Il valore dell’INUTILE. Riflessioni sorte da un backup del cellulare.

foto editoriale

Ieri sera mi è capitata una cosa strana.

Mi sono decisa, per cause di forza maggiore, a cambiare il mio cellulare, che ormai ha compiuto cinque anni. Cambiare il cellulare è una cosa che non amo, per due motivi principali. Il primo è il costo elevato di queste “scatoline” (appellativo simpatico che usava mia nonna quando voleva riferirsi a loro, dalla lontana terra della sua età) e il secondo è che cambiare cellulare è diventato un po’ come traslocare.

Sì, perché qui dentro ormai ci teniamo di tutto: fotografie, pensieri, note, messaggi, password… Sono diventati dei veri e propri scrigni preziosi.

Non parliamo poi delle applicazioni che ci permettono di vedere il nostro conto in banca, autorizzare pagamenti, vedere la nostra busta paga, controllare le bollette!

Sono convinta che se vi chiedessi dove custodite i vostri più cari ricordi molti di voi indicherebbero la propria scatolina.

Ed è così, i cellulari sono diventati il nostro “cuore” e la nostra “memoria”.

Le nostre passioni_Ph. Jean Pierre Aquilino

A loro ci affidiamo per ricordare, a loro ci affidiamo per comunicare anche le nostre più intime confidenze. Le scatoline non si possono più chiamare semplicemente telefoni, perché il telefono era quel dispositivo con cui si lavorava, si parlava con l’innamorato lontano, ci si confidava con l’amica, ma poi finiva lì.

Oggi il telefono è diventato smart, che significa intelligente, perché conta i nostri passi per dirci se siamo troppo sedentari, ci ricorda di bere, ci fa incontrare nuovi amici sulle chat, ci fa condividere le nostre foto, ci fa parlare con persone che si trovano in un altro continente, ci consente di fare pagamenti, scansioni dei documenti e una miriade di altre cose.

Ora capite bene, tornando a me, che quando si tratta di cambiare cellulare ci si sente un po’ spersi. Dove metto tutte le cose che avevo lì dentro?

Mi metto a guardare e scopro che sono tantissime.

Foto  di fiori, foto di amici, gift divertenti, le vacanze, le poesie, i miei appunti…

Meno male che essendo abbastanza organizzata avevo predisposto una scheda di memoria in cui salvare tutto, suddiviso in tante cartelle per argomento: la mia famiglia, gli amici, il lavoro, il mio cane, il giardino, mio nipote e così via…

Ma non basta.

Mi accorgo che c’è tutta una serie di immagini whatsapp che non rientrano in nessuna categoria sopra; tante piccole, frammentarie immagini che però non vorrei perdere.

E allora mi viene un’idea: creo una cartella e la chiamo “L’Inutile”.

Inutile perché tutte queste piccole cose non identificano un particolare evento, né un particolare ambito, né un preciso intento, insomma non hanno alcunché di pratico.

Quindi il mio dito comincia a muoversi sul display, smanioso di aver trovato la cartellina di destinazione a così tante immagini della galleria, che sarebbero altrimenti rimaste orfane di una casa. Piano piano che il lavoro avanza e passo al vaglio le immagini, decidendo tu vai qui e tu vai là, realizzo sia la quantità che la qualità di immagini che saranno classificate nel “L’Inutile” e questo mi fa riflettere.

Ne “L’Inutile” trovo la fotografia di una bellissima chiesa gotica che una mia cara amica ha voluto mandarmi durante un suo viaggio. Trovo una prefazione di un libro “la matematica è politica” che mi ha mandato mia sorella. Trovo una frase di Totò sulla felicità, una preghiera a Gesù, che non ricordo più chi mi ha mandato, ma che è bellissima. Trovo una poesia, l’immagine di un giardino, un bell’articolo di botanica, una frase di Einstein ed una di Philippe Daverio. Alcuni piccoli video di commemorazione di festivitità, laiche e religiose, che mi sono particolarmente piaciuti.

E mi chiedo: Davvero tutto questo posso definirlo “Inutile”?

Io credo di aver agito in questa classificazione in accordo alla mentalità odierna, che ordina e che per ordinare divide e per dividere ha bisogno di temi. Oggi tendiamo molto a settorializzare, perché siamo diventati esperti conoscitori e quindi molto specializzati, ma perdiamo al contempo la visione d’insieme che diventa apparentemente inutile, diventa improvvisamente quel “tutto il resto”.

Peccato che è proprio quell’Inutile, nel mio caso, a rappresentare meglio la mia parte creativa, artistica e non razionale, a descrivere meglio chi sono, per dirla con una parola, l’Anima. E capisco che tutto ciò che penso non serva, che non abbia alcun fine pratico immediato, in realtà è ciò che mi nutre e mi ispira.

E capisco il grande malinteso di questi tempi che credono di realizzare la felicità dell’essere umano riempendolo di oggetti, mentre invece avrebbe bisogno solo di essere messo in condizione di poter ritrovare se stesso, praticando l’Inutilità dell’Arte, della Poesia, della Pittura e per dirla con una parola sola, della Bellezza.

 

Miriam Petri

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