Ciao cari amici dell’Ordinario, quella che vi raccontiamo oggi è una storia di quelle che ci piacciono tanto.
Per rimanere in tema con il nostro stile, potremo dire una “Storia della porta accanto”, anche se proprio accanto a noi non è.
Vi porteremo a Romagnat, nel bel mezzo della Francia, un piccolo comune vicino a Clermont-Ferrand, occupato fin dalla preistoria, un territorio i cui abitanti conservano ancora oggi l’indomito coraggio dell’antica civiltà gallica: rivoluzionari, ribelli e totalmente fuori dagli schemi.
Oggi Romagnat può essere considerata a suo modo la capitale dell’emancipazione femminile, un paese di poco meno di 8000 abitanti che ha fatto del rugby femminile una missione. Qui si è realizzata una magia, è stata offerta alle ragazze la possibilità di seguire un sogno: essere donne ed essere agguerrite giocatrici di rugby, avendo gli stessi strumenti e le stesse possibilità dei loro compagni uomini. E questo connubio ha funzionato talmente bene, che le ragazze canarine dell’ ASM Romagnat Rugby Feminin, la squadra femminile di rugby, hanno dapprima battuto con il cuore e un pizzico di sfrontatezza il Tolosa, e poi sono volate alla finale del campionato Elite1, la maggior serie in Francia, contro un ultra quotato Bordeaux.
Quello che ci piace di più in questa storia è che nella squadra del Romagnat, giocano due splendide ragazze italiane: Francesca Sgorbini e Gaia Maris, entrambe inserite anche nella nostra Nazionale femminile di rugby.
Non siamo intenditori di questo sport e lasciamo ai commentatori sportivi i giudizi sulle partite, sui ruoli e sugli schemi di gioco, riserviamo per noi una bella chiacchierata con le due giocatrici (a breve sull’Ordinario in esclusiva) e il racconto di chi la partita la segue da spettatore, da genitore o da fratello o sorella.
In particolare ringraziamo Pierluigi Sgorbini (il papà di Francesca) che pur vivendo in Italia, insieme alla sua famiglia e agli amici, segue tutte le partite della squadra e ha condiviso con noi le emozioni, i mal di pancia e i sudori freddi del dietro le quinte di questa finale strepitosa, che nulla hanno a che vedere con il risultato finale del match ma che sinceramente speriamo vi divertano come hanno divertito noi.
Allora se siete pronti, noi cominciamo.
La sveglia è alle 6.00, la partenza è fissata per le 6.30 in macchina direzione Bourgoin: sette ore tirate con qualche breve sosta, sempre lo stesso numero di soste, sempre le stesse aree di servizio, compriamo sempre le solite cose e mia moglie si è portata i soliti jeans che sono quasi 20 anni che si porta dietro quando ci sono le partite “importanti”.
Mio figlio si è presentato alla partenza con il cuscino in mano – ho dormito poco – dice…dormirà quasi tutto il viaggio.
L’arrivo all’hotel è alle quindici, caldo afoso al limite del tropicale .
«Volete mangiare dopo la partita? Siamo un ristorante gourmet famoso, qui è sempre pieno, è per questo che glielo chiedo», chiedono alla famiglia all’arrivo.
Macchè mangiare e mangiare ora abbiamo lo stomaco chiuso e dopo ci sarà il fine partita, non facciamo in tempo. Niente mangiare, forse mangiamo là. Decideremo dopo.
Indossiamo tutti le maglie gialle. Poi un piccolo ripensamento sul cibo: «Senta piuttosto porti due giri di bianco e qualche crostino, che prima di andare al campo approfittiamo» chiediamo allo staff dell’Hotel.
Quando finalmente raggiungiamo il campo ci aspetta la solita festa francese: la banda che suona, birra a fiumi con le ragazze degli altri campionati che si giocano le finali in attesa del grande evento.
Qualcuno grida: «Arrivano le ragazze!».
Cerchiamo di farci spazio. Mentre mi avvicino al corridoio umano, scorgo due con la telecamera che mi indicano col dito: «Sgorbini? » «Sì, sì, sono io», rispondo.
Sono i due operatori di France 4 che, incuriositi dalla situazione, mi intervistarono nella finale del 2020 mentre facevo avanti e indietro nel “posto dei dannati”. Nell’intervallo mi chiamarono per una intervista tragicomica….Loro parlavano francese ed io italiano, non so cosa ne uscì ma 4 anni dopo si ricordano ancora di me e della mia sofferenza.
Il “posto dei dannati” non è per tutti, è un posto riservato a pochissime e selezionatissime persone. Quelle che non riescono a stare sedute composte a vedere la partita. Ecco io sono una di queste.Ci sono due possibilità di sistemazione a seconda della conformazione dello stadio: o nel corridoio sopra i posti della tribuna coperta, oppure a bordo campo nella balaustra.
Due posti dove la partita praticamente non si vede, ma si soffre terribilmente immersi in un angoscia personale fatta di imprecazioni, sofferenza e visi sfigurati. Il tuo vicino diventa tuo amico ma con rispetto, condivi gioie e dolori della partita, ma non travalichi mai la confidenza perché nel “posto dei dannati” la sofferenza, la gioia, il dolore non vanno condivisi.
E’ un momento tuo, intimo e lo sarà per tutta la vita.
Entro già palesemente alticcio, il “posto dei dannati” a Bourgoin (dove si è giocata la finale), è in basso a bordo campo sulla balaustra. Prendo posizione, sono tesissimo. Nella mia porzione di territorio è un avanti e indietro continuo, passiamo dal 10-15 al 17-15 e la gioia in quel momento è incontenibile. Mi giro nelle tante imprecazioni e vicino a me noto uno pelato, ben messo, con una scritta blu sulla fronte, mi rendo conto che è fatta con il pennarello. La scritta recita testuale: OPHELIE. Meraviglioso, penso.
La fronte imperlata di sudore mina la scritta ma pur non conoscendolo, so essere il padre di Ophelie, compagna di squadra di Francesca, anche lui come me è lì, nel posto dei dannati.
Si soffre. Da lì in poi condividiamo tutto: gioia, dolore, entusiasmo, pessimismo e proteste, vivaci proteste per un giallo non dato su un avanti palese “Le carton, le carton!” (il nostro cartellino arbitro)
E’ circa il 60mo e su quel calcio sbagliato ,che ci avrebbe portato sul 20 a 15, e sul quel giallo mancato, si spegne la nostra speranza, il nostro sorriso. Da lì in poi è solo angoscia.
Arriva la fine.
Arriva il pianto delle giocatrici, l’amarezza nelle bocche chiuse, il dolore per una sconfitta che ti segna il viso e ti fa venire il groppo alla gola.
Insomma è una tragedia.
I saluti, le foto in campo, le promesse di trovarci nella solita situazione il prossimo anno e guardiamo gli orologi…ventuno e quindici….se ci sbrighiamo al ristorante dell’hotel ci danno ancora da mangiare!
Chiama!…non rispondono…chiama…niente da fare.
Corriamo! Arriviamo…21 e 30 ….
«Scusi è ancora aperta la cucina? »
«No, mi spiace la cucina è chiusa»
Abbiamo la birra in circolo e pensare di non mangiare niente non è concepibile.
Una cameriera di passaggio ci guarda e ci chiede: «Ci sono rimasti carciofi e formaggio di capra come secondo e riso dolce come dessert. Vi vanno bene?»
Ottimo vanno benissimo! E’ evidente che è ciò che è rimasto della serata, ma mangerei anche una foglia di geranio.
La salvezza.
Ci sediamo soddisfatti, ordiniamo acqua (che è cara come il fuoco) e arrivano questi carciofi gourmet…che risultano essere 1 carciofo (uno di numero) , tagliato a metà con un po’ di caprino sopra e due fettine di prosciutto crudo croccante….
Non male per carità, ma sono quelle cose che, nella normalità, se ti portano la teglia, ne prendi quattro o cinque come contorno, non come pietanza.
Per saziarci io e Luca abbiamo dovuto mangiarci insieme due panini. Siamo stati fortunati che almeno ci hanno dato qualcosa da mangiare.
Uno dice così finchè non va a chiedere il conto e scopre che quel mezzo carciofo con del Cademartori sopra ci è costato ottantun euro.
Con 81 euro in meno in tasca andiamo a dormire.
Alle 7 la sveglia, alle 15 siamo di nuovo a casa.
Stanchi, senza voce, con 81 euro (OTTANTUNO) in meno e con una finale persa.
Ma lo rifarei domani….e lo rifarò ….e lo rifaremo.
Questa storia ci ha fatto sorridere e un poco commosso, nessun giornale racconterà mai cosa succede nella fossa dei dannati ma d’altra parte neppure le riviste di settore italiano hanno dedicato un mezzo articolo per la finale di uno dei campionati più quotati a livello mondiale (Inghilterra Francia Nuova Zelanda), né tantomeno hanno raccontato della fatica di Gaia e Francesca, le due italiane che hanno rincorso un sogno.
La pagina instagram degli italiani e italiane che giocano a rugby all’estero non le ha neanche citate, né nella finale né tantomeno nella semifinale.
Noi dell’Ordinario non siamo esperti di sport ma a breve un bel pezzo a Gaia e Francesca lo dedicheremo di sicuro. Intanto grazie a papà Pierluigi.