Covid: Gabriele Magni, ex medaglia olimpica, devolve il 3% del suo stipendio statale alle categorie più colpite

Gabriele Magni
La vita è fatta di momenti, di sensazioni, di sfumature. E di dimensioni diverse, in ognuna delle quali fondamentale si rivela la capacità di sferrare il colpo giusto, o di pronunciare la parola giusta (le mot just, come direbbero i francesi), o di fare la cosa giusta.
In meno di cinquanta anni Gabriele Magni, pistoiese doc, ha saputo più volte stare – e ci viene in soccorso il buon Ligabue – fra palco e realtà.
Siamo nel 2000, il mondo ci sembra unificato dall’irenismo e dalla pace perpetua, avendo scansato il Millennium Bug, e a Sydney si svolge una delle più belle e riuscite edizioni dei Giochi Olimpici. Quella di Cathy Freeman, l’eroina di casa, ultima tedofora alla cerimonia di apertura, oro nei 400 ostacoli, portabandiera del popolo aborigeno. L’Italia conquista allori in diverse discipline, a cominciare dalla scherma, la nostra fucina di medaglie. Una la vince Gabriele, per esattezza il bronzo a squadre nel fioretto maschile. L’alloro più importante in una carriera ricca di soddisfazioni, svolta sotto le insegne del Gruppo Sportivo Fiamme Oro della Polizia di Stato, terminata la quale Gabriele rimane in Polizia, ma da agente, trovando così un’occupazione stabile, da dipendente pubblico.
Gabriele Magni durante la sua carriera sportiva
Siamo nel 2013 e Salvatore Sanzo, toscano come lui ma di Pisa, emblema del fioretto italiano e suo compagno nel bronzeo team di Sydney, diventa Presidente del Coni toscano e in ogni provincia deve scegliere un proprio fiduciario. Su Pistoia la scelta per Magni è obbligata. Siamo nel 2107 e nella Città dell’Orso ci sono le elezioni comunali, storicamente una formalità per gli eredi del Partito Comunista. Ma stavolta si va al ballottaggio, e il sindaco uscente del Pd Bertinelli viene battuto da un giovane esponente di Fratelli d’Italia, Alessandro Tomasi, provocando uno dei ribaltoni più clamorosi della Toscana.
Gabriele, persona da sempre mai schierata e mai impegnata in politica, e prima delle elezioni già corteggiato da una lista di sinistra, accetta di diventare Assessore allo Sport per la Giunta di centrodestra. Da tecnico, senza tessere di partito, gli anglosassoni direbbero da civil servant.
Magni si impegna molto data la situazione dello sport cittadino assai complessa, ma anche si diverte come un bambino nel regno di Bengodi, può dare una mano alla sua città nel settore che conosce meglio, organizza, pianifica, ripara e fa sbloccare, in tre anni, cantieri per 4 milioni di euro. Ma nei comuni non sempre sono rose e fiori, e una serie di problematiche relative al lavoro ordinario dell’ufficio gestione e promozione sportiva portano il sindaco a dover dare una scossa all’apparato e circa un mesetto fa toglie le deleghe a Magni, pur riconoscendone il lavoro epocale riguardo la messa a norma degli impianti sportivi.
Siamo nel 2020, a ieri, alle prove tecniche di un secondo lockdown a causa dell’emergenza Covid-19. Iniziano a montare le proteste contro i provvedimenti governativi, accettati invece con disciplina a primavera, e l’Italia si trova impaurita, incollerita, impoverita e divisa. Sul modo migliore di risolvere la pandemia, su come bisognava e bisognerebbe fare nella gestione delle terapie intensive, sull’entità e la tempistica degli aiuti economici, sulla qualità del Governo. Ma la divisione più feroce è quella che si consuma fra i dipendenti pubblici e i “non garantiti”, le Partite Iva, i piccoli commercianti e imprenditori. Anni di sfottò da curva reciproci, “tu sei un nullafacente garantito” vs. “tu sei un evasore fiscale”, si trasformano in veleno e ostacolano il difficile compito di provare a evitare che la gente sia costretta a scegliere se morire di Covid o di fame.
Gabriele Magni, che è un dipendente pubblico con uno stipendio garantito, anche se non certo dorato, capisce che siamo su un crinale pericoloso e, di getto, decide di scrivere una lettera aperta a Mattarella e Conte. Non entra nel merito delle decisioni politiche, ma si dichiara pronto a “essere una goccia che riesce a riempire il mare (magari insieme a tantissime altre gocce)” e, per tutta la durata delle restrizioni dettate dall’ultimo DPCM, si impegna a “devolvere il 3% del mio stipendio” a uno dei soggetti maggiormente in difficoltà, “ristoratori, allenatori sportivi, operatori dello spettacolo, negozianti”.
Magni non la definisce “beneficenza” ma “giusta ripartizione” e, in attesa di indicazioni di una via ufficiale per rendere strutturale tale passaggio di denaro, comincia a individuare persone di sua conoscenza bisognose, per usare un eufemismo, di entrate aggiuntive.
Nel giro di pochi giorni la nostra medaglia olimpica è travolta dai consensi, dai complimenti, dalle promesse di altri dipendenti o di persone comunque prive di problemi economici di aiutare dei propri fratelli in difficoltà.
Promesse ad oggi mantenute, perché le buste portate a Gabriele daranno conforto, per un po’ di tempo, a un ristoratore di Pistoia e più questi gesti si moltiplicheranno più si potrà dare conforto a un numero sempre maggiore di persone.
Il protagonista di questa storia ci tiene a sottolineare di non volersi, con questo gesto, ergere su un piedistallo e fare la morale a chi non interviene o a chi interviene in maniera diversa o verso altri tipi di persone. Lui, semplicemente, si è sentito di agire in questo modo, perché la frattura sociale, come tutti, la vede in maniera nitida.
E, per dirla con Madre Teresa di Calcutta, “Sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano. Ma se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe”.
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