Madame Rebiné: intervista all’artista circense Alessio Pollutri

Alessio Pollutri con la compagnia di circo contemporaneo Madame Rebiné, sarà tra i protagonisti di Strabilio… sotto l’albero, che va in scena in provincia di Brescia per la direzione di Davide Vedovelli.

Per conoscere meglio la nascita del progetto Madame Rebiné e l’importante lavoro artistico della compagnia, abbiamo voluto intervistare proprio Alessio Pollutri che ci ha condotto per mano dentro la sua realtà fatta di imamginazione, iroia e una particolare attenzione al linguaggio del corpo.

Qual è il primo gesto o immagine che ti ha fatto capire che il circo contemporaneo sarebbe stato la tua strada?

Ricordo con grande chiarezza il giorno in cui, dopo molti tentativi, riuscii a far girare tre palline tra le mani. Ero in Molise: non c’erano scuole, né tutorial online, né altre persone che praticassero la giocoleria. Avevo visto quel gesto una sola volta, durante un viaggio estivo, e cercavo di riprodurlo da solo, in una grande stanza. Quando la terza pallina smise di cadere mi sentii euforico e fu subito chiaro che stavo imparando qualcosa di importante. Ebbi la chiara sensazione di spalancare la porta di un mondo in cui avrei vissuto a lungo.

Quando pensi a Madame Rebiné, qual è la poetica che senti più tua e come la porti in scena?

Madame Rebiné è in continua trasformazione: appena sembra di averla capita, nuovi stimoli rimettono tutto in discussione. Se guardo al lavoro fatto in questi quindici anni con Andrea e Max, ciò che ci definisce è il desiderio di sperimentare e la leggerezza con cui utilizziamo la scena per riflettere sull’essere umano e sulla natura spesso tragicomica della sua esistenza.

Qual è la cosa più difficile quando si vuole far ridere e pensare allo stesso tempo?

Conservare la spontaneità e riuscire a creare un mix armonioso fra le due esigenze. Poi sia chiaro… in LA RISCOSSA DEL CLOWN non c’è molto da pensare, non abbiate paura!

Cosa ti mette più in difficoltà sul palco, e cosa invece ti dà energia immediata?

Mi mette in difficoltà tutto ciò che richiede una partitura perfetta. Sapere di non poter sbagliare nulla — che sia un brano musicale dall’inizio alla fine, un numero di giocoleria senza margine d’errore o un pezzo di tip tap — mi crea una tensione fastidiosa che non mi fa godere a pieno la scena.

L’energia, invece, mi arriva dall’avere sempre chiaro il motivo per cui salgo sul palco. Credo sia più importante della tecnica o del messaggio: sapere perché si occupa uno spazio scenico, che sia per divertirsi, celebrare, lasciarsi andare, osare, sentirsi migliori o semplicemente liberi. Qualunque sia il motivo.

Domenica 14 dicembre, alle ore 20.30 Madame Rebiné porterà in scena per Strabilio Festival ‘La riscossa del Clown’, al Teatro Corallo di Villanuova sul Clisi. Da dove nasce l’idea del “vecchio Clown” che dopo novant’anni di sfortune decide di prendersi la sua rivincita?

In realtà questo spettacolo nasce quasi come un ripiego per il vecchio clown. L’idea iniziale era quella di creare un personaggio anziano per uno spettacolo ambientato in un ospedale, in cui alla fine l’anziano moriva. Doveva essere il nostro primo spettacolo e, per molti, resta ancora oggi il migliore. Ma commettemmo diversi errori e non avevamo i mezzi né i contatti per sostenere un progetto così ambizioso: faticò molto a circuitare. Per ragioni economiche decidemmo quindi di creare uno spettacolo più leggero, in cui lo stesso personaggio potesse esprimersi in un’altra forma e, in qualche modo, prendersi una rivincita morale sulla strada che gli era stata chiusa. Nacque la primissima versione di “La riscossa del clown” e da allora questo spettacolo continua ad essere rappresentato ogni anno… al vecchio clown, alla fine, è andata meglio così.

Quanto è stato importante il lavoro corporeo per rendere credibile un clown così anziano?

Moltissimo. Con la maschera è fondamentale costruire un corpo organico: se il corpo non sostiene il volto, il personaggio perde subito credibilità. L’idea di lavorare su un personaggio anziano è nata durante uno stage alla Scuola Sperimentale dell’Attore di Pordenone, dove ho capito che la maschera è solo la punta dell’iceberg. Il resto è tutto lavoro sul corpo. Va anche detto che le nostre sono maschere particolari e l’approccio è ancora diverso, ma il discorso si allargherebbe molto… e rischierei di annoiare.

Cosa c’è di straordinario nel tuo Ordinario?

Mah… credo che ci sia ben poco di ordinario in tutto ciò che ci circonda e la fortuna che ho è di vivere una vita che mi permetta di tenerlo sempre a mente.

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