Kaoutar Badrane, la prima avvocata marocchina in Italia ci spiega l’integrazione, quella vera

A Bassano del Grappa, dove vive e lavora, c’è finita per un simpatico errore (del padre). In quello che ha fatto dopo è però difficile ravvisare traccia di errori.

Lei è Kaoutar Badrane, avvocatessa italo-marocchina, in Italia dal 1981.
Pignola? Casomai puntigliosa, come si addice a chi niente e nessuno ha regalato qualcosa, a cominciare dalla sudatissima cittadinanza italiana. Segni particolari? Simpatica, anche perché una marocchina che parla con una spiccata inflessione veneta strappa sempre un sorriso; dalla parte delle donne, senza fanatismi ma anche “senza se e senza ma”; legatissima al suo Paese d’origine, di cui appoggia gli sforzi in direzione di una visione moderna dell’Islam; e capace di andare controcorrente rispetto al mainstream, come dimostrano le sue posizioni sull’immigrazione, tema che conosce bene e che declina in maniera non banale. Questa è la sua storia, che anche i lettori de “L’Ordinario” adesso potranno conoscere. Stra-ordinaria e, per come te la racconta lei, e parafrasando una canzone di Venditti di alcuni anni fa, “normalissima”.

Il nostro primo incontro risale a un anno fa, la invitai a un convegno a Firenze, dedicato al Marocco, in quanto Nazione “eccezionale”, anche nel senso etimologico del termine, nel panorama islamico. Perché? Perché c’è una democrazia parlamentare, pur all’interno dell’istituzione monarchica; perché è consentita la pratica di altre religioni; perché è incoraggiata la libera iniziativa imprenditoriale, anche quella creata da capitali stranieri; per le tante riforme sociali promosse da Re Mohamed VI, fra cui la riforma del codice di famiglia. Kaoutar stupì l’uditorio elencando queste riforme, la cui validità ed efficacia difende ancora oggi.

“Mohamed VI è un Re illuminato, che ha fatto riforme quasi copernicane, e questo consente di lottare contro la mentalità fortemente maschilista e patriarcale che troviamo in tanti contestici spiega KaoutarUn cammino che inizia nel 2009, si perfeziona nel 2012 e ancora pochi mesi fa conosce un ulteriore sviluppo con l’approvazione della legge contro la violenza sulle donne. Questo grazie anche alle campagne delle associazioni femminili, che hanno fatto delle carovane in tutto il Paese soprattutto per sensibilizzare le donne del Sud. Tanti sono stati i principali aspetti della riforma del codice della famiglia Intanto non c’è più la regola dell’obbedienza, e la donna non ha più bisogno della figura del tutore per contrarre matrimonio, diventando libera di sposare chi vuole e quando vuole; l’età si è innalzata a 18 anni per entrambi i coniugi, mentre prima era di 15; il divorzio è consensuale mentre prima era un atto unilaterale, e anche la donna può ripudiare e dunque divorziare anche senza il consenso dell’altra parte. E poi la poligamia adesso ha dei limiti sostanziali e procedurali; esiste ancora ma c’è il controllo del giudice che verifica la parità di condizioni fra la prima e la seconda moglie, cioè che a tutte sia assicurato il medesimo tenore di vita. Infine la prima moglie ha la possibilità di autorizzare il marito ad avere una seconda o una terza moglie”.

