di san Pietro, in fragile posizione. A questi materiali, che altrimenti sarebbero andati perduti, viene data nuova e migliore vita, fino a comporre un panorama evocato e desiderato, più che vissuto – commenta l’opera Andrea Marmori, esperto d’arte e Direttore del Museo Lia di Spezia – Il risultato è una grande e corale opera che narra questi luoghi, visti con sguardo inedito e vibrante di vita, dove l’affollato golfo solcato da navi e imbarcazioni convive in equilibrio con le precipitose colline e con l’inconsistenza del cielo vaporoso che pare prendere sostanza dal mare, fino a comporre una veduta reale eppure trascesa”.
L’opera, inaugurata il 4 luglio in Piazza Brin a La Spezia, rimarrà esposta per tutti i mesi estivi.
“A quelli che giungono dal mare appare nel lido il porto di Venere e qui/nei colli che ammanta l’ulivo è fama che anche Minerva scordasse per tanta dolcezza Atene/ sua patria”.
Francesco Petrarca, 1388