Riprendiamo il nostro viaggio sulle orme di Dante in Lunigiana, seguendo le tracce lasciate da Corrado L’Antico capostipite dei Malaspina dello Spino Secco. Al suo erede Manfredi fu assegnato il feudo di Giovagallo, (attuale Tresana in provincia di Massa Carrara), di cui oggi restano solo i ruderi di una Torre e le antiche mura immerse tra i boschi sulla cima di un colle: qui vissero Moroello II (Il Vapor di Val di Magra della Divina Commedia e il più grande ospite di Dante in Lunigiana) e la moglie Alagia Fieschi.

Oggi abbiamo scelto di andare alla ricerca di quel luogo magico prima che il degrado e l’abbandono lo rendano per sempre inaccessibile.
Uscita autostrada ad Aulla (Ms) e da qui con la macchina in direzione Villafranca Lunigiana seguendo le indicazioni che ci porteranno alla frazione di Giovagallo, Comune di Tresana.
Non conosciamo il luogo e dunque siamo convinti che i ruderi del Castello di trovino nel paese, quando arriviamo, dopo una serie infinita di curve e controcurve, parcheggiamo accanto ad una chiesa in abbandono, in realtà siamo ancora molto lontani e non trovando alcuna indicazione chiediamo ad un signore gentile che sta coltivando il suo orto.
Scopriamo così che Giovagallo è una frazione che comprende altri agglomerati di case: Pietrasalta, Agneda, Vigonzola, Tavella e lo stesso Giovagallo, il Castello di Moroello II si trova a Tavella, dobbiamo andare ancora avanti lungo una strada ombrosa costeggiata da pini, qui la temperatura si abbassa repentinamente.
C’è la possibilità di parcheggiare in una piazzetta al servizio delle poche case affacciate sulla strada, da lì a un centinaio di metri, un sentiero si inerpica sulla collina, le indicazioni sono chiare: è la strada giusta verso il Castello di Moroello II Malaspina di Giovagallo.
La salita non è faticosa ma l’erba è molto alta, senza dubbio da tempo non viene tagliata, ovunque ci sono cartelli che indicano la proprietà privata, scopriremo più tardi che il castello si trova su terreni di proprietà di una famiglia del luogo.
Superato questo primo tratto il sentiero diventa più largo, costeggiando il torrente Penolo che scorre tumultuoso verso valle, il bosco di castagni è molto rigoglioso, i nostri passi sono scanditi dal canto di uccelli e versi di animali, salendo si può immaginare la bella vista che doveva godersi sulla vallata, ormai oscurata dagli alberi divenuti troppo alti; chissà quanti carri e armigeri percorrevano il sentiero diretti al castello…

Giungiamo a una nuova segnalazione, un selciato originale sale ripido lungo il pendio della collina, i ruderi si stanno avvicinando: le felci sono molto alte, ci arrivano quasi alle spalle, il suono dell’acqua non si sente più, tutto intorno c’è una strana atmosfera. Questi luoghi emanano sempre un’aura particolare, chissà se anche Dante Alighieri aveva la stessa sensazione mentre saliva verso le sale ospite di Moroello e Alagia.
La strada è sempre più impervia, molti tronchi sono caduti, dobbiamo addirittura sdraiarci o metterci carponi per cercare di proseguire, intorno a noi cominciano ad affiorare muri a secco di contenimento, mura perimetrali con feritoie e poi eccola lì, quello che resta della Torre affiora come un fantasma tra le fronde degli alberi, proprio sopra di noi.
Provate a chiudere gli occhi insieme a noi per un momento e immaginate un castello importante, un nodo strategico per la sua collocazione su un colle orientale del Monte Corneviglia, circondato da due gole profonde e raggiungibile solo attraverso il lato nord. Una posizione fondamentale, utile alla difesa ma sicuramente poco adatta per viverci; una leggenda vuole che durante il periodo di pace il Castello venisse abbandonato. Disponeva di acqua potabile che da una cisterna arrivava all’interno e di un oratorio che ospitava Alagia in preghiera; sia lei che il marito furono ospiti generosi con l’esule Dante, che ricambiò citandoli entrambi nella Divina Commedia.

Moroello nel XIV Canto dell’Inferno, dove è definito «Vapor di Val di Magra» e la sua figura viene esaltata per il valore nella battaglia di Campo Piceno; Alagia invece è protagonista del Purgatorio, dove Dante la distingue dal resto della sua famiglia definendola buona di indole, l’elogio alla donna esalta la sua generosità, tale che non avrà bisogno di nessuno per assurgere un giorno alle beate genti.
Quello che oggi appare agli occhi del visitatore occasionale è un castello che grida vendetta per lo stato di abbandono in cui si trova, siamo quasi certi che a breve non sarà più possibile raggiungere i ruderi e in ogni caso gli stessi verranno sommersi dai rovi nel giro di pochi mesi.
Confidiamo che quello che abbiamo letto nel sito istituzionale del Comune di Tresana possa presto diventare realtà:
Il percorso di valorizzazione si è concretizzato nell’inserimento del castello fra i “luoghi del cuore“ del Fai, dove è possibile sceglierlo per sostenerne il percorso di riqualificazione. D’accordo con la famiglia Antoniotti, che ne detiene la proprietà, il Comune di Tresana sta lavorando al progetto di recupero. “Questo percorso serve a recuperare la nostra identità — afferma il sindaco Matteo Mastrini — perché il nostro territorio è ricco di storia e di cultura, ma c’è tanta strada da fare per restituire questi luoghi all’antico splendore. Non si tratta solo di un’occasione di conservazione e valorizzazione dei beni culturali, ma anche di una grande possibilità per il rilancio turistico di Tresana e della Lunigiana” (Tratto dal sito del Comune di Tresana)