Kaoutar si occupa di questi temi dal 2011, da quando cioè ha fondato l’Associazione “Dialogo giuridico interculturale” che ha l’obiettivo di creare un dialogo per favorire la reciproca conoscenza delle culture giuridiche dei due Paesi. “Ma già nella tesi di laurea del 2006 avevo approfondito il codice di famiglia marocchinoprecisadal 2006 al 2011 ho fatto un lavoro di traduzione di oltre 400 articoli della riforma e nel 2012 ho pubblicato una breve guida giuridica sul codice di famiglia marocchino, edita da libreria universitaria, su come è cambiato, toccando anche profili religiosi. Dal 2011 ho iniziato a fare anche diverse conferenze, sia in Italia che all’estero, per sensibilizzare e diffondere la conoscenza reciproca dei due Paesi e ho partecipato come membro del Forum degli Avvocati di origine marocchina in seno al Ministero dei Marocchini all’Estero e del Forum delle competenze marocchine femminili. Tutte queste cose le ho fatte per sensibilizzare sui diritti delle donne, sui cambiamenti intervenuti in Marocco, anche perché, in base a una legge di diritto internazionale, il codice di famiglia marocchino si applica anche in Italia”.

La sua prima lingua appresa al di fuori del suo Paese d’origine è il dialetto pugliese, con cui probabilmente commenta il primo permesso di soggiorno, arrivato nel 1989. Lei è la più grande di cinque fratelli (all’epoca tre); proprio dopo la nascita del terzogenito, il primo maschio, il padre – che aveva guadagnato bene lavorando in una nave da crociera di una compagnia libica ma che poi, dopo il fallimento dell’azienda, era tornato al suo primo lavoro di insegnante – capisce che non può mantenere la famiglia e decide di trasferirsi in Italia, andando a fare il muratore. La piccola Kaoutar, lungi dal sentirsi sradicata, con l’incoscienza dei suoi sei anni non vede l’ora di conoscere una nuova cultura, sognando a occhi aperti i giochi che imparerà e gli amici che conoscerà. Non sarà tutto semplice, ma la sua famiglia, abituata a vivere in un quartiere popolare di Casablanca nonostante le origini benestanti della madre berbera, non ne risente troppo. Ad accoglierli è la Diocesi locale.
Poi entra in scena il caso, beffardo e forse penitenziale. E se una mela illuminò Newton, la prospettiva di raccoglierne in abbondanza e di vivere e guadagnare bene stordisce papà Badrane, a cui alcuni amici indicano come meta della sua nuova attività “Bolzano”. “Lui prende il trenosorride Kaoutarma siccome non parlava bene l’italiano invece di “Bolzano” ha detto “Bassano” e siamo arrivati qua, dove viviamo ora”. Era il 1989″.

A Casablanca è tornata l’anno scorso, come protagonista della trasmissione “Radici”, il programma di Rai Tre dedicato alle storie d’integrazione dei migranti condotta da Davide De Michelis. Da copione doveva tornare proprio nel quartiere in cui era nata e cresciuta. Dire che si è emozionata è poco. “Si tratta di un quartiere popolareracconta anche a noifra l’altro costruito per la gran parte da mio nonno, un gran lavoratore. Suoi il primo forno e la prima fontana. Lavorava il latte nella fattoria e, dopo che è deceduto, lasciando undici figli, ha dato loro diverse proprietà. In alcuni momenti mi sono addirittura commossa. Soprattutto quando mi hanno fatto rivivere i momenti della mia infanzia, quando giocavo con gli altri bambini, e vedevo che in realtà tutto era rimasto come prima, non era cambiato niente in quel quartiere. Nonostante che il Marocco in generale sia tutto un cantiere, con intere città in ricostruzione, vedere che in quel quartiere è rimasto tutto uguale, come il mercato che viene svolto tre mattine a settimana, le donne che ancora lavano i panni fuori per strada, il cibo, i giochi dei bambini, mi ha commosso tantissimo. Fra quei bambini ripresi dalla tv c’è una bambina che è mia cugina che è una bambina down. Il tempo sembra essersi fermato”.

Torniamo a Bassano. Kaoutar riparte dalla terza elementare. Conosce solo il dialetto pugliese e non capisce quando le parlano l’italiano (I bambini mi chiamavano terrona, io dicevo: “No, sono marocchina”, e loro “Peggio!”), ma si integra subito, grazie anche al fondamentale ruolo delle maestre.
“Io ho sempre trovato persone che mi hanno aiutato, c’è sempre stata curiosità e grandissima solidarietà, tipica degli anni Ottanta. Anche qua in Veneto io ho trovato la stessa accoglienza che ad Andria. Noi eravamo in un centro d’accoglienza e siamo stati dai preti scalabriniani per i primi tre anni, poi altri tre in una casa prefabbricata, insomma fino al ‘96 in un centro d’accoglienza, per sei anni, e la maestra veniva anche a casa ad aiutarmi a superare le difficoltà grammaticali e linguistiche. Ricordo il mio primo giorno di scuola. Un giornalista era venuto per me e realizza un articolo, con foto, che conservo ancora oggi, col titolo “A scuola con gli occhi a mandorla”. C’era curiosità, l’immigrazione era vista come un qualcosa di positivo, anche dai media. Ma anche le mamme dei miei compagni di scuola volevano conoscere la mia situazione. Al centro d’accoglienza portavano tanti giochi, e per le feste qualcuno sempre veniva a prenderci, a portarci fuori; tutto concorreva a non farci sentire esclusi. Ma anche noi eravamo riconoscenti, non ci scordavamo mai di, essere riconoscenti”.

Kaoutar, che in passato ha espresso pubblicamente dubbi sullo Ius Soli, prosegue sulla situazione di oggi, nel segno di un’ammirabile onestà intellettuale. “Oggi, troviamo alcuni immigrati che sembrano solo pretendere e parlano solo di diritti, come se tutto fosse dovuto. Invece bisogna ringraziare anche per i piccoli gesti e le piccole cose”.
I Badrane allora erano i primi marocchini, oggi a Bassano sono 600. Ma il primato a cui la nostra protagonista tiene di più è quello di prima toga italiana proveniente dal Marocco.
“La mia passione per il diritto comincia quando facevo lunghe code in Questura per ottenere il rinnovo del permesso di soggiornoci racconta partivano alle 4/5 del mattino, il funzionario arrivava verso le 7.30, iniziavano prendendo i primi dieci, e tutti gli altri se ne dovevano andare via. Poi magari il giorno dopo dovevamo ripeterlo ecc. E io mi chiedevo: Ma sono queste le leggi italiane?, e in Questura mi rispondevano che se non mi andavano bene potevo tornarmene al mio Paese. E allora ricordo che la mia professoressa, quando mi erano scaduti i documenti, leggeva con me la Turco-Napolitano, successiva alla Legge Martelli. Quindi sono rimasta affascinata dal diritto, che poi era la voglia di conoscere veramente quelli che erano i miei diritti. E poi le difficoltà e le discriminazioni che io stessa ho vissuto sulla pelle. Un esempio quando frequentavo l’università. Dopo diciotto anni mi hanno rinnovato il permesso di soggiorno da motivo familiare a motivo di studio, e durava tre mesi. Spesso accadeva che scadesse in prossimità di esami tosti come giurisprudenza (penale, amministrativo ecc.). Esami importantissimi, che venivano segnati su un foglio di carta perché potevano registrarli in segreteria finché non ero regolare col permesso di soggiorno. Altro esempio, mi hanno rifiutato la cittadinanza italiana, che avevo chiesto nel 2001, e mi è stata rifiutata dicendo che non avevo abbastanza reddito perché solo mio padre lavorava in famiglia; ma ho fatto ricorso al Tar e ho vinto dopo sei anni. E dal 2006 con orgoglio sono italiana a tutti gli effetti, anzi con doppio orgoglio perché l’ho ottenuta con grandi sacrifici. Oggi sono sposata e ho tre figli. Sempre nel 2006 mi sono laureata e quando mi sono iscritta all’Ordine degli Avvocati ho saputo di essere la prima marocchina”.

Sì, la bambina dagli occhi a mandorla di strada ne ha fatta.

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