Domenica 5 gennaio è tornata la tradizionale festa della Befana di Baccano in provincia della Spezia, che quest’anno ha raggiunto la 44esima edizione. Una festa che affonda le sue radici nell’opera corale di un comitato organizzativo che riunisce in un unico evento molte delle associazioni del territorio: Avis, Aido, Arci Baccano, Protezione civile Lunezia, Mutuo Soccorso e pubblica assistenza Croce Verde.

Un evento che dura un’intera giornata, cominciando fin dalle prime ore del pomeriggio, quando le Befane, provenienti dai piccoli borghi intorno al paese arcolano, iniziano il loro percorso casa per casa, seguite dal gruppi di persone che suonano trombe e campanacci. Indossano gonnelloni scuri e ampi, grembiuli con le tasche, scialli, fazzoletti o cappellacci in testa, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate. Il volto è scuro segnato dalla cenere che sono costrette a respirare calandosi dai camini e un naso rigorosamente adunco.
In ogni abitazione dove vengono segnalati bambini e anziani ultraottantenni, portano calze e caramelle, sotto il peso di un sacco stracolmo (sul cui fondo non manca mai anche una buona dose di cenere e carbone), ricevendo in cambio altri regali che verranno poi dati in beneficienza. Quando arriva il buio tutte insieme si ritrovano nella piazza del piccolo paese di Baccano dove è stato allestito un grande fuoco. C’è chi arriva a piedi, chi trasportata da piccoli motocarri e il vociare gioioso dei bambini annuncia il loro arrivo. Il numero pubblico presente le accoglie in un simbolico abbraccio, qualcuno ha un poco paura e si stringe al collo dei genitori ma piano piano i timori si sciolgono e grandi e piccini danzano in cerchio intorno al falò, in una sorta di un rito propiziatorio per bruciare gli affanni e le negatività dell’anno passato.

Un trampoliere misterioso, completamente vestito di nero e con il volto nascosto da una maschera, si aggira tra la folla, da lì a poco si trasformerà in un giocoliere con il fuoco. La notte è illuminata dalla luce delle fiaccole e dalle fiamme del falò che scintillano verso il cielo. I bambini hanno scritto biglietti inneggianti alla pace, vengono attaccati a tanti palloncini bianchi e lanciati in alto, chissà dove arriveranno quei pensieri innocenti e nel contempo tanto profondi.
Si beve cioccolata calda, vin brule’ e si balla tutta la notte. Al termine della festa la vecchina si cala lungo una corda ed esplode con i fuochi d’artificio. La vecchia che brucia rappresenta l’anno appena trascorso, dalle cui ceneri rinascerà quello nuovo.
Una tradizione che arriva da molto lontano, alcune teorie rimandano addirittura ai Celti, che nello stesso momento dell’anno bruciavano un fantoccio per ingraziarsi le divinità. Anche i Romani, tra la fine dell’anno solare e la dodicesima notte dopo il solstizio d’inverso, usavano questo rito per celebrare la morte e la rinascita della natura. In queste dodici notte, si credeva che figure femminili volassero sopra i campi coltivati in modo da favorire la fertilità e l’abbondanza